stagione agonistica 2023 – appendice

Anche se tecnicamente le gare del circuito Worldloppet che si svolgono nell’emisfero australe (Australia e Nuova Zelanda) fanno parte della stagione 2023/2024, mi piace collegare l’esperienza vissuta alle gare della stagione 2023 conclusa a marzo. Infatti, molte delle gare che ho concluso nell’inverno 2023 assieme alla gara australiana mi avrebbero permesso di completare il secondo “passaporto” con la decima gara svolta fuori dall’Europa necessaria al conseguimento del secondo diploma di “Master”.

L’idea di un viaggio dall’altra parte del mondo era balenata già alcuni anni fa nei discorsi fatti con l’amico Franco Landra durante una delle numerose trasferte all’estero fatte insieme: scherzosamente, anche una battuta dell’amico Alessandro Perin di Genova dopo il conseguimento del primo diploma di Master prospettava una trasferta per partecipare alla Kangaroo Hoppet, la gara Worldloppet che si svolge in Australia, aveva avuto il suo effetto.

Per l’amico Franco le prospettive erano poi cambiate: un importante avvenimento familiare come la nascita di un nipotino (che con i genitori vive in Estonia dove il papà allena una squadra di basket della massima serie) ha naturalmente fatto passare in secondo piano l’idea di una così lunga trasferta visto che poi in qualche occasione assieme alla moglie Donatella avrebbe fatto regolarmente visita ai suoi cari nel paese baltico.

Così nell’ottobre 2022 ho cominciato a studiare come organizzare la trasferta da solo: c’erano da pianificare i voli, i pernottamenti, le trasferte dall’albergo ai campi di gara, verificare come ottenere i visti d’ingresso nei due paesi etc.

Facilitato dal fatto che, strategicamente, le gare in Australia e Nuova Zelanda si svolgono ad una settimana l’una dall’altra e dai consigli ottenuti sia consultando i siti internet delle due gare che una pagina Facebook riservata agli appassionati di tutto il mondo che partecipano a questo tipo di gare ho cominciato a verificare la possibilità di prenotare i voli per raggiungere prima l’Australia e poi la Nuova Zelanda.

Mettendo come criterio di scelta i voli di durata inferiore ho trovato on-line la possibilità di volare principalmente con Air Singapore che ha dei voli sia da e per Milano da Singapore che fino a Melbourne.

Il fatto di avere prenotato con largo anticipo mi ha permesso di spuntare un prezzo molto conveniente e di evitare i rincari che si sono succeduti nei mesi seguenti.

Il volo di andata prevedeva quindi la partenza da Milano, uno scalo a Singapore e successivamente la partenza per Melbourne, l’aeroporto internazionale dal quale era più facile raggiungere la località di Falls Creek dove si svolge la gara australiana, raggiungibile in autobus dopo quattro ore di viaggio.

Avrei poi raggiunto la Nuova Zelanda con un volo da Melbourne alla località di Queenstown, dalla quale per il ritorno sarei partito per fare scalo prima ad Auckland (la capitale della NZ) e poi a Singapore prima di tornare a Milano.

Risolto il problema dei visti di ingresso (gratuito per l’Australia, a pagamento – circa 100 euro- per la Nuova Zelanda) ho pensato a prenotare gli Hotel dove alloggiare: per l’Australia ho deciso di agire in piena autonomia, scegliendo di fermarmi inizialmente due notti a Melbourne per visitare anche la città, tre notti nella località di Mount Beauty dove si trova la sede e l’ufficio gara della Kangaroo Hoppet per poi tornare a Melbourne per una notte per essere pronto a volare il giorno dopo per la Nuova Zelanda.

Per la Nuova Zelanda invece ho aderito ad un piano proposto attraverso il sito internet della gara e consigliatomi da uno sciatore austriaco protagonista per conto della federazione Worldloppet di numerosi filmati sulle gare disputate. Il pacchetto, offerto da un gruppo chiamato “WanakaXC” con lo slogan “tu dovrai pensare solo a sciare” prevedeva infatti un servizio completo: trasporti dall’aeroporto e sulle piste di gara, pensione completa e stanze con bagno privato, organizzazione di escursioni, noleggio degli sci. Fortunatamente, per la forzata rinuncia di uno sciatore americano, a me è toccata l’unica stanza singola della grande abitazione che si trova nella località turistica di Wanaka, sulle rive del lago omonimo, nella regione dei laghi del sud dell’isola meridionale della Nuova Zelanda.

La partenza.

Il 21 agosto 2023 sono quindi partito con la mia auto in direzione Milano: avevo prenotato il parcheggio presso una delle aziende che forniscono il servizio di custodia dell’auto e trasferta all’aeroporto con bus navetta. Arrivato alle 11 come previsto, dopo un breve trasferimento sono entrato in aeroporto dove ho trovato subito il banco per il check-in dove ho consegnato la valigia: contrariamente a molte altre trasferte, ho rinunciato a portare i miei sci, scelta che, se da un lato ha facilitato la gestione del bagaglio, specie in Australia mi ha causato non pochi problemi vista la scarsa qualità degli sci poi noleggiatimi.

La partenza dell’aereo era prevista per le 13.50 e le ore di volo previste erano poco più di dodici. Guardando un film, consultando il telefono (con uno speciale abbonamento per usufruire del wi-fi di bordo) gustando per due volte le specialità gastronomiche offerte ai passeggeri (piatti caldi con carne e noodles e bevande) e naturalmente dormendo un po’ alla fine le dodici ore di viaggio si sono rivelate ampiamente sopportabili. Arrivati a Singapore alle 8.05 (le 2.05 della notte in Italia) ho cercato di occupare le tre ore cercando di visitare una zona dell’aeroporto chiamata “Jewel – gioiello”, una specie di giardino pensile con una cascata centrale. Ci sono passato vicino con uno dei treni che mettono in comunicazione i vari terminal dell’aeroporto, ma visto che la cascata non era aperta ho preferito dirigermi direttamente al gate di imbarco, anche perché dovevo trovare una postazione per ricaricare il telefono. All’imbarco la prima sorpresa: avevo già passato il controllo di sicurezza all’aeroporto di Malpensa ma a Singapore i controlli vengono effettuati nei singoli gate di imbarco; ho dovuto quindi rimettere ancora tutto sul carrello che controlla le borse ai raggi-x e ho subito un doppio controllo del passaporto. Il volo per Melbourne è comunque partito in orario e dopo circa sette ore sono arrivato nella città australiana quando erano le 20.15 circa, le 12.15 in Italia: non ho potuto fare a meno di notare che la maggioranza dei passeggeri era di nazionalità indiana, con molti anziani col turbante e signore con i vestiti tradizionali.

