Ciclo Tour 2023

Con un buon allenamento alle spalle, dopo avere compiuto diversi giri di preparazione che hanno compreso distanze e salite ormai tipiche per me in preparazione del mio tradizionale giro per raggiungere la Val di Fiemme, tra le quali un giro di 175 km attraverso la Valcellina, Longarone, Vittorio Veneto per poi fare ritorno a casa e alcune salite di una certa difficoltà, come il Cuel di Forchia da Avasinis e soprattutto la salita al Monte Lussari, che era stata decisiva nell’assegnazione del Giro d’Italia 2023 e la cui preparazione con fondo di cemento aveva suscitato non poche polemiche (una salita nella quale in sette km si superano oltre 900 metri di dislivello) il 23 giugno, dopo avere rispettato gli impegni con il mio coro con una rassegna svoltasi a Spilimbergo il 21, sono pronto a partire.

Ho studiato il percorso in modo da inserire salite che non avevo mai percorso in occasione dei miei giri iniziati nel 2001 e ripetuto tappe che in passato mi avevano dato grosse soddisfazioni.

PRIMA TAPPA, GRADISCA-BORCA DI CADORE, 136 KM, 2864 METRI DI DISLIVELLO IN SALITA

Con la bici pronta da un paio di giorni e le borse che, come al solito, pesano sempre troppo (dovrò decidermi a lasciare a casa qualcosa nelle prossime occasioni) venerdì 23 giugno alle 5.35 inforco la bicicletta, accendo i fanali e faccio partire il mio contachilometri satellitare per registrare l’intera tappa.

Per raggiungere i piedi della prima salita, quella che conduce alla Forcella di Monte Rest, scelgo di percorrere il percorso più diretto, passo quindi per il centro di Spilimbergo, passo per Vacile, Lestans, Usago e poi a Travesio seguo la strada che sale a Toppo esternamente al paese e proseguo poi per la stradina che costeggia la ferrovia. A Toppo mi ri-immetto sulla strada che porta a Meduno dove cominciano i saliscendi, talvolta anche impegnativi, che mi porteranno prima al Lago di Redona e poi a Tramonti di Sotto e a Tramonti di Sopra. La prima salita di un certo impegno parte proprio dal Lago di Redona per raggiungere la località di Tridis: la strada poi prosegue con veloci discese ed altre rampe di un certo impegno. Arrivato nei pressi del Camping della Val Tramontina decido di fermarmi per risolvere un problema fisiologico e quando riparto mi accorgo di avere l’avambraccio completamente coperto di sangue: sono stato evidentemente punto da un insetto perché si forma subito un bozzo abbastanza vistoso: non mi era mai successa una cosa del genere e mi preoccupo un po’. Arrivo comunque a Tramonti di Sopra dove all’inizio della salita, come speravo, provo aperto il bar Sala Prealpi e mi fermo per una seconda colazione. Sono passate due ore e tre quarti dalla partenza e ho percorso 38 km. Parto così per affrontare la prima vera salita della giornata, il Monte Rest. La salita presenta circa 650 metri di dislivello in poco più di 11 km e presenta molti tornanti, tratti più pedalabili e poco dopo la metà un tratto quasi al 10% di pendenza. Nell’ultimo tornante, quasi a picco sulla valle che ho appena risalito, scatto la prima foto della giornata.

Poco dopo un km raggiungo il passo, sono le 9.50 circa e sono in perfetta tabella di marcia.

