Ciclotour 2021

Ciclotour 2021

Dopo una pausa forzata nel 2020 per motivi familiari posso riprendere nel 2021 la tradizione del mio giro in bici con destinazione Val di Fiemme.
Non avendo più problemi di lavoro (sono in prepensionamento) sono riuscito ad allenarmi di più (anche se non con la bici che userò durante il viaggio) e soprattutto posso programmare con calma i giorni di viaggio e soprattutto i giorni di riposo tra le prime due tappe e le ultime due. Avevo pensato di aggiungere almeno una tappa ma alla fine la scelta fatta di confermare le quattro tappe si rivelerà giusta.
24 giugno – Prima tappa: Gradisca-Dobbiaco, 150 km
Non avendo problemi con la sveglia, per godere un po’ più del fresco della mattina ed evitare gli eventuali temporali pomeridiani scelgo di partire alle 5.30: la temperatura è godibile e la luce già sufficiente anche se per prudenza preferisco accendere i fanali. Dirigendomi verso Spilimbergo incontro per strada anche un amico che fa l’agricoltore che saluto sapendo che lui si alza all’alba per altri motivi.
Ho già affrontato un paio di volte questo percorso e quindi conosco bene le salite, anche se quest’anno ho scelto di evitare il Ponte sul Tagliamento tra Spilimbergo e Dignano e di prendere la strada per Pinzano e raggiungere la località di Cornino nei pressi dell’omonimo lago attraversando il Ponte dell’Armistizio a Casiacco per una strada ondulata ma non impegnativa che conosco molto bene. Per evitare un breve strappo nei pressi di Colle di Pinzano devio per la località di Pontaiba dove ha sede un magazzino di bibite gestito da due fratelli sperando di trovare l’amico Valentino, ma è troppo presto (non sono nemmeno le sette) e quindi proseguo senza fermarmi.
Da Cornino parte una bella strada panoramica lungo il Tagliamento verso la fine della quale si trova il monumento al ciclista Ottavio Bottecchia, primo italiano, negli anni ’30, a vincere il Tour de France e che ebbe un misterioso incidente che gli costò la vita proprio nei pressi del luogo dove scatto la prima foto della giornata. Ho percorso 29 km in un’ora e 50 minuti e sono in perfetta tabella di marcia. Superata Peonis raggiungo Avasinis e poi Alesso raggiungendo il Lago di Cavazzo che comincio a costeggiare attraverso una strada che presenta come unica difficoltà uno strappo a circa metà lago: mi devo fermare per una impellente necessità fisiologica ma la cosa mi mette nonostante tutto di buon umore anche perché mi rendo conto di non avere scelto un luogo proprio appartato…
Raggiungo così Somplago da dove parte la prima salita impegnativa della giornata, con un cartello che segna il 10% di pendenza già all’inizio. Le pendenze calano dopo un paio di curve e la salita prosegue per circa due km: la strada a questo punto comincia a presentare una serie di brevi salite e lunghe discese che mi permettono di arrivare abbastanza velocemente ad attraversare il Ponte sul Tagliamento nei pressi di Tolmezzo: a questo punto ho percorso circa 50 km in circa tre ore e 15 minuti.
Quando mi immetto sulla strada che porta a Villa Santina devo purtroppo constatare che il traffico è piuttosto insopportabile e per fortuna la strada larga mi permette di stare ben al di qua della linea bianca di delimitazione. Spero che qualcosa cambi al bivio di Villa Santina dove prenderò la strada per Ovaro, Rigolato e Sappada ma purtroppo devo ricredermi e non posso fare a meno di notare i tanti autoarticolati che passano, evidentemente diretti a Forni Avoltri alla sede della Goccia di Carnia, ditta di imbottigliamento di acque minerali. Dopo circa 68 km percorsi in quattro ore e mezza e un paio di impegnativi strappi in salita raggiungo Ovaro ed il bivio per il Monte Zoncolan e proseguo in direzione Comeglians cominciando a guardarmi intorno alla ricerca di una fonte di acqua fresca. Dopo Comeglians comincia la salita verso Rigolato durante la quale passo davanti alla fermata del bus di Valpicetto presso la quale mi fermai per mangiare qualcosa l’ultima volta che ero passato di qui nel 2015. A confermare il detto sulla bontà dell’acqua fresca di Rigolato, trovo una fontana all’inizio del paese nella quale posso rinfrescarmi. Ho deciso di fermarmi per il pranzo al centro federale di sci di fondo e biathlon di Piani di Luzza, pochi km dopo Forni Avoltri e per raggiungere questa località dovrei affrontare una galleria lunga più di un km che vorrei evitare prendendo la vecchia strada che porta alle frazioni di Tors e Givigliana ma dopo un km di leggera salita e dopo avere fatto lo slalom tra i camion che trasportano i tanti tronchi recuperati dopo la tempesta Vaia del 2018 devo purtroppo constatare che la stessa tempesta ha causato il