Dopo avere compilato un lungo formulario ho passato i controlli doganali dove nessuno mi ha chiesto il documento che certificava il rilascio del visto di entrata. Ho perso poi tempo anche per il ritiro del bagaglio che non arrivava mai ma comunque sono riuscito ad arrivare all’hotel (Ibis Budget Melbourne Airport) dove avevo prenotato (a circa 600 metri dall’uscita dell’aeroporto) entro l’orario di presenza di un addetto alla reception, oltre il quale avrei dovuto utilizzare il servizio self-service per ottenere la chiave della stanza.

La stanza si presenta piuttosto spartana, una specie di albergo modulare con tutte le stanze uguali con “incastrato” il box doccia e con il lavandino fuori dal bagno e a fianco del letto. La temperatura è piuttosto bassa ma non mi accorgo immediatamente che avrei potuto regolarla a piacimento. Comunque, non faccio fatica a prendere sono e dormo profondamente fino alle otto del giorno dopo.

Dopo una colazione appena decente torno verso l’aeroporto per verificare prima dove si trovi il terminal da cui dovrà partire il bus per Mount Beauty/Falls Creek del giorno dopo. Avuta conferma del posto anche da un altro sciatore che lo stava per prendere, torno verso il Terminal principale da dove parte lo Skybus, bus che porta direttamente al centro di Melbourne senza ulteriori fermate. Mi ero informato in precedenza sulle cose più interessanti da visitare in un giorno: mi dirigo immediatamente verso il primo obiettivo, la “Rod Laver Arena”, situata nell’Olimpyc Park dove si svolgono in gennaio gli “Australian Open” di tennis. Prima trovo le indicazioni per il “Sidney Myer Music Bowl” una specie di anfiteatro con un largo spazio coperto per lo svolgimento di concerti e una ampissima tribuna naturale in erba. Riconosco da lontano gli impianti sportivi ed arrivo davanti alla Rod Laver Arena dove campeggia una bellissima statua di Rod Laver, unico tennista capace di vincere per due volte il Grande Slam di tennis nell’era Open. Vedo delle persone uscire dall’arena e provo ad entrare e con una certa emozione entro nell’impianto dove oltre che tornei di tennis si svolgono concerti ed altre manifestazioni sportive. Non è possibile entrare nel terreno di gioco e mi accontento di un giro sulle tribune. Non essendo in corso eventi tutti i negozi di souvenir ed i bar sono chiusi; quindi, mi dirigo verso l’uscita visitando velocemente la vicina “Kia Arena” campo di tennis all’aperto. Superando un parco con decine di busti dedicati ai grandi tennisti australiani, costeggiando il fiume Yarra mi dirigo verso i “Royal Botanic Gardens” grande parco con numerosissime specie di alberi e piante: il parco è molto grande, e pare quasi impossibile visitarlo tutto in un giorno. Mi soffermo soprattutto su alcuni alberi di grande fusto, tra i quali una quercia con una chioma che supera i trenta metri di diametro. Una volta finita la visita cerco le indicazioni per la National Gallery of Victoria, il principale museo della città, che si trova a poche centinaia di metri dallo “Shrine of rememberance” una sorta di altare della patria australiano dedicato ai morti delle due guerre mondiali, che visiterò solo successivamente.

Passo davanti alla National Gallery e proseguo verso il centro dove devo risolvere il problema del pranzo: avrei a disposizione numerose possibilità anche di cucina etnica ma preferisco entrare in un ristorante della catena “Vapiano” che serve pasta con numerosi sughi a disposizione. Un ristorante dello stesso tipo è presente anche a Tartu, in Estonia, e lo avevo frequentato in febbraio. Le fettuccine al ragù non sono poi così male, anche se è composto da sfilacci di carne invece che di carne macinata. Comunque mi riempio lo stomaco e mi dirigo ancora verso la national Gallery dove entro e faccio il biglietto per una mostra su Rembrandt, composta soprattutto di incisioni e di poche tele. Continuo La visita e posso apprezzare la presenza di quadri di autori molto importanti, come Picasso e Modigliani. Una volta uscito, come detto, faccio una visita (solo all’esterno) allo Shrine of Rememberance e perdo un po’ di tempo a trovare il mezzo pubblico per arrivare alla stazione di Southern Cross e mi confondo arrivando alla Stazione Centrale. Giro così un po’ a piedi per la città, visito un centro commerciale con un negozio di articoli sportivi dedicato soprattutto al Football australiano (il Marvel Stadium è a poche centinaia di metri). Non prendo niente e raggiungo la vicina stazione di Southern Cross da dove parte il bus che mi riporterà all’aeroporto e quindi al mio albergo. Ceno al vicino McDonalds’ e poi vado a dormire in attesa del viaggio in bus verso Mount Beauty dell’indomani. Arrivato in hotel scopro che purtroppo la gara che si sarebbe dovuta svolgere il sabato è stata annullata per carenza di neve (aveva nevicato abbondantemente ad inizio stagione ma poi caldo e pioggia avevano rovinato le piste). La delusione è tanta ma non mi scoraggio e decido comunque di raggiungere la località dove si svolge la gara.