La strada del Passo Rest mette in comunicazione la vallata Pordenonese con la Carnia e non è sempre facilmente percorribile, però il versante nord, essendo stato percorso nel 2020 dal Giro d’Italia, seppure con strada stretta è in perfette condizioni. Non intendo prendere velocità in discesa e la prendo con calma: Oltretutto la discesa è seguita da un lungo tratto di quattro km in salita per arrivare a Forcella Priuso superando oltre 150 metri di dislivello. Una ripida discesa mi permette di arrivare al bivio di Mediis quando sono le 10.40 circa e quando ho percorso circa 63 km. Da Mediis inizia una salita che attraverso Ampezzo porta alla località di Cima Corso, lunga dieci km nella quale si superano 400 metri di dislivello. La salita sembra non finire mai ma dopo circa un’ora comunque riesco a raggiungere l’obiettivo (segnalato da un cartello che presenta l’indicazione di una doppia altimetria). Una leggera discesa mi porta ad affrontare (a sorpresa) una lunga galleria che ricordavo posizionata più avanti prima di Forni di Sopra. Sono oltre due km in leggera salita e per sicurezza accendo anche i fanali supplementari che ho montato sulla bici. Uscito dalla galleria arrivo nei pressi di Forni di Sotto e attraverso il paese mentre si cominciano a scorgere grossi nuvoloni carichi di pioggia che era stata ampiamente prevista ma che speravo ritardasse un po’.

È quasi mezzogiorno quando comincia a piovere più intensamente e arrivato all’entrata del paese di Forni di Sopra vedo sulla sinistra un cartello che indica l’agriturismo “La Palote”. Non ci penso due volte e scendo subito verso il locale che ha un tendone montato nel cortile dove posso mettere al riparo la bici e posizionare le protezioni impermeabili delle borse.

Entro nel locale e chiedo se è possibile mangiare qualcosa: la gestrice quasi si scusa per la modestia dell’ambiente e mi chiede se una pasta va bene. Naturalmente acconsento ordinando anche una birra e una bottiglia di acqua minerale. Nel frattempo si è scatenato il diluvio e sono sollevato dall’avere evitato una inzuppata e nel contempo di avere risolto il problema del pranzo. La signora è aiutata da un paio di ragazzini che preparano la tavola e mi portano da bere. La pasta si rivela ottima (pomodorini, speck, rucola e ricotta affumicata) e la mangio di gusto. Dopo il caffè chiedo alla signora se posso aspettare che il temporale cessi e lei naturalmente acconsente, offrendomi un altro caffè o un digestivo. Ringrazio ma rinuncio e comincio una simpatica conversazione.

Dopo circa un’ora e tre quarti visto che la pioggia ha calato notevolmente di intensità, ringrazio la signora (che si è informata delle condizioni al passo), indosso le protezioni alle scarpe, un giubbotto impermeabile e un paio di guanti di gomma sopra quelli da bici e riparto con obiettivo la seconda salita importante della giornata, il Passo della Mauria. La salita parte all’uscita di Forni di Sopra, all’altezza della partenza delle funivie del Varmost e delle piste di sci di fondo ed è lunga circa 9 km con 400 metri di dislivello. Ci metto circa un’ora e mezza a percorrerla tutta, fermandomi a scattare una foto al cartello che indica le sorgenti del Tagliamento e soffrendo un po’ per la pioggia che, seppur leggera, continua a scendere costringendomi a tenere l’impermeabile che naturalmente non fa traspirare troppo il sudore. Alle 16 esatte, dopo la foto di rito in vetta comincio la discesa verso Lorenzago di Cadore forse esagerando con la velocità ma rincuorato dal vedere che nella direzione che devo prendere sta schiarendo. Arrivato a Lorenzago trovo la deviazione (tra l’altro ben segnalata) che mi eviterà di percorrere la trafficatissima statale per arrivare a Domegge e a Pieve di Cadore. La strada scende fino al lago di Pieve per circa sette km di cui cinque in discesa e due di salita: attraverso il lago su un ponte affollato di bambini in gita e comincio la lunga risalita verso Domegge dove dovrei trovare la ciclabile delle Dolomiti. Mi tolgo finalmente l’impermeabile e dopo avere percorso qualche centinaio di metri della statale trovo l’indicazione per la ciclabile che devo raggiungere attraverso una ripida rampa in salita. Sono circa le 17.30 e ho percorso quasi 120 km quando inizio a percorrere la ciclabile che porta fino a Cortina che non è sempre in ottime condizioni con tratti rovinati, alcuni tratti sterrati e affollata di persone che portano a spasso i loro cani, cosa che mi costringe spesso a frenare per non attorcigliarmi con i guinzagli. C’è comunque un certo dislivello da superare anche per arrivare alla mia destinazione, circa 150 metri in sedici km, ma il peggio deve ancora venire. L’unico hotel dove avevo trovato disponibilità infatti non si trova nel centro di Borca di Cadore ma in una zona più in alto, e lo raggiungo dopo un altro km e mezzo di salita quasi al 10%.