blocco della strada che presenta molti alberi sulla carreggiata, Devo quindi tornare indietro a malincuore e percorrere la galleria: i fanali sono già accesi ed indosso un paio di fasce riflettenti alle braccia che mi danno però un po’ fastidio, non però tanto quanto un insetto che si posa sul mio collo e che faccio fatica a scacciare. Superata la galleria arrivo in centro a Forni Avoltri dove supero il ponte che segna il bivio per la citata sede della Goccia di Carnia e attraverso una salita inizialmente abbastanza impegnativa che prosegue anche in galleria arrivo a Piani di Luzza (località che avevo frequentato da bambino in colonia) e arrivo con tranquillità alla “Carnia Arena” il sito di sport invernali che ho frequentato anche durante l’inverno. A questo punto ho percorso 90 km in circa sei ore e 45 minuti al lordo delle soste. Il ristorante come sapevo è aperto e ordino un piatto di gnocchi alla ricotta affumicata ed un piatto di patate lesse. Il centro biathlon è frequentato da una squadra giovanile del gruppo sportivo dei carabinieri e a pranzo incontro anche la medaglia d’oro olimpica e campione del mondo di sci di fondo Pietro Piller Cottrer (che risiede nella vicina Sappada) che saluto per cortesia: avrei potuto chiedergli di fare una foto assieme ma non sono il tipo da disturbare i campioni che incontro.
Dopo un buon caffè e una sosta che dura complessivamente circa 50 minuti riparto affrontando subito uno strappo di circa 300 metri con una pendenza del 16% dopo il quale la strada spiana un po’ ma resta impegnativa: arrivo così al cartello di Sappada dopo tre km complessivi di salita durante i quali supero 250 metri di dislivello e attraverso il centro della località da poco entrata a far parte della Regione Friuli Venezia Giulia dove si trovano piste di fondo tra le meglio preparate della regione. Appena uscito dal paese comincia una lunga discesa che mi permette di attraversare senza fatica i paesi di San Pietro di Cadore e Campolongo ed arrivo al bivio di Santo Stefano di Cadore dove inizia l’ultima salita della giornata, il Passo Monte Croce Comelico: ho percorso a questo punto 110 km in circa nove ore complessive. La salita al passo Monte Croce Comelico è lunga 21 km ed è divisa in tre parti più o meno uguali: sette km in leggera salita, seguiti da un tratto in falsopiano e quindi circa otto km di salita più impegnativa per arrivare al passo per un totale di circa 700 metri di dislivello. Purtroppo alle difficoltà del percorso si aggiungono i disagi dovuti al fatto di trovare più o meno ogni due km i cantieri per la sistemazione della strada in vista delle olimpiadi del 2026 a Cortina che sono gestiti attraverso dei semafori che naturalmente sono tarati per il passaggio delle auto: quando la visibilità e la lunghezza del tratto a unica corsia me lo permette passo con il rosso e l’unico pericolo che corro è causato da uno sconsiderato che affronta un tratto a velocità a dire poco esagerata sbandando leggermente dopo una violenta frenata: le maledizioni che ci lanciamo a vicenda si compensano.
Quando arrivo nei pressi di un caratteristico tornante a Sega Digon vedo un bar dove avrei potuto fermarmi per mangiare qualcosa, cosa della quale mi pentirò di non avere fatto successivamente. Faccio un po’ più fatica del previsto nell’affrontare gli ultimi km di salita dove il fatto di riconoscere alcuni tratti percorsi in auto molte volte non mi aiuta ad andare avanti: mi fermo a scattare una foto a circa due km dal passo per staccare un po’ e rilassarmi e poi affronto gli ultimi tornati e con sollievo arrivo all’ultima curva dalla quale si scorge in lontananza il passo che raggiungo dopo un lungo rettilineo quando sono circa le 17.15. Comincio la discesa di circa 14 km che presenta un asfalto non sempre perfetto che mi porterà attraverso Moso, Sesto e San Candido ad affrontare gli ultimi 5 km di pista ciclabile in leggerissima salita che mi faranno arrivare alla mia meta di oggi, l’Hotel Nocker di Dobbiaco. Comincio ad avere una piccola crisi di fame e questi ultimi km sono un po’ una sofferenza, seguo comunque altri ciclisti che vedo scelgono di seguire un tratto che non presenta strappi in salita di rilievo e alle 18.15 circa fermo il contachilometri davanti alla porta dell’albergo dopo 150 km e 11 ore e mezza di pedalate complessive, al netto di un’ora e quarto di soste. Attendo un po’ che si presenti la gestrice dell’hotel che frequento da circa 20 anni durante la stagione invernale e posso quindi salire in camera a riposare in attesa della cena, per la verità non all’altezza dello standard dell’albergo. L’importante è comunque riposare in vista dell’impegnativa tappa del giorno dopo.