Giovedì 24 agosto mi alzo con calma, faccio colazione e lascio l’albergo dirigendomi verso la fermata del bus (che dista circa 15 minuti dall’Hotel) dove la partenza è fissata per le 9.45. Il bus arriva in perfetto orario, l’autista spunta i nomi di quanti avevano prenotato il viaggio (tra i quali due statunitensi ed un asiatico che ritroverò anche in Nuova Zelanda) e distribuisce un foglio con stampato un QR-code. La durata del viaggio è prevista in quattro ore, per cui arriveremmo a destinazione alle 14 passate. Facendo leggere il QR-code al telefono lo stesso si collega al sito internet di un locale che è a circa un’ora e mezza dalla partenza e si può così ordinare qualcosa da mangiare prima di proseguire il viaggio. Il sistema permette ai viaggiatori di trovare tutto pronto quanto ordinato: io non ordino niente e bevo solo un caffè.

Il panorama dall’autobus per le prime tre ore è piuttosto piatto: seguiamo per gran parte del percorso una autostrada nella quale noto che è permesso di accedere anche con le biciclette: grandi praterie con grandi mandrie di bovini caratterizzano il paesaggio, sto attento ma per il momento non avvisto nessun canguro. Una volta presa la deviazione per la “Alpine Valley” il paesaggio si fa un po’ più mosso e vario e comincio a notare qualche costruzione in più. In perfetto orario arriviamo alla stazione di Mount Beauty, dalla quale il mio albergo dista un centinaio di metri. Preso possesso della stanza (la struttura è in realtà un motel, non c’è quindi la possibilità di usufruire della colazione e della cena) noto con piacere che la stessa è molto ampia, il bagno a differenza di quello di Melbourne è spazioso ed il box doccia di vetro. La stanza è dotata di forno a microonde, bollitore, tostapane e frigorifero quindi eventualmente per la colazione potrei arrangiarmi. Riposato un po’ mi dirigo verso la sede della gara che è all’inizio del paese poco distante dal motel. Nel frattempo è arrivata la buona notizia che l’organizzazione della gara ha raggiunto un accordo con la segreteria della Federazione Worldloppet così che quanti (e sono molti, soprattutto europei) hanno raggiunto l’Australia ed erano iscritti alla gara potranno, dimostrando di avere percorso un minimo di 21 km (la distanza alla quale era stata comunque ridotta la gara) sulle piste di Falls Creek, ricevere comunque il timbro di conferma di effettuazione della gara sull’apposito passaporto.

Trovo subito il locale dove è ricavato l’ufficio gare e vorrei chiedere se fosse possibile ritirare comunque il pettorale: probabilmente non mi sono spiegato bene e in ogni caso consegnano solo le magliette ed altri gadget che era possibile prenotare in fase di iscrizione. Acquisto due berretti con il logo della gara e chiedo ad una signora ragguagli sulle piste e su come raggiungerle. La spiegazione è piuttosto esauriente e quindi posso tornare verso l’hotel dal quale poi mi incammino per una camminata intorno ad un bacino artificiale utilizzato come serbatoio per una piccola centrale elettrica. La camminata dura poco più di un’ora e rientro in Hotel per riposare un po’ prima di recarmi in un vicino ristorante per la cena. Per la prima sera mi accontento di un hamburger con cotoletta di pollo e patatine, che mi arrivano in una quantità esagerata, tanto che non riesco a finirle.

Venerdì 25, dopo avere fatto colazione in locale consigliatomi dal proprietario del motel che si trova di fronte alla stazione dei bus, alle nove circa prendo il bus per la località di Falls Creek dove si trovano le piste da fondo ed anche, e soprattutto, molte piste di discesa. Il tragitto è di circa 40 km praticamente tutto in salita (il dislivello supera i 1.200 metri) e durante il viaggio vedo di sfuggita il primo canguro ai lati della strada. Arrivato alla stazione di Falls Creek, affollata di discesisti, proseguo a piedi per qualche centinaio di metri per arrivare alla località chiamata Windy Corner, dove trovo il noleggio degli sci che avevo già contattato dall’Italia. Con sci, bastoncini e scarponi mi dirigo verso l’inizio delle piste cercando di ricordare i suggerimenti della signora del giorno prima. Seguendo una delle piste di fondo chiuse arrivo a quella che sembra essere la partenza: vedo infatti intorno ad un cartello appoggiati su un muretto molti zaini e gente che si prepara. Decido anch’io di lasciare il mio zaino lì, indosso gli scarponcini e attacco gli sci. Subito l’impressione è molto negativa: non sono un professionista ma è chiaro come mi abbiano noleggiato un paio di sci da turismo, certamente meno veloci di quelli da competizione ai quali sono abituato. Faccio partire comunque il navigatore satellitare che avrà l’importante compito di registrare il percorso che farò ai fini del riconoscimento dell’effettuazione della gara più o meno virtuale che sto per iniziare. La neve è molto scaldata ed il primo tratto è in costante salita ed attraversa anche in due occasioni le piste di discesa: ci metto molta attenzione e non mi faccio poi scoraggiare tanto dalla salita che sembra interminabile. La salita è lunga circa 2,7 km con 150 metri dislivello: gli sci lenti e la temperatura che si è alzata mi fanno penare un po’ poi finalmente la pista spiana un po’, riesco a sciare con un po’ di soddisfazione e raggiungo la deviazione per un tratto di pista chiamato “Pretty Valley” dopo avere passato un punto molto panoramico dove scatto le prime foto. La neve a questo punto diventa molto bella e dura, riesco a sciare con soddisfazione anche se devo purtroppo constatare che l’anello non è completo e a un certo punto c’è un giro di boa che riporta all’inizio per lo stesso percorso. Arrivato al bivio prendo a sinistra e percorro per la prima volta un anello denominato “McKay Loop” con condizioni di neve accettabili. Dopo avere percorso ancora una buona parte del tratto della Pretty Valley ed ancora una volta il McKay Loop (dove mi faccio scattare una foto da uno sciatore locale che mi da consigli per ritornare al punto di partenza) riprendo la pista già percorsa in salita e con molta attenzione vista la scarsità di neve in alcuni punti trovo un tornante che ricordavo di avere percorso: controllo il contachilometri e scopro che me ne manca uno per raggiungere i 21 km richiesti, prendo quindi una deviazione con una pista che ad un certo punto costeggia un lago e che presenta due tratti di una cinquantina di metri privi completamente di neve tanto che mi devo togliere gli sci. Quando comunque riesco a tornare al punto di partenza verifico che ho percorso 21,7 km per cui posso togliere definitivamente gli sci: soddisfatto del risultato, poco della qualità della sciata, ma comunque obiettivo raggiunto. Mentre mi sto cambiando un signore mi chiede da dove vengo e quando gli rispondo che sono italiano mi indica la moglie che è originaria del Veneto.