Quando scendo dalla bici sono passate oltre 13 ore e mezza dalla partenza, undici e un quarto delle quali passate in sella alla bici. Ho percorso 136 km con oltre 2.800 metri di dislivello in salita, posso stare contento. L’albergo è affollato da partecipanti alla “Lavaredo Ultra Trail” una gara di corsa in montagna: questo comporterà la possibilità di fare colazione molto presto il giorno dopo: molto contento di ciò mi godo una buona cena anche se il servizio non è all’altezza di un hotel a quattro stelle.

SECONDA TAPPA: BORCA DI CADORE-TESERO, 108 KM, 2545 M. DI DISLIVELLO

Come già detto approfitto della possibilità di fare colazione molto presto e questa volta trovo un buffet sontuoso, e faccio una bella e abbondante colazione. Purtroppo il vantaggio di avere fatto colazione così presto sfuma in parte con le difficoltà a pagare il conto per problemi all’apparecchiatura POS.

Sono comunque le 7.35, dopo che ho scattato una foto al Monte Pelmo che fa bella mostra di sè, quando indosso un giubbotto leggero e affronto la discesa che mi riporterà sulla ciclabile per Cortina, all’incrocio con la quale faccio il pieno d’acqua alla borraccia. La temperatura è fresca e quindi decido di tenere ancora un po’ il giubbotto che tolgo poi nei pressi di San Vito di Cadore, dove la pista ciclabile presenta alcune rampe in salita. Arrivo così a Dogana Vecchia dove la strada diventa sterrata: provo a proseguire ma dopo circa due km, viste le condizioni dello sterrato con proprio ideali per chi come me ha il peso delle borse dietro, alla prima occasione mi ri-immetto sulla statale, soffrendo per il traffico intenso. Arrivo così a Cortina dove prendo la strada per il Passo Falzarego: ho percorso circa sedici km in un’ora e mezza. La salita comincia subito ripida per raggiungere la partenza degli impianti di risalita poi spiana un po’ e raggiungo la località di Pocol dopo sei km di salita in circa un’ora (il percorso è in comune tra i due passi)  A Pocol trovo il bivio per il Passo Giau dopo avere incontrato per strada alcuni cartelli che segnalano la chiusura al traffico delle auto proprio del Passo Falzarego e dei passi collegati. Se lo avessi saputo prima probabilmente avrei cambiato itinerario, ma ormai avevo deciso di salire al Passo Giau e quindi ho deciso di mantenere il programma. L’inizio del Passo Giau è molto tranquillo, addirittura la prima parte è in discesa o in leggero falsopiano poi però la salita presenta il conto con pendenze mediamente oltre l’otto per cento con tratti superiori al dieci. Salgo comunque con regolarità e soffro per il traffico molto intenso: naturalmente le fatiche del giorno prima si fanno sentire e prima di affrontare le prime ripide rampe mi fermo per mangiare qualcosa di energetico. Le pendenze più accentuate si trovano circa a metà della salita segnalate da un cartello che ricorda la realizzazione della “Muraglia del Giau” nel 18.mo secolo. Ad un certo punto si comincia ad intravedere la fine della salita, che però sembra sempre troppo in alto e scoraggia un po’: in una curva trovo un fotografo che, come già accade in altre salite, scatta una foto ad ognuno che passa per poi metterla in vendita on-line. (La mia la troverò qualche giorno dopo ed è una delle poche che mi ritrae in movimento). Ci metto esattamente tre ore a percorrere l’intero tratto da Cortina al Passo Giau di poco più di 15 km e arrivo in cima quando è quasi mezzogiorno. Il traffico è insopportabile, c’è una coda di macchine e moto che mi costringono a fermarmi, perdo più tempo del dovuto a farmi fare da un altro ciclista la foto sotto il cartello del passo e mi avvio senza perdere altro tempo in discesa verso Selva di Cadore. Ci metto 21 minuti a coprire i dieci km di discesa a volte molto ripida con una trentina di tornanti e per fortuna il traffico è composto quasi esclusivamente da altri ciclisti che affrontano questo versante della salita percorso dal Giro d’Italia 2023. Quando arrivo al bivio per Selva di Cadore mi fermo un attimo per riflettere sul percorso. A quel punto potrei deviare verso Colle Santa Lucia da dove potrei immettermi sulla strada che dal Falzarego scende ad Arabba ed affrontare poi successivamente il Passo Pordoi, con un percorso leggermente meno faticoso.