25 giugno – Seconda tappa: Dobbiaco-Tesero 129km
Per fortuna dopo avere sistemato, come al solito, il conto dell’albergo la sera prima della partenza, riesco a fare colazione molto presto così alle 7.30 circa riesco a partire per La seconda tappa che mi porterà in val di Fiemme.
Trovo subito le indicazioni per la pista ciclabile che dovrebbe permettermi, in teoria, di raggiungere l’inizio della prima salita impegnativa della tappa dopo un divertente saliscendi. La prima sorpresa negativa è data da un lungo tratto sterrato per lavori in corso, poi dopo avere superato il ponte che passa sopra la strada per la Valle di Braies, mi avvicino a Monguelfo pronto a trovare un altro tratto di sterrato che mi porterebbe a Valdaora. Alle porte di Monguelfo invece trovo la pista ciclabile interrotta e una deviazione che mi costringe ad affrontare un tratto in salita che spero sia breve. Invece dopo circa un km di salita trovo una ulteriore deviazione per Valdaora che prosegue in salita. Mi innervosisco un po’ soprattutto quando vedo che la strada comincia a proseguire con tornanti che vanno in direzione contraria a quella che dovrei seguire. Dopo tre km di salita e 250 metri di dislivello dei quali avrei fatto volentieri a meno esco a Valdaora di sopra da dove in discesa raggiungo il centro di Valdaora dove comincio a riconoscere la strada e comincia la prima salita della giornata, il Passo Furcia. È una salita che in poco più di 9 km mi farà superare oltre 700 metri di dislivello, distribuiti in modo poco costante. Il primo tratto è tranquillo poi fino ad un vistoso complesso alberghiero la salita con alcuni larghi tornanti si fa impegnativa (tre km con pendenze fino al 10%). La strada prosegue con pendenze leggermente inferiori fino al paese di Sorafurcia al termine del quale inizia un tratto di un km al 12%, seguito da un tratto di un km un po’ più pedalabile. Gli ultimi due km si fanno ancora più impegnativi e dopo tre ore e un quarto dalla partenza raggiungo i 1.789 metri del passo Furcia dopo aver percorso poco meno di 30 km. Indosso un giubbotto leggero e inizio con cautela la discesa verso San Vigilio di Marebbe e il bivio di Longega dove mi immetto nella statale della val Badia in direzione Corvara. Ho percorso circa 42 km e la discesa di 12 km in poco meno di mezz’ora.
Non trovo traffico sulla statale e riesco a superare l’incrocio senza difficoltà e comincio a pensare a fermarmi per mangiare qualcosa. Dopo avere superato un supermercato poco più avanti trovo una pizzeria e preferisco fermarmi per mangiare con calma. Dopo circa 40 minuti riparto in direzione Corvara e proseguo la salita che inizia con decisione dopo una galleria con una serie di tornanti. Dopo un pieno d’acqua alla fontana di cui ricordavo bene la posizione mi avvicino a Corvara che raggiungo dopo sei ore e 40 minuti dalla partenza dopo avere percorso circa 63 km. Durante il pranzo avevo calcolato quali differenze avrei trovato nel percorrere l’itinerario programmato (che prevedeva l’ascesa ai Passi Gardena e Sella) o uno alternativo (che avrebbe previsto la salita ai Passi Campolongo e Pordoi- i quattro passi fanno parte del famoso Sella Ronda che la domenica successiva sarebbe stato possibile percorrere in strade prove di traffico). Preferisco percorrere l’itinerario programmato e proprio mentre mi avvicino al primo tornante in direzione Colfosco cominciano a cadere le prime gocce di pioggia. Il tratto più impegnativo della salita al passo Gardena si trova proprio nell’attraversamento di Colfosco e mi devo fermare un paio di volte prima per vedere se la pioggia cala e poi per coprire le borse (che era la prima volta che utilizzavo) con l’apposita protezione impermeabile. Indossato un giubbotto leggero riprendo il viaggio sotto una leggera pioggia che non da troppo fastidio e mi avvicino piano piano ai caratteristici e numerosi tornanti che precedono il Passo Gardena (poco più di 9 km e mezzo e 600 metri di dislivello). Il passo Gardena non è difficilissimo ma pare sempre di essere agli ultimi tornanti mentre si vedono le costruzioni sempre ancora troppo in alto. Arrivo comunque in cima (a 2121 metri) dopo otto ore e 40 dalla partenza e 72,5 km.