Restituisco gli sci al noleggio lamentandomi un po’ e ricevendo come scusa che non si erano fidati a noleggiare sci da competizione vista la qualità della neve. Nello stesso locale c’è un bar ristorante: ordino il piatto del giorno (carne in umido con patate e riso) mangio con calma e poi prendo un caffè. Mi siedo su una poltrona e mi rilasso un po’: l’autobus per il ritorno ce l’ho alle 17 e sono solo le 14, cerco quindi solo di riposare.

Una volta tornato in hotel e fatta una doccia ristoratrice sono pronto per la cena: torno nel locale della sera prima e ordino un fritto misto di pesce ed un’insalata: porzione ancora molto abbondante ma questa volta finisco tutto.

Nel frattempo ho ricevuto un messaggio da Epp Paal, segretaria della federazione Worldloppet che mi ricorda che presso la sede della gara potrò ritirare il mio secondo diploma di Master. Penso quindi a come organizzare la giornata del giorno dopo, visto e considerato che non ho intenzione di tornare a Falls Creek e di sciare ancora.

Sabato 26 agosto mi alzo con calma, con altrettanta calma vado a fare colazione nel solito locale dove ormai la proprietaria mi conosce e poi, visto che l’ufficio gare apre alle 10, provo ad incamminarmi su una strada laterale all’albergo sperando che poi la stessa giri verso il centro della cittadina: consultando la mappa sul telefono vedo che però non è così e quindi decido di tornare indietro e mi incammino verso la sede della gara. Trovo una coppia che si sta facendo timbrare il passaporto e che ha fatto il viaggio in bus con me e quando tocca a me ricordo alla signora che registra il mio risultato che dovrebbero avere ricevuto il mio diploma di master. Mi chiede di aspettare un attimo e vedo arrivare quello che poi scoprirò essere il presidente del comitato organizzatore che mi consegna il diploma ed un gagliardetto della gara. Scattiamo le foto di rito, lo ringrazio e dopo avere scambiato qualche parola lo saluto cordialmente e mi dirigo verso l’uscita e sono talmente emozionato che mi dimentico di prendere alcuni gadget gratuiti a disposizione dei concorrenti. Torno verso l’hotel, deposito il prezioso diploma e riprendo la camminata sperando di trovare un sentiero che avevo notato a lato della strada salendo verso Falls Creek il giorno prima: dopo avere acquistato un adattatore per il caricabatterie del telefono seguendo la mappa sul telefono trovo le indicazioni per una serie di percorsi in mountain bike. Li seguo per un po’ poi noto dall’altra parte della strada il sentiero di cui sopra, attraverso e mi incammino: il sentiero fa il giro del campo da golf della cittadina sempre in mezzo al bosco. Come del resto il giorno prima comincio a notare tante specie di uccelli a me sconosciuti che saranno oggetto di una ricerca su internet. Così mi rendo conto di avere visto diverse gazze australiane (da canto bellissimo ma molto aggressive anche nei confronti dell’uomo nel periodo di cova e nascita dei piccoli), uno stormo di cacatua, pappagalli dal verso piuttosto inquietante, alcune specie di germani reali, e, almeno così mi pare, un kookaburrra.

Dopo avere fatto il giro del campo da golf ed essermi di nuovo avvicinato al laghetto, consumo in una panchina del parco un panino che mi ero preso nel locale dove avevo fatto colazione, mi rilasso un po’ e poi torno in camera per riposare. Alla sera è previsto un raduno dei tanti sciatori internazionali presenti e dopo avere dovuto rinunciare a partecipare al rinfresco preparato dell’organizzazione per i titolari di passaporto Worldloppet per il venerdì pomeriggio per l’impossibilità materiale di essere presente a causa degli orari dei trasporti, mi presento nel locale dove prima mangio qualcosa e poi raggiungo la grande sala nella quale sono tutti riuniti. Vengo invitato dal presidente ad accomodarmi al tavolo dove è seduto lui con la sua famiglia ed altre persone, tra le quali un signore che mi dice di essere originario di Asiago. La serata scorre tranquilla e intavolo alcune conversazioni con altri sciatori locali che nel frattempo si sono seduti accanto. Faccio fatica a seguire i discorsi perché parlano un inglese molto stretto e veloce ma alla fine me la cavo. Ringraziando dell’ospitalità ad un certo punto abbandono la compagnia per tornare in camera dove devo preparare la valigia visto che l’indomani devo riprendere l’autobus in direzione di Melbourne.

Domenica 27 agosto, dopo avere fatto colazione nel solito locale ed avere restituito le chiavi della stanza ringraziando il titolare per avere trovato assolutamente all’altezza la struttura, mi dirigo verso la vicina stazione dove alle 9.20 parte il bus che mi riporterà all’aeroporto di Melbourne. Dopo il solito appello e dopo avere prenotato il pranzo nel solito locale (stavolta ordino un gustoso panino caldo) il bus parte in perfetto orario. Anche se il paesaggio non cambia molto rispetto all’andata (sono moltissimi i terreni recintati), riesco finalmente a vedere un gruppo di canguri a breve distanza da una mandria di buoi. L’incontro mi mette di buonumore e mi permette di sopportare meglio il lungo viaggio. Arriviamo in perfetto orario a Melbourne dove ormai conosco a memoria la strada per l’albergo dove pernotterò in vista del volo per Queenstown, in Nuova Zelanda, del giorno dopo.