Decido di mantenere il programma originale e dopo avere raggiunto a fatica il centro di Selva di Cadore raggiungo in discesa Caprile e successivamente Alleghe, dove a fianco della ciclabile in riva al lago trovo un agriturismo dove mi fermo per il pranzo gustando un buon piatto di gnocchi di patate al mirtillo.

La sosta dura circa 45 minuti poi riprendo la strada che in circa 10 km di discesa (con unico ostacolo un gregge di pecore che ha invaso la strada) mi porterà a Cencenighe Agordino, dove inizia la seconda salita di giornata, il Passo San Pellegrino. Sono indeciso se percorrere il primo tratto di salita per viabilità laterale o attraverso una galleria di circa 1 km: preferisco affrontare la galleria accendendo tutti i fanali che ho a disposizione. Quando esco dalla galleria noto subito che il sole comincia a scaldare bene e fino a Canale d’Agordo (paese natale di Papa Luciani) la saluta non da tregua con un tratto che raggiunge il 10%. Dopo che la strada fino all’ingresso in paese ha spianato un po’, comincia un tratto più impegnativo di due km che termina nei pressi di Falcade, dove faccio rifornimento d’acqua in una fontana che non mi dà sicurezza di potabilità.  Ma ho troppo bisogno di bere per preoccuparmi e parto per raggiungere Falcade Alto con un tratto di poco più di un km al 10%. Dopo avere superato un semaforo per lavori e una strettoia prima di raggiungere il tratto più impegnativo della salita trovo un tratto più pedalabile: quando mancano sei kilometri alla cima, in località Ponte della Sega, la strada si impenna con due km superiori al 10% durante i quali si supera il bivio per il Passo Valles e altri due km con tornanti strettissimi e pendenza tra il 15 e il 18%. Salgo pianissimo e mi fermo un paio di volte e in una di queste decido di togliere la parte superiore delle borse dalla bici e di mettermela in spalla approfittando del fatto che è praticamente uno zaino. Non so se l’operazione porti giovamento ma almeno ho la sensazione di fare meno fatica.  Quando si entra in Trentino nei pressi di un laghetto la strada spiana per una cinquantina di metri per poi riprendere a salire con una strada tutta in vista e pendenze minori ma sempre tra l’8 e il 9%. Seguo l’altimetria sul satellitare della bici e mentre so quanta strada mi manca, mi sbaglio sull’altimetria, convinto di trovare il passo a 1984 metri: invece si scollina a 1918 e il fatto di risparmiare questa settantina di metri di dislivello in salita mi rincuora. Arrivato sotto il cartello del passo dopo quattro ore di salita (mio record negativo sul percorso) quando sono le 18.15 dopo 80 km percorsi in 10 ore e 45 minuti (al lordo delle soste) comincio la lunga discesa verso Moena non sempre in ottime condizioni: decido di proseguire per la viabilità ordinaria che mi garantisce un percorso prevalentemente in discesa rispetto alla ciclabile che ha un percorso più ondulato. Quando arrivo alla rotonda subito dopo Predazzo metto fuori il braccio per segnalare che devo (obbligatoriamente) girare a sinistra: un automobilista che invece è diretto verso la galleria vietata alle bici mi suona dietro il clacson e io lo mando a quel paese. Dopo 500 metri e dopo che ha fatto inversione in un tratto dove sarebbe assolutamente vietata si ferma a bordo strada scende minaccioso e mi urla che io al quel paese non devo permettermi di mandarlo…gli urlo dietro altri improperi e continuo per la mia strada. Ormai mancano pochi km alla mia meta e approfitto di una fontana a Panchià per rinfrescarmi. Dopo poco più di due km alle 19.30 arrivo a Tesero dove faccio l’ultimo sforzo per raggiungere dopo 200 metri di salita l’Albergo al Cervo, mia solta meta di questo viaggio, dove vengo accolto dalla titolare Lorenza. Sono passate dodici ore esatte dalla mia partenza da Borca di Cadore e ho percorso 108 km in dieci ore e 18 minuti effettivi di pedalate con oltre 2500 metri di dislivello. Ora avrò occasione di riposare, ne avrò proprio bisogno in vista delle due tappe di ritorno a casa.