Arrivato al passo e trovato un posto riparato dalla pioggia indosso un giubbotto più pesante, i pantaloni impermeabili e la protezione impermeabile per il casco prima di affrontare la discesa che mi porterà ad affrontare l’ultima salita della giornata (gli ultimi 5,5 km del Passo Sella) dopo avere percorso l’incredibile tratto rettilineo e praticamente in piano a oltre 1800 metri del Pian de Gralba. L’operazione di cambio indumenti mi fa perdere oltre 10 minuti.
Dopo poche centinaia di metri della salita al Sella sento che le gambe non girano come dovrebbero e decido di fermarmi a mangiare una delle barrette energetiche che mi sono portato dietro. La sosta mi fa bene e riparto con un’altra lena. Noto che sulla strada per il passo stanno effettuando lavori per lo sdoppiamento delle corsie per facilitare il grande traffico estivo che si trova su queste strade. Nel frattempo avevo avvisato Lorenza, la titolare dell’Albergo Al Cervo di Tesero che sarei potuto arrivare un po’ in ritardo a causa della pioggia: se avessi letto la sua risposta mi sarei tranquillizzato perché mi aveva scritto che in Val di Fiemme c’era il sole. Con relativa fatica arrivo al passo (Cima Coppi del viaggio con i suoi 2239 metri) dopo dieci ore e 10 minuti dalla partenza (84 km complessivi) e indosso un altro giubbotto sotto a quello che già indossavo, uno scaldacollo per riparare la testa e un paio di guanti più pesanti che fatico ad indossare visto che la pioggia è aumentata e con le mani bagnate è tutto più complicato.
Affronto così la discesa di 11 km e mezzo che mi porterà a Canazei: proseguo con cautela perché con il peso delle borse, la strada bagnata e le temperature non proprio estive è meglio essere prudenti. Da Canazei proseguo in direzione sud Attraverso la Val di Fassa in direzione Val di Fiemme e la pioggia aumenta di intensità, tanto che mi trovo a correre su veri e propri torrentelli a lato della strada con il traffico che è piuttosto intenso. Passo le località che tante volte ho attraversato durante la marcialonga di sci di fondo di gennaio in una strada prevalentemente in discesa, anche se non mancano brevi tratti in leggera salita, in particolare a Pozza di Fassa e Vigo di Fassa. A Pozza vedo una segnalazione che indica una temperatura di 8 gradi. Quando non pedalo e sto fermo con le gambe le stesse tremano come un po’ tutto il resto del corpo. Mi avvicino a Moena e la pioggia continua insistente ma comincio ad intravedere un po’ di cielo un po’ più chiaro in direzione di Predazzo. Superata Moena ed il tratto in cui comincia la Marcialonga improvvisamente la pioggia cessa e via via la strada si fa più asciutta. Rinfrancato un po’ anche la mia pedalata riprende più vigore tanto che supero di slancio Predazzo, Ziano, Panchià e gli ultimi 4 km per arrivare a Tesero che di solito mi mettono in difficoltà, confortato anche dal fatto che non sono poi così tardi come pensavo. Prima di arrivare a Tesero telefono a casa per avvisare che è tutto è ok e alle 19.40, dopo 129 km e dieci ore e 26 minuti di pedalata effettiva appoggio la bici sul muro dell’albergo subito accolto dalla titolare Lorenza che mi da una mano a portare dentro il bagaglio mentre io porto la bici in garage mettendo ad asciugare i giubbotti. Sono molto contento, ora avrò tre giorni per recuperare e pensare alle ultime due tappe.

La mattina del primo giorno di permanenza a Tesero mi incammino per andare a trovare gli amici che gestiscono l’Hotel Erica a Stava, 3 km e 200 metri di dislivello sopra Tesero (la titolare Anna è sorella di Lorenza titolare del Cervo). Quando arrivo nei pressi dell’hotel noto che sono stati montati dei gazebo, segno che stanno organizzando qualcosa in giardino, probabilmente un matrimonio. In effetti trovo tutti molto occupati e quindi, senza disturbare più del dovuto, saluto tutti e riprendo la strada per Tesero seguendo un altro itinerario che in parte non avevo mai seguito. Arrivo in centro giusto in tempo per il pranzo e poi salgo in albergo per riposare. Nel tardo pomeriggio scendo in paese per andare a trovare l’amico Mario Trettel e poi per prendere un gelato. Intanto le gambe dopo gli sforzi dei due giorni in bici cominciano a farmi male e quindi cerco di riposare il più possibile.