Mentre mi sto dirigendo verso l’albergo ricevo la segnalazione da parte di Nicole, l’organizzatrice del soggiorno neozelandese, che sulla pagina Facebook della Kangaroo Hoppet hanno pubblicato un post con la foto della consegna del diploma e il racconto della mia storia e di come le cose siano finite bene nonostante l’annullamento della gara. MI emoziono ulteriormente per un avvenimento assolutamente inaspettato arrivo in albergo dove ho giusto il tempo di appoggiare la valigia e tornare all’aeroporto per prendere lo Skybus per tornare al centro di Melbourne per visitare luoghi che nella prima visita non avevo potuto visitare. Tra le altre cose vorrei visitare il “Marvel Stadium” dove gioca il Carlton, la squadra locale di football australiano, ma è in programma una partita ed infatti incontro frotte di tifosi regolarmente con la divisa della squadra che si dirigono verso lo stadio. Mi dirigo verso un parco in direzione del “Victoria Market” un mercato coperto (Victoria è lo stato di cui è capitale Melbourne) che è però circondato da una zona piuttosto malfamata e piena di vagabondi e drogati distesi pe terra…preferisco allontanarmi anche perché il mercato pare chiuso e torno verso il centro dove trovo altre attrazioni (tra le quali un acquario) ormai chiuse. Cerco un posto per mangiare (una catena di fast food australiana dove però la qualità è di molto superiore al McDonald’s) e poi riprendo il bus per l’aeroporto. È tempo di salutare l’Australia, lunedì si parte per la Nuova Zelanda.

Lunedì 28 agosto

MI alzo presto perché il check-in comincia alle 7.40 e rinuncio a fare colazione e mi dirigo verso l’aeroporto dove trovo subito il terminal giusto: è obbligatorio fare il check in con un’apparecchiatura self service inserendo il passaporto in un apposito lettore: la procedura riconosce il viaggio che sto per iniziare, stampa la striscia adesiva per il bagaglio e la carta di imbarco. Deposito il bagaglio da stiva e passati i controlli di sicurezza mi fermo nel primo locale che trovo per fare colazione. In un negozio di souvenir trovo due peluche da regalare alle mie nipotine più piccole e anche una maglia ufficiale degli All Blacks, la nazionale di rugby della Nuova Zelanda, che avevo promesso a mio nipote.

Quando raggiungo il gate di partenza mi sento chiamare: sono Christian e Brigitte, la coppia di austriaci che condividerà con me il soggiorno neozelandese: evidentemente mi hanno riconosciuto dalla foto su Facebook. Poco dopo arriva anche il trio di Master australiani tra i quali Marg Hayes , una signora che ricordo di avere visto anche alla Marcialonga con la bandierina australiana sullo zaino e Bruce Wharrie. Parliamo un po’ e io li saluto anche da parte di un amico Master di Milano, Maurizio Franzolin. Poi è tempo di imbarcarsi, la compagnia si scioglie per un po’ ma avremo tempo di reincontrarci.

Dopo circa tre ore di volo (che diventano cinque vista la differenza di due ore nel fuso orario tra Australia e Nuova Zelanda) arriviamo all’aeroporto di Queenstown, principale centro della regione meridionale dei laghi dell’isola del sud della Nuova Zelanda. Anche qui particolarmente complesse le operazioni alla dogana e anche qui non mi chiedono il documento cartaceo che certificava il rilascio del visto. In ogni caso il timbro del visto di accesso mi viene apposto sul passaporto e nella zona arrivi mi ritrovo con i miei compagni di viaggio ed insieme contattiamo Tim David, l’organizzatore assieme alla moglie Nicole del soggiorno nella località di Wanaka, che dista poco più di un’ora di macchina. Dopo una breve attesa durante la quale conosciamo anche Bruce George, con la moglie sue, la figlia Kate e l’amica Phoebe che condivideranno il soggiorno con noi arriva Tim con un pullmino: carichiamo i bagagli e dopo una breve sosta in un punto panoramico sopra Queenstown raggiungiamo Wanaka e quella che sarà la nostra casa per una settimana. Mi viene assegnata la stanza, molto spaziosa e con il bagno per conto proprio. Dopo esservi riposati un po’ ci ritroviamo nella grande sala al primo piano che ha una magnifica vista sul lago Wanaka dove ci presentiamo un po’ condividendo un paio di bottiglie di vino: a completare la compagnia troviamo già sul posto gli Australiani Martin e James.

Quando scendiamo Nicole, aiutata dalla figlia, sta preparando la cena che gustiamo tutti volentieri: ci mettiamo poi d’accordo sull’orario di partenza per le piste dell’indomani, quando la maggioranza di noi dovrà anche ritirare gli sci presi a noleggio (compreso nel prezzo del soggiorno). Tim e Nicole ci spiegano un po’ come funzioneranno le cose e poi ognuno si ritira nella propria stanza.

Martedì 29 agosto.

Troviamo la dispensa fornita di ogni ben di Dio ed ognuno ha la possibilità di prepararsi la colazione come meglio crede: naturalmente gli inglesi e gli australiani si preparano uova al bacon, mentre io resto sul classico con pane burro e marmellata e un po’ di formaggio e prosciutto. C’è a disposizione una macchinetta Nespresso per preparare il caffè e ne approfitto.

Partiamo quindi col pullmino per raggiungere le piste prima ripetendo per una ventina di km la strada in direzione Queenstown e poi, all’altezza del paese di Cardrona, prendiamo sulla sinistra una strada sterrata di circa 13 km e 1.100 metri di dislivello che ci porterà alla “Snow Farm”, la stazione dedicata solamente allo sci di fondo ricavata talvolta con imponenti lavori di sbancamento in un altipiano a circa 1.500 metri, solitamente usato dai pastori per portare le pecore in estate. Siamo nella zona delle pecore Merino ed il nome della gara, “Merino Muster” è un omaggio a quanti si occupano del raduno dei greggi sull’altipiano.