TRE GIORNI DI RIPOSO ATTIVO IN VAL DI FIEMME

Nel primo dei tre giorni di “riposo” che trascorro in Val di Fiemme con una camminata tranquilla vado a visitare gli amici dell’Hotel Erica (altro hotel che frequento solitamente nei miei soggiorni in Val di Fiemme) che hanno fatto grossi lavori di ristrutturazione nella hall e nel bar poi prendo un sentiero che percorrevo solitamente ma che nel quale quest’anno trovo una bella novità. Il sentiero infatti porta all’Osservatorio astronomico e sono stati posizionati dei cartelli informativi sul sole e sui suoi pianeti in modo da rispettare in proporzione la distanza effettiva tra un pianeta e l’altro. Nel pomeriggio invece dopo avere riposato un po’ vado a trovare altri due amici che ho a Tesero.

Il secondo giorno, lunedì, aderisco all’invito dell’albergo e con Giuliano, figlio della titolare Lorenza, raggiungo prima con un furgone Vigo di Fassa e poi con la funivia la località di Ciampedie ai piedi del gruppo del Catinaccio. Alcuni componenti del gruppo, tra i quali due anziani signori e quattro inglesi raggiungono il rifugio Stella Alpina a Gardeccia mentre io con Giuliano e altri due signori di Ravenna raggiungo il rifugio Preuss nel quale tutti e quattro pranziamo.

IL ritorno in discesa non crea problemi e alla fine avremo camminato per poco più di 11 km con 400 metri di dislivello in salita.

Il terzo giorno provo a riprendere in mano la bici prima per andare in un negozio specializzato per prendere una boccetta di olio per la catena che si è un po’ “asciugata” con la pioggia del primo giorno e poi nella vicina agenzia viaggi dove incontro l’amica Licia con la quale negli ultimi giorni avevo confermato i dettagli di un viaggio nel febbraio/marzo 2024 per gare di sci di fondo in Finlandia e Svezia. Avuta la conferma che tutto era a posto per il momento mi sono avviato per una ciclabile di recente realizzazione per poi prendere una stradina che non mi ricordavo di avere già percorso che mi fa arrivare all’incrocio per Masi nella statale di fondovalle dove prendo la ciclabile dirigendomi verso Lago di Tesero e Predazzo. La pedalata è tranquilla e vedo che le gambe girano senza fare troppo male e quando torno in albergo dopo trenta kilometri sono soddisfatto.