Il secondo giorno accetto l’invito dell’albergo per una escursione organizzata nella zona di Pampeago guidata da Giuliano il figlio di Lorenza. Salgo con lui in pullmino e poi attraverso la seggiovia che porta al Monte Agnello che non avevo mai preso con il gruppo attraverso un sentiero che attraversa il Doss dei Branchi (anche questo inedito per me) raggiungiamo la Croce sul Monte Cornon per un sentiero che non conoscevo. Intanto Giuliano è rimasto alla baita Armentagiola a preparare uno spuntino per tutti i partecipanti. Io anticipo il rientro per dargli una mano anche per poi sistemare la baita una volta conclusa la visita. Rientriamo alla seggiovia per il sentiero che conoscevo e io e Giuliano scendiamo subito mentre il resto del gruppo prosegue l’escursione fino ad un altro impianto di risalita. Rientro in albergo per riposare e per seguire alla tv austriaca il Gran Premio di F1 sulla pista di Zeltweg in Austria.
Le gambe continuano a farmi male e decido di prendere qualche busta di antidolorifici: il terzo giorno salgo ancora a Stava e questa volta trovo tutti gli amici compreso l’amico Mario Trettel che ogni tanto porta un po’ di verdura del suo orto in hotel. Dopo i saluti scendo in paese per comprare un po’ di lubrificante per la catena della bici che ha preso tanta acqua durante i km sotto la pioggia di venerdì. Dopo pranzo e un riposo in albergo, sistemo la bici e vado a farmi un giro per la ciclabile della Val di Fiemme scoprendo nuovi tratti aperti da poco compreso un bellissimo parco con un laghetto artificiale molto frequentato soprattutto da ragazzi. Il collaudo della bici è positivo e così anche il collaudo delle gambe che metto alla prova nel kilometro di salita dalla frazione di lago al centro di Tesero dove mi prendo un gelato. Salgo ancora in camera (ho avuto occasione di guardarmi molte delle partite dei campionati europei di calcio) per riposare e cominciare a preparare le borse per la terza tappa dopo che Lorenza mi ha fatto la cortesia di lavare i completi da ciclismo che ho usato nelle prime due tappe.
29 giugno – Terza tappa: Tesero-Feltre 114 km
Anche il giorno della partenza della terza tappa riesco a fare colazione abbastanza presto e regolato il conto dell’albergo con la titolare Lorenza alle 7.54 inforco la bici per la partenza della terza tappa. Faccio partire il contachilometri solo dopo avere fatto il pieno d’acqua alla solita fontana in centro ed affronto la discesa verso la frazione di Lago (dove si trova lo stadio dello sci di fondo che ha ospitato tre edizioni dei mondiali di sci nordico e che ospiterà le olimpiadi nel 2026) contento che la temperatura nella prima discesa sia tutto sommato sopportabile. A Lago prendo la ciclabile in direzione ovest (il percorso fino a Molina ricalcherà più o meno quello della Marcialonga di sci di Fondo) e dopo 35 minuti circa e poco più di 10 km affronto la rotonda che dalla quale parte la prima salita della giornata, la più impegnativa di tutto il giro, il Passo Manghen, 16 km e 1200 metri di dislivello. Mi sorprendono i primissimi km con una pendenza che non ricordavo ma poi la strada spiana un po’ e riesco a salire con regolarità: la strada è larga ed il traffico non esagerato, trovo solo mezzi di ditte che lavorano ai vari cantieri tra i quali quelli per il recupero del legname caduto durante la tempesta Vaia del 2018. Dopo i primi sette km e mezzo durante i quali supero i primi 400 metri di dislivello arrivo in località Ponte della Stua dopo il quale il traffico è interdetto ai mezzi pesanti. La strada si fa stretta e le pendenze cominciano inesorabilmente a salire: dopo un po’ grazie al contachilometri che mi da l’altimetria comincio a calcolare la percentuale di pendenza che si avvicina sempre di più al dieci per cento. Mi ricordo che dopo una parte praticamente senza molte curve dovrei trovare una serie di tornanti nel bosco ma il bosco, proprio a causa della tempesta Vaia, non c’è più, e quindi la salita al sole diventa ancora più dura, anche se la temperatura non è molto alta. Dal tratto che prima segnava l’uscita dal bosco si intravede la malga Cadin che si raggiunge superando tre ripidi tornanti: sono a quota 1800 metri circa e mancano tre km e 250 metri di dislivello al passo. Rinuncio ad una sosta al rifugio appena sotto il passo perché mancherebbe ancora qualche centinaio di metri al passo e dopo tre ore e 20 minuti di pedalate (due ore e 45 circa di salita) arrivo al Passo Manghen e sotto il cartello scatto la tradizionale foto: anche altri ciclisti lo fanno e mi fanno i complimenti per avere “scalato” una salita difficile con il peso delle borse dietro.
Mi copro con un giubbotto leggero e comincio la lunga discesa verso la Valsugana, molto ripida nei primi km e incontro anche qualche cantiere per la sistemazione della strada e anche qualche tratto in sterrato: la parte ripida termina nei pressi della località di Calamento e diventa quasi facile dopo un ultimo tratto al 13% che precede un ponte. Arrivo così al termine della discesa e mi faccio prendere dai dubbi su quale strada seguire e consulto anche una applicazione di mappe sul telefonino. Devo cercare di non scendere troppo verso la statale della Valsugana e per fortuna dopo qualche centinaio di metri di discesa trovo le indicazioni per Carzano e Scurelle che mi permettono di arrivare a Strigno dove inizia la seconda salita della giornata. Ho percorso 50 km in poco più di quattro ore e sono in tabella di marcia e prima di cominciare la nuova fatica mi fermo in un supermercato per prendermi due panini, un po’ di prosciutto e una Coca Cola (bibita che è un po’ che ho rinunciato a bere ma che in queste situazioni è ideale anche per un po’ di energia e recupero). I primi km di salita sono i più duri con pendenze vicine al 10% e proseguo perché mi ricordo che ad un certo punto ci dovrebbe essere un’area di sosta dove poter consumare quanto ho appena acquistato. Non la trovo così ad un certo punto approfitto della scalinata di una costruzione abbandonata per fermarmi e mangiare uno dei panini che ho comprato, mettendo nella borsa il secondo che tengo eventualmente sentissi bisogno di mangiare più avanti. A questo punto non manca moltissimo alla località di Bieno dove so che troverò una fontana: mi rinfresco un po’ e approfitto di un cestino per buttare via la plastica avanzata dal “pranzo”. A questo punto la maggior parte della salita è già superata e per un saliscendi talvolta anche impegnativo raggiungo il secondo passo della giornata, il Passo Forcella (920 metri di altitudine) dopo 60 km e 6 ore complessive dalla partenza. In discesa raggiungo la località di Pieve Tesino e poi con una salita non troppo impegnativa quella di Castello Tesino: all’inizio del paese trovo la deviazione per la strada del Celado che devo affrontare per raggiungere la terza e ultima salita della giornata che mi porterà a Cima da Campo al confine tra il Tesino (Trentino) ed il Feltrino (Veneto). Appena fuori dal paese trovo la deviazione per la strada che in discesa potrebbe portarmi a Grigno per poi raggiungere Arsiè attraverso le “scalette di Primolano” ma preferisco seguire il percorso che avevo progettato. I primi km di salita non sono troppo impegnativi ed il traffico è praticamente inesistente dopo circa 5 km trovo alla mia sinistra la deviazione per Arina che avevo preso nel 2019. Proseguo invece diritto e affronto un tratto di circa due km molto facile ed in un ambiente prativo molto bello e che merita qualche foto. Al termine di questo tratto trovo un locale e bevo un caffè ed un’acqua minerale e mi preparo ad affrontare gli ultimi km della salita che presenta un andamento particolare, con brevi strappi in salita anche dura seguiti da tratti in leggera discesa. Molto prima del passo trovo il confine tra Trentino e Veneto e affronto le ultime rampe e posso rilassarmi solo quando in lontananza vedo il cartello che segna la fine della salita. Arrivo così ai 1441 metri del passo di Cima da Campo dopo 78 km e otto ore e 25 dalla partenza. Comincio così la lunga discesa che mi porterà ad Arsiè in circa 20 km e man mano che scendo sento che la temperatura tende a salire tanto che mi devo togliere il giubbotto che mi ero messo. All’uscita del paese di Arsiè troco le indicazioni per la località di Agana che attraverso una strada tranquilla mi porterebbe ad Arten (appena fuori Feltre) ma poi probabilmente salto un incrocio e mi trovo sulla statale che seguo per un paio di km per uscire proprio ad un km da Arten risparmiando un paio di km di strada. Ad Arten comincia una strada secondaria che mi porterà a Pedavena con un inizio in salita ma poi con un andamento più tranquillo all’inizio della quale faccio un nuovo rifornimento di acqua. Ho prenotato un albergo a Feltre dove non è prevista la cena e quindi la sosta a Pedavena è “obbligatoria” per poter mangiare qualcosa. Due anni fa avevo fatto lo stesso programma ma partendo da Tesero il lunedì ero arrivato a Pedavena trovando la birreria chiusa. Il martedì invece non ci sono limiti di orario e comunque arrivo poco prima delle 18 e posso ordinare il tradizionale piatto di wurstel e patatine e un paio di birre. Ormai per arrivare all’albergo a Feltre mancano 5 km praticamente tutti in discesa e nonostante le difficoltà dovute ad alcuni sensi unici trovo la strada per il centro dove è situato l’Hotel Doriguzzi: metto la bici in garage e posso riposare. Dopo 11 ore complessive e nove ore effettive sui pedali concludo quindi la terza tappa e posso prendere possesso della mia stanza. Dopo un breve riposo scendo in centro per un gelato e poi risaldo in camera per riposare, vedere un’altra partita degli europei di calcio e verificare le condizioni del tempo per programmare la tappa del ritorno a casa.
30 giugno – Quarta tappa: Feltre-Gradisca 110 km
Il programma originale prevedeva di affrontare, come unica fatica della giornata, la salita al Pian di Cansiglio da Ponte nelle Alpi, ma considerato che le previsioni mettevano forti temporali a metà pomeriggio ed avendo già vissuto l’esperienza qualche anno prima di un nubifragio durante la discesa dal Cansiglio, preferisco affrontare, come unico impegno della giornata, il Passo San Boldo.
Dopo una colazione fatta molto presto alle 7.25 circa parto e dopo un giro per strade di Feltre che non avevo mai affrontato mi immetto nella provinciale che mi porta in direzione est verso il bivio di Busche, che prendo in direzione Ponte nelle Alpi sulla strada della sinistra Piave: sul bivio si trova uno sbarramento sul fiume che nasce proprio sopra Sappada dove sono passato giovedì scorso e la strada si dirige dopo un paio di km verso Treviso e Padova. Io proseguo dritto per le località di Lentiai e Mel che si raggiunge dopo una salita che mi ricordavo più faticosa e scegliendo di restare nelle strade che passano per i centri delle località e non per le circonvallazioni evito il grande traffico che ho trovato fin dall’uscita di Feltre. Così faccio anche a Trichiana, dove comincia la salita al Passo San Boldo, impegnativa solo nei primissimi km, poi pedalabile e non lunghissima (10 km e mezzo) nella quale si superano 350 metri di dislivello compresa una discesa a circa metà che fa perdere qualche decina di metri nei pressi del paese di San Antonio Tortal. L’impegno è tranquillo e dopo due ore e 25 dalla partenza e un’ora circa di salita arrivo nei pressi del passo che dall’altra parte (che io naturalmente affronto in discesa) è caratterizzato da una decina di stretti tornanti scavati nella roccia (la strada è stata costruita dall’esercito austriaco nei primi mesi del 1918 durante la grande guerra). Dopo la foto di rito comincio la discesa verso il paese di Tovena incrociando decine di ciclisti che stanno salendo al passo.
Quando mi immetto nella statale che proviene da Valdobbiadene mancano circa 15 km a Vittorio Veneto e attraverso le località di Lago e Revine Lago in un piacevole saliscendi. A Lago nelle occasioni in cui ero passato nei miei viaggi passati avevo trovato un negozietto d’altri tempi dove mi facevo sempre fare un panino. Ho già nella borsa un panino avanzato da ieri e quindi non ne avrei bisogno stavolta, ma comunque trovo il negozio chiuso, spero che non abbia cessato l’attività.
Vittorio Veneto si raggiunge dopo una lunga discesa e attraversato il centro trovo la deviazione che attraverso Cappella Maggiore mi porterà a Cordignano evitando il traffico della vicina statale per Sacile e Pordenone.
Passato Cordignano rientro in Friuli ed a Caneva trovo un piccolo supermercato gestito da due anziani signori dove mi prendo da bere e un po’ di frutta: poche centinaia di metri più in avanti trovo una piccola area di sosta nei pressi di un vecchio lavatoio e mi fermo per il mio pranzo odierno.
Sono ben oltre la metà della tappa odierna ed è mezzogiorno: quando riparto la temperatura è sopportabile e noto che il vento, finalmente alle spalle, mi da una mano. Avevo pensato di allungare il percorso continuando per Polcenigo ed Aviano ma preferisco, presso Fiaschetti, a prendere la solita deviazione per Vigonovo da dove in pochi km dovrei raggiungere Roveredo in Piano. Appena fuori Vigonovo mi ricordo di un parco giochi con una fontana e lo trovo regolarmente e non posso fare a meno di notare quanto sia trascurato, con l’erba alta che copre perfino i giochi per i bambini. La fontana comunque funziona e posso fare l’ultimo rifornimento del viaggio.
Proseguendo in leggera salita ma comunque aiutato un po’ dal vento arrivo a Roveredo dove in piazza mi fermo per prendere un caffè e un gelato che consumo strada facendo e mi avvio verso San Quirino dove comincio a trovare le indicazioni kilometriche per Spilimbergo. Attraverso i due ponti su Cellina e Meduna quando sono circa le 14 e quando mancano 10 km circa all’arrivo a casa. Prendo una strada un po’ sconnessa e giro per Barbeano da dove arrivo a Provesano dove trovo che lavora in giardino l’amica Maria Teresa Collino che mi invita in casa per bere una birra. Dopo avere parlato anche di un progetto legato ad un gruppo da lei fondato su Facebook dove sono state pubblicate decine di foto, anche rare, di personaggi della vecchia Gradisca, dopo circa un’ora riprendo la bici per gli ultimi due km. Sono le 15.35 quando arrivo a casa e scendo definitivamente dalla bici molto contento di avere portato a termine una piccola impresa: avevo già percorso 500 km in alcuni viaggi fatti negli scorsi anni, ma credo che oltre 8.000 metri di dislivello in salita non li avessi mai affrontati. A parte il mal di gambe nei giorni di riposo non ho avuto altri grossi problemi, posso rimanere soddisfatto.

Appendice:
Un giro in bici di circa 100 km nel sabato successivo al mio rientro a casa con la bici che ho acquistato alla fine dell’estate scorsa (una bici tipo “Gravel” con telaio in carbonio quindi molto più leggera di quella che ho usato per il viaggio e naturalmente senza il peso delle borse) mi convince di essere abbastanza in forma per tentare un’ impresa che avevo tentato con successo solo altre due volte, l’ascesa al temibile Monte Zoncolan nella sua versione più dura, quella da Ovaro. Unanimemente riconosciuta come una delle salite più dure d’Italia (se non la più dura) presenta un dislivello, nella parte effettiva della salita (che si raggiunge comunque dopo due km molto impegnativi da Ovaro a Liariis) di oltre 1.000 metri in 8,5 km, con punte fino al 22% ed un tratto intermedio di circa 4 km con una pendenza media superiore al 16%.
Parto da Villa Santina per scaldare le gambe nei 10 km che la separano da Ovaro sfidando un traffico piuttosto intenso: la temperatura è fresca per fortuna, in salita ci sarà da sudare ma almeno non dovrei soffrire troppo il caldo. Dopo avere superato Liariis e un tratto in piano che permette di prepararsi, anche psicologicamente, agli ultimi 8,5 km, la salita presenta subito il conto con un rettilineo al 15% seguito da una serie di tornanti tra i quali uno che presenta una pendenza del 22%. Salgo senza forzare ma sento che le gambe vanno e approfitto dei brevi tratti in cui, specie nei tornanti, la salita molla un po’ la presa. Ogni 500 metri circa si trovano a lato della strada cartelli dedicati ai grandi campioni del passato e ci si rende conto di avvicinarsi alla fine della salita quando si incontrano i campioni del passato sempre più recente. Dal quarto km, dopo un tratto al 20% le pendenze calano ma restano sempre abbondantemente sopra il 10% mentre un benvenuto tratto di un km che in confronto a quelli appena passati sembra in piano (siamo sempre intorno all’8%) precede il caratteristico tratto delle tre gallerie nelle quali la strada spiana anche se non troppo. Usciti dalla terza galleria si intravedono gli ultimi tornanti e si entra in quello che durante le tappe del Giro d’Italia è diventato un vero e proprio stadio. Le pendenze si fanno leggermente più pedalabili (siamo comunque sopra il 10%) ma si intravede la fine della salita e mi accorgo di essere stato raggiunto da un altro ciclista che però non mi supera. Arrivo così in cima alla salita in un’ora e 29 minuti migliorando il mio record (stabilito con un’altra bici comunque) di circa 20 minuti. Con il ciclista che mi dice di arrivare da Bologna ci scattiamo le foto a vicenda poi io affronto la discesa verso Sutrio ripidissima nei primi tre km e poi con strada larga che invita alla velocità. Arrivato a fondo valle invece di scendere direttamente a Tolmezzo e rientrare al punto di partenza prendo la direzione di Paluzza dove parte la strada che voglio fare io e che è qualche anno che non percorro, la salita a Forcella Lius passando per Treppo Carnico e Ligosullo. La salita è piuttosto impegnativa e comincio a sentire i morsi della fame e così appena fuori Treppo Carnico mi fermo a mangiare un panino e a bermi una birra. Riparto rinfrancato e affronto alcuni tornanti piuttosto impegnativi e dopo circa 10,5 km durante i quali ho superato 500 metri di dislivello arrivo alla Forcella dopo una breve discesa: in cartello che segnala il passo è in una piccola conca e prima di affrontare la discesa verso Paularo devo superare un altro km in salita. La discesa è molto veloce e appena passato Paularo invece di seguire la nuova strada prendo la deviazione per Salino dove si trova una bella cascata e dopo una serie anche impegnativa di saliscendi esco a Cedarchis do mi immetto nella statale verso Tolmezzo e poi raggiungo piuttosto velocemente Villa Santina dove dopo 80 km percorsi in 6 ore circa (cinque ore e mezza effettive) dove termina questa mia piccola impresa della quale sono particolarmente orgoglioso.

Ciclotour 2021ultima modifica: 2021-07-09T21:29:31+02:00da maxpres8
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