Dopo avere ritirato gli sci (i miei paiono molto più all’altezza rispetto a quelli noleggiatimi in Australia) e dopo avere provato gli scarponi e preso i bastoncini (per me abituato con i bastoncini di fibra di carbonio usare i bastoncini di alluminio è un po’ un passo indietro) ci raduniamo e Nicole ci impartisce una prima lezione di tecnica dopo un breve riscaldamento. Dopo un po’ partiamo in direzione della Meadows Hut, una baita attrezzata di tutto dove consumiamo i panini che ognuno di noi si è preparato dopo colazione. Cambiamo leggermente percorso per il ritorno e torniamo al punto di partenza dove abbiamo a disposizione un box dove ci si può tranquillamente cambiare dopo avere percorso circa 13 km su una pista in buonissime condizioni. Mentre sto aspettando gli altri mi si avvicina una signora (che poi scoprirò essere Mary Lee, autentico factotum delle piste e della gara) che mi guarda come se mi conoscesse: quando le dico il mio nome fa un cenno come dire “mi pareva!” e mi dice che ha qualcosa per me…io rimango sempre più sorpreso da questi avvenimenti e vedo Mary tornare con in mano lo zaino che avevo prenotato (a pagamento) al momento dell’iscrizione alla gara. Nel tardo pomeriggio rientriamo alla base e dopo avere riposato e fatto una bella doccia mi incammino verso il paese e costeggiando il lago arrivo ad un magnifico parco con alberi di grande fusto (tra i quali una sequoia e un cedro dell’Himalaya) e posso ammirare “ThatWanakaTree” un albero che in condizioni normali sembra letteralmente spuntare dall’acqua.

Mercoledì 30 agosto

Ripetuto il rito della colazione alle nove siamo pronti per partire: arriviamo in anticipo rispetto al giorno precedente e stavolta ci dirigiamo verso la Musterers Hut, altra baita di recente ristrutturazione: il percorso è leggermente più impegnativo del giorno precedente e percorriamo nei due sensi di marcia parte del percorso della gara di sabato 2 settembre. Consumiamo i nostri panini all’interno della baita e dopo avere scattato una bella foto di gruppo ripartiamo verso il nostro box dopo avere percorso circa 17 km. Scendiamo di nuovo verso “casa” e dopo un breve riposo mi reco in centro dove in un supermercato prendo un po’ d’acqua, alcune pastiglie per il raffreddore e qualche barretta energetica.

Giovedì 31 agosto

Il tempo si è sempre mantenuto bello e freddo al mattino in questi giorni anche se ogni tanto tira un vento un po’ fastidioso: proviamo i primi sette km di gara in una specie di labirinto molto ondulato e diversi tornanti per poi affrontare altri tratti della gara per un totale di 17 km circa. Nel pacchetto omnicomprensivo del soggiorno era previsto anche l’omaggio di un berretto tecnico giallo fluo: lo indossiamo tutti in questa giornata. Quando scendiamo invece di dirigerci verso Wanaka alla fine della strada sterrata prendiamo a sinistra per poco più di un km e raggiungiamo il “Cardrona Hotel”, costruzione di fine ‘800 (quindi antica per i parametri locali) che dispone di un bel giardino con caminetto per il barbecue compreso: io ordino una birra locale che serve a recuperare un po’ dalle fatiche. Dopo la doccia di ordinanza esco per raggiungere una zona del paese che non avevo ancora visto con un monumento ai caduti delle guerre mondiali.

Venerdì 1 settembre

Considerato che non tutti avevano intenzione di sciare il giorno prima della gara e per non peggiorare il raffreddore, rinuncio anch’io ed accompagno dopo la colazione Martin e Nicole che deve far fare una sgambata al cane Roxy. Ripercorriamo la strada del lungo lago, torniamo al parco dai grandi alberi e proseguiamo in una zona dalle splendide villette ben inserite nel paesaggio verso un locale dove ci servono un caffè nonostante siamo vicino all’orario di chiusura (sono le 10 del mattino e probabilmente devono fare dei lavori all’interno). Torniamo a piedi alla nostra abitazione e io guardo un po’ di TV (UsOpen di tennis) mentre Martin e Christian cominciamo a sciolinare gli sci per la gara. Io mangio qualcosa e quando loro hanno finito approfitto delle attrezzature di Tim e sciolino i miei sci.

Ci diamo tutti appuntamento per le 17 circa per andare al ritiro pettorali dove compero due berretti ed una maglietta (è l’onnipresente Mary Lee a gestire il pagamento) e, successivamente, alla cena di gala per tutti gli sciatori internazionali presenti per la gara. Nel frattempo, consultando i dati del mio volo di ritorno avevo notato che il primo (da Queenstown a Auckland, capitale NZ) era stato spostato di un’ora e mezza tanto che mi avrebbe reso praticamente impossibile prendere il secondo volo per Singapore.

Avevo pensato di risolvere la situazione anticipando con una nuova prenotazione il volo da Queenstown ad Auckland per la sera prima per prendere direttamente il secondo volo lunedì 4. Per fortuna però consultando le varie domande sui voli presenti su Internet, ho appurato che, se avessi “saltato” il primo volo della prenotazione, mi avrebbero cancellato anche i successivi. Dopo avere tentato inutilmente di parlare con la compagnia aerea, ho chiesto a Nicole di darmi una mano. Dopo due ore di telefonata fortunatamente mi ha risolto il problema con la cancellazione e il rimborso della prenotazione che avevo fatto per la domenica sera e lo spostamento sempre a domenica sera del primo volo da Queenstown ad Auckland. Avuta la conferma della sistemazione dei voli ho abbracciato Nicole per il grande piacere che mi aveva fatto. Ci siamo potuti sedere a tavola quindi con maggiore tranquillità e gustare l’abbondante cena a buffet e le cerimonie di consegna di diplomi e medaglie ad altri Master provenienti in gran parte dall’Estonia.

Sabato 2 settembre, giorno di gara

La partenza della gara era prevista alle nove, quindi abbiamo anticipato tutti gli orari della colazione per essere pronti a partire alle 7.30. Arrivati alla Snow Farm parcheggiamo tranquillamente e notiamo che il vento è notevolmente calato ed è quasi assente. Ci prepariamo ed io provo un breve tratto del percorso: la neve è dura e veloce quindi non ci dovrebbero essere problemi anche se dovesse scaldare un po’.

Ci avviamo quindi alla partenza e trovo gli unici altri due italiani in gara: due gemelli della val Seriana, in provincia di Bergamo, che si lamentano anche loro per i bastoncini di alluminio. Ai miei che avevano l’impugnatura un po’ scivolosa avevo fatto una modifica rivestendola con un giro di cerotto da medicazione ottenendo un risultato sufficiente.

La gara non vede una partecipazione esagerata: i concorrenti per la 42 km (ridotta a 34 per problemi su un anello) sono circa 130 mentre per la 21 km sono poco più di 50. La partenza è quindi tranquilla e c’è un solo assembramento in una salita dopo circa 200 metri. Una volta superato il primo breve anello ci si immette nel primo anello di sette km ed il gruppo è già sgranato. MI sembra di essere piuttosto veloce per i miei standard e la neve è dura e compatta. Terminato il primo anello si affronta per la prima volta l’anello di 13 km che porta alla Meadows Hut che avevamo visitato il primo giorno: la pista è prevalentemente in discesa e la media naturalmente di alza. Dopo Il ristoro della Meadows Hut il percorso comincia a salire anche se le salite non sono durissime e presentano anche qualche benvenuto tratto in discesa. Nel tratto più impegnativo vengo superato da Jessie Diggins, statunitense campionessa mondiale ed olimpica che si sta allenando in NZ  e che sta già percorrendo il secondo giro e che vincerà la gara lunga femminile.

Quando finisco il primo giro ho percorso 20 km in un’ora e 45 minuti ad una media piuttosto soddisfacente. Riposo un po’ in discesa stando sui binari e soffro un po’ le successive salite anche per la neve che si sta sfaldando un po’ nei tratti più ripidi.  Sono naturalmente stanco anche perché è stato difficile allenarsi fuori stagione (le quattro sedute di allenamento nello ski tunnel di Planica non sono state evidentemente sufficienti), ho qualche difficoltà nell’ultima ripida rampa a poco più di un km dall’arrivo del quale vedo però le strutture che si avvicinano sempre più: sorrido al fotografo e taglio il traguardo dopo due ore e 56 minuti (percorrendo il secondo giro in sei minuti in più del primo). Vengo accolto dal resto della compagnia che mi festeggia e mi scatta qualche foto: mi consegnano la medaglia e nel tornare al nostro box incontro Jessie Diggins alla quale chiedo un selfie al quale si presta molto volentieri anche se va di fretta perché diretta alla premiazione.

Poco dopo di me è arrivato anche Bruce e all’appello manca solo Phoebe che è alla sua prima esperienza di gare: arriva dopo poco più di un’ora e la festeggiamo come si deve per l’impresa, tanto più ammirabile in quanto portata a termine con attaccato un infusore di insulina visto che soffre di diabete.

Io ho già restituito il materiale a noleggio e possiamo scendere quindi a valle: raggiungiamo la nostra base per una doccia veloce e poi ripartiamo in direzione dell’Hotel Cardrona dove nelle vicinanze si tiene la premiazione ufficiale: Nicole ha corse la 21 km ed è arrivata seconda, mentre il marito Tim e Brigitte (che ha corso la 21 km) hanno vinto il loro gruppo di Età.

Nel fabbricato davanti al quale si svolgono le premiazioni c’è la possibilità di farsi apporre il timbro sul passaporto Worldloppet ottenuto il quale posso considerare la missione definitivamente compiuta.

Evidentemente stanca per la gara Nicole invece di preparare la cena ordina pizza per tutti assieme ad un piatto che sembra un timballo: mangiamo tutti di gusto anche se io mi rifiuto di mangiare la pizza all’ananas avvisando i commensali che un accostamento così in Italia è assolutamente mal visto.

Prima di andare a letto preparo la valigia in quanto domenica pomeriggio devo prendere l’autobus che mi ha prenotato Nicole per raggiungere l’aeroporto di Queenstown per il volo delle 20.30.

Domenica 3 settembre

Dopo colazione, avuta rassicurazione che saremmo rientrati in tempo per poter prendere l’autobus nel pomeriggio, mi unisco alla compagnia per visitare dapprima il luogo in cui il lago Wanaka scarica le sue acque nel Fiume Hawea e poi con una breve passeggiata le rive del “Diamond Lake” e poi con un percorso totalmente attrezzato con scale e passerelle di legno, un punto panoramico ancora sul lago Wanaka.

Rientriamo per mangiare qualcosa, poi io mi riposo un po’: Bruce, la moglie Kate e Phoebe mi salutano perché invitati a pranzo da un parente che risiede a Wanaka, mentre verso le 15.30 arrivano Tim e Nicole per accompagnarmi alla fermata dell’autobus. Saluto così Christian e Brigitte dando loro appuntamento alla Marcialonga di fine gennaio alla quale sono iscritti e Martin e James che ringrazio della compagnia.

Alla fermata dell’autobus saluto Tim e abbraccio Nicole che mi ha risolto un problema che poteva diventare quasi irrisolvibile e alle 16.15 l’autobus parte puntuale in direzione aeroporto.

Arrivo all’aeroporto verso le 17.30 mentre l’aereo parte alle 20.30: avevo il dubbio se alla fine del volo avessi dovuto ritirare il bagaglio oppure se lo avessero trattenuto in aeroporto in attesa del volo dell’indomani. Faccio il check-in automatico e la procedura mi stampa l’etichetta che riporta solo Auckland come destinazione quindi all’arrivo dovrò ritirare la valigia. Mi siedo vicino ad una postazione per la ricarica del telefono, mangio uno snack e attendo con calma. Il viaggio è tranquillo ed arrivo in perfetto orario ad Auckland dove ho prenotato un hotel della stessa catena di quello di Melbourne. Ho prenotato anche il biglietto del bus (Yellow Bus) sul quale salgo appena fuori dall’uscita del Terminal e che mi scarica davanti alla porta dell’Hotel. Dopo qualche difficoltà nel farmi accettare le carte per il pagamento, noto con piacere che la struttura è molto più spaziosa ed attrezzata rispetto a quella di Melbourne (compreso l’ascensore che in Australia non c’era) e saldo in camera finalmente tranquillo. Il volo per Singapore dell’indomani parte alle 14.10 e quindi posso prenderla con assoluta calma.

Lunedì 4 settembre

MI alzo con calma, mi faccio la doccia e scendo per la colazione: non trovo niente da mangiare, mi prendo solo un cappuccino e risalgo in camera per finire di preparare la valigia, nella quale miracolosamente riesco a fare stare tutto, anche gli acquisti fatti in Australia e lo zaino che avevo preso in NZ. Mi resta così spazio nel bagaglio a mano per riporre quanto avrei ancora intenzione di acquistare ad Auckland.

Arrivato in autobus all’aeroporto appena dopo che si era scatenato un temporale, devo aspettare oltre un’ora e mezza perché aprano il check-in che devo fare allo sportello. Trovo da sedere nel reparto arrivi e quando si sta per avvicinare l’ora mi avvicino alla zona del check-in e devo fare almeno mezz’ora di coda: non ho problemi e posso depositare la valigia.

Salgo alla zona partenze internazionali dove trovo, come previsto, il negozio ufficiale degli “All Blacks”: Non è fornitissimo come speravo e purtroppo delle cose migliori che vorrei prendere per la mia nipotina più grande non hanno la misura: prendo così tre berretti, due polo e una t-shirt e poi esco per fare colazione. Mi trovo davanti al KFC (Kentucky Fried Chicken) e visto che sono già oltre metà mattinata decido di pranzare invece che fare colazione con pollo fritto patatine purè e una Coca Cola. Passo il controllo sicurezza e mi accorgo di avere perso un braccialetto regalo di una carissima amica probabilmente mentre toglievo l’orologio per metterlo nelle cassette che vengono controllate ai raggi x. Chiedo ad un addetto se  riesce a controllare la zona di ingresso ma purtroppo non trova niente. Molto dispiaciuto, giro un po’ per l’aeroporto, mi siedo vicino ad una postazione per la ricarica del telefono ed aspetto con calma l’apertura dell’imbarco e scatto una foto all’aereo che mi porterà a Singapore che si vede dalla vetrata.

Una volta seduto in aereo, verificato che dovrò condividere il viaggio con una vecchia signora indiana in vestito tradizionale che non parla una parola di inglese e che per sua fortuna trova accanto a me una ragazza che parla la sua lingua, mi rilasso un po’ non appena l’aereo si muove e mi assopisco un attimo. Mi sveglio poco dopo pensando di essere già in volo invece sono passati quindici minuti e siamo ancora in aeroporto e, anzi, stiamo tornando al gate. Arriva un messaggio dal comandante che avvisa che per un guasto ai freni dovranno intervenire senza dare notizie sul nuovo orario di partenza. Comincio a preoccuparmi perché originariamente il volo doveva arrivare a Singapore alle 21 mentre il volo per Milano doveva partire alle 23.30. Riesco a scaricare un programma che mi permette di seguire l’evoluzione del volo via Whatsapp ma per quasi due ore nessuna novità. Finalmente alle 16.10 l’aereo parte e io controllo continuamente sullo schermo davanti a me l’orario previsto per l’arrivo. Mi tranquillizzo quando vedo che il terminal di arrivo sarà quello di partenza, ma poi mi preoccuperò ancora di più perché sarà cambiato per due volte, e cambiare terminal a Singapore non è impresa da poco. Comunque, dopo avere consumato un pasto caldo, avere visto un film e consultato il telefono dopo dieci, lunghissime ore arriviamo a Singapore. Le operazioni di sbarco sono lunghissime a quando finalmente riesco ad uscire dall’aereo trovo alla fine del corridoio un cartello che indica le coincidenze urgenti, compresa la mia. MI dirigo verso la fermata del treno che collega i terminal, finalmente arriva quello per il terminal 1…scendo di corsa e di corsa, con la gola riarsa per la tensione, mi devo fare tutto il terminal perché il gate di imbarco è l’ultimo in fondo…sono da poco passate le 23.30 quando arrivo al gate e vedo altre persone in fila al controllo di sicurezza…chiedo ad un signore che mi sembra italiano se anche lui sta andando a Milano e alla risposta affermativa mi tranquillizzo. Salgo finalmente in aereo, trovo il mio posto accanto ad un ragazzo che scopro subito essere anche lui italiano. Mi spiega che ci sono stati altri ritardi e che ci dovrebbe essere altra gente in arrivo. L’aereo partirà con 40 minuti di ritardo ma la cosa non mi preoccupa più del dovuto tantopiù che così gli addetti saranno in grado di caricare la mia valigia, come posso verificare sempre con la app di Air Singapore.

Il volo è lunghissimo, 12 ore, e già provato dalle dieci ore di volo precedenti, comincio a soffrire un po’ per lo stare seduto così al lungo: approfitto del fatto che il mio vicino si alza ogni tanto per sgranchirmi le gambe ed andare in bagno, seguo sullo schermo alcune partite in diretta degli UsOpen di tennis, consumo un altro pasto caldo (rinuncerò a quello successivo prendendo solo un po’ di pane e formaggio ed uno yogurt) e controllo i dati del volo. Arriviamo a Milano con un ritardo inferiore a quello della partenza e perdo un po’ di tempo più del previsto a passare i controlli doganali ma in compenso trovo subito la mia valigia sul rullo e posso recarmi all’uscita dove poco dopo arriva la navetta che mi porterà al parcheggio dove recupero molto velocemente la mia auto e posso riprendere il viaggio verso casa.

Si conclude così un viaggio che mi lascerà un ricordo bellissimo per avere vissuto tanti momenti di grande soddisfazione ed emozione, condito quel che basta dagli imprevisti che fanno sempre parte del gioco.

 

 

 

stagione agonistica 2023 – appendiceultima modifica: 2023-09-12T21:11:15+02:00da maxpres8
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