La pedalata mi ha portato consiglio sul percorso della terza tappa: avevo previsto di fare due salite lunghe (passo Rolle e Monte Grappa) ma vista la fatica che avevo fatto nella tappa del Passo San Pellegrino ho pensato ad un nuovo itinerario per arrivare a Bassano del Grappa dove avevo prenotato l’hotel.

TERZA TAPPA, MERCOLEDI’ 28 GIUGNO, TESERO-BASSANO DEL GRAPPA, 131 KM, 1733 METRI DI DISLIVELLO.

Dopo la solita abbondante colazione e qualche difficoltà nell’agganciare le borse alla bici (che cade colpendomi con la corona sullo stinco provocandomi una ferita che farà fatica a rimarginarsi sporcandomi i calzetti di sangue) saluto Lorenza e alle 8.13, dopo avere fatto rifornimento d’acqua in piazza a Tesero faccio partire il contachilometri dirigendomi per la stessa ciclabile che ho percorso il giorno prima, arrivando all’incrocio di Masi dove prendo la ciclabile in direzione di Cavalese e Molina, dove comincia la strada per la Val di Cembra che costeggia inizialmente il lago artificiale di Stramentizzo.

Conosco bene la strada che presenta un leggero andamento in salita e so che dopo circa 25 km dovrei trovare un bivio per la località di Montesover: lo trovo dopo un’ora e mezza di pedalate e 23,5 km e inizio una salita piuttosto impegnativa di 2,7 km con pendenza media quasi al 10%. Superato il bivio per il Passo Redebus che non ho intenzione di percorrere con una strada in piacevole falsopiano e qualche leggera discesa arrivo sull’altipiano di Pinè dove costeggio i laghi di Piazze e della Serraia. Ad una rotonda non sbaglio di dirigermi verso la Valsugana e con un primo tratto in salita che costeggia grandi coltivazioni di fragole e poi con una lunga discesa raggiungo Montagnaga e poi, a fine discesa, Pergine Valsugana. Riesco a non sbagliare strada anche a Pergine e dopo avere chiesto conferma ad un altro ciclista, trovo la strada (dapprima su ciclabile) verso il lago di Caldonazzo che dovrò costeggiare fino a raggiungere l’inizio della salita più importante della tappa, la Strada del Menador (Kaiserjägerstrasse in tedesco- la strada è stata infatti realizzata dall’esercito austriaco). La strada era stata percorsa nel 2022 dal Giro d’Italia e avevo cercato di percorrerla anche io successivamente trovandola però chiusa per lavori: me ne aveva parlato l’amico Carmine Tomio (guida dei viaggi di sci di fondo dell’agenzia di Tesero) e mi aveva sempre incuriosito.

La strada, scavata in alcuni tratti nella roccia, è lunga 8,25 km con un dislivello complessivo di 778 metri, con una pendenza media del 9,4% con punte dal 12 al 15%. Arrivo ai piedi della salita alle 12.10 e provo a salire senza fermarmi a pranzo, prendendo qualcosa di energetico dalle borse. Le pendenze sono subito impegnative e comincio una specie di gara con alcuni ciclisti tedeschi che la percorrono però con le bici a pedalata assistita. Man mano che ci si alza sulla Valsugana il panorama diventa sempre più spettacolare con una bella vista sui laghi di Caldonazzo e Levico: mi fermo per scattare alcune foto anche se il tempo un po’ nuvoloso non rende giustizia alla bellezza dei luoghi. La strada è complessivamente abbastanza larga, si restringe in corrispondenza di alcune gallerie letteralmente scavate nella roccia: probabilmente i lavori eseguiti nel 2022 hanno allargato un po’ la carreggiata nell’ultima parte. I cartelli che segnalano i km mancanti allo sconfinamento sono piuttosto precisi ed è con grande soddisfazione che dopo un’ora e mezza arrivo al cartello che segna la fine delle fatiche. Scendo per poco più di un km prima di trovare un locale dove decido di fermarmi per mangiare un panino. L’operazione si rivelerà piuttosto laboriosa tanto che potrò ripartire solo dopo 45 minuti affrontando i tre km di leggera salita che mi porteranno dopo altri 150 metri di dislivello ai 1402 metri del Passo Vezzena. Effettivamente questo tratto mi sorprene un po’ e purtroppo mi sorprende anche un vento contrario molto forte che trovo nel primo tratto di discesa sulla strada poco trafficata che mi deve portare ad Asiago, successiva meta intermedia della tappa. Nei successivi 18 km la strada si mantiene in quota con tratti di salita alternati a brevi discese, attraverso Asiago riconoscendo la strada che avevo percorso a fine 2022 per raggiungere le piste di fondo di Campolongo. Soffro ancora per alcuni tratti in salita e finalmente, dopo una deviazione che ricordavo di avere percorso in auto che mi permette di risparmiare due/tre km, in località Gangi comincia la lunga discesa (19 km) con molti tornanti, percorrendo i quali comincio a notare qualche problema ai freni (specie quello anteriore). La prudenza è quindi d’obbligo e arrivo alle porte di Bassano perdendo circa 900 metri di dislivello) dove la strada spiana e devo chiedere al navigatore del telefono di indicarmi la strada per raggiungere l’albergo. Fortunatamente il percorso prevedeva anche il passaggio per il famoso “Ponte degli Alpini” che però non si può percorrere in bici: scendo per scattare un paio di foto e dopo riprendo per vicoli e stradine per immettermi su uno dei viali principali della città dove si trova il mio Hotel (Bonotto Belvedere). Scendo dalla bici dopo 131 km percorsi in otto ore e 34 minuti (al netto di un’ora e quattro minuti di soste).  La gentile addetta alla reception mi dà le istruzioni per depositare la bici nel garage dell’hotel che ha una stanza specifica per il deposito delle biciclette e salgo in camera dove trovo la piacevole sorpresa di trovare accesa l’aria condizionata ad una temperatura accettabile che favorirà un meritato riposo. Sono circa le 18, ho prenotato la cena per le 19.30, ho quindi tutto il tempo di riposare. Dopo la cena, ottima anche perché il ristorante è di un certo livello (e il costo della cena non è compreso nella prenotazione) regolo le ultime pendenze e chiedo alla solerte addetta alla reception un paio di cerotti per la mia ferita allo stinco e vado a dormire presto anche se per seguire la partita della Nazionale Under 21 non mi addormenterò subito.

QUARTA TAPPA, BASSANO DEL GRAPPA-GRADISCA, 127 KM, 946 METRI DI DISLIVELLO

Anche stavolta riesco a fare colazione molto presto (alle sette) e quindi posso partire per la tappa del ritorno a casa per strade che non conosco, almeno nella parte iniziale. Naturalmente ho studiato il percorso ed ho memorizzato alcune località e verificato sul telefono la direzione da prendere, almeno inizialmente. Alle 7.45 circa inforco la bici e mi avvio in direzione del gruppo del Monte Grappa, poi dopo circa un km trovo una deviazione “per tutte le direzioni” e sono confortato subito dopo da una freccia che indica Romano d’Ezzelino, la prima località che avrei dovuto incontrare secondo le previsioni. La strada prosegue in prevalente salita, non dura ma che si fa sentire. Infatti arrivo a Crespano del Grappa dopo 15 km avendo superato 200 metri di dislivello. Ad un bivio mi confondo ed invece di proseguire per il centro del paese proseguo in direzione Montebelluna senza pensare che dovendo attraversare il Piave all’altezza di Alano di Piave dovrei proseguire seguendo le indicazioni per Feltre. Allungo un po’ il percorso poi arrivo in piazza a Crespano dove faccio il pieno d’acqua e dopo una quindicina di km in prevalente discesa ed avere preso la statale della destra Piave seguo le indicazioni per Valdobbiadene e attraverso il Piave sul ponte di cui sopra. Dopo il ponte la strada comincia inesorabilmente a salire prima per raggiungere la località di San Vito poi per entrare a Valdobbiadene dove rischio di sbagliare strada non trovando le indicazioni per Vittorio Veneto. Riprendo la strada affrontando una ripida rampa in uscita da Valdobbiadene e comincio a pedalare in mezzo ai vigneti di Prosecco. Una breve discesa precede una salita di circa tre km che mi porterà nel punto più altro della tappa nei pressi di Combai e dove comincia la discesa verso Follina. Lascio sulla sinistra la salita per Praderadego già affrontata qualche anno fa ed arrivo a Tovena, punto di partenza del Passo San Boldo. Proseguo sempre dritto in direzione di Revine Lago dove spero di trovare aperto una bottega di altri tempi dove ero solito prendermi un panino ma, come avevo già sperimentato precedentemente, lo trovo chiuso, probabilmente definitivamente. Poco dopo trovo le indicazioni per una trattoria e decido di fermarmi ma il titolare, essendo io da solo, mi fa mille difficoltà quindi decido di lasciar perdere e riprendo la bici trovando, dopo alcuni saliscendi, la veloce discesa verso Vittorio Veneto della quale attraverso il centro storico cercando la strada per Cappella Maggiore. Ad un certo punto trovo sulla sinistra una trattoria e decido di entrare: il locale è gestito da cinesi ed è disponibile sia un menù italiano che uno cinese. Io naturalmente scelgo il menù tradizionale: pasta all’amatriciana, un piatto di patate lesse, una birra alla spina, una bottiglia di acqua minerale e un caffè, il tutto a 12 euro con regolare scontrino. Il locale è modesto ma si mangia bene ed abbondante così faccio una bella scorta di energia per il proseguo. Dopo 25 minuti risalgo in bici: sono poco oltre metà strada e sono in bici da 5 ore, pause comprese, in piena tabella di marcia.

Ormai conosco bene la strada, seguo le indicazioni per Cordignano dove trovo le solite giostre per la sagra del paese e dove prendo la direzione di Caneva che segna il mio rientro in Friuli. A Fiaschetti trovo la deviazione per Vigonovo e proseguo dopo avere fatto il pieno d’acqua in un parco con giochi per bambini di recente realizzazione ma tenuto malissimo, con erba alta ed un arbusto a nascondere l’acquedotto che però mi ricordavo bene dov’era. Superate un paio di rotonde prendo un tratto di ciclabile che mi fa arrivare in piazza a Roveredo in Piano dove ricordo che c’è una gelateria. La prendo con calma, prendo una coppetta fragola e melone e mi siedo a gustarmela. Dopo 15 minuti riparto per gli ultimi 30 km del tour: facendo i calcoli dovrei arrivare a casa per le 17: rinuncio a proseguire per Rauscedo/San Giorgio della Richinvelda e preferisco seguire il percorso normale per Vivaro, ponte sul Meduna, Tauriano anche per un fastidio al “soprassella” che ho parzialmente risolto con uno dei cerotti ricevuti dall’addetta dell’hotel. Così dopo poco più di nove ore dalla partenza posso scendere definitivamente dalla bici e riporla in garage, soddisfatto di avere portato a termine ancora una volta questa mia avventura annuale che mi da sempre grosse soddisfazioni anche se, ma anche forse per quello, condite da tanta fatica. Ho superato di 1,5 km i 500 km complessivi e di 88 metri gli ottomila metri di dislivello. Posso stare contento.

 

 

 

Ciclo Tour 2023ultima modifica: 2023-07-03T20:59:53+02:00da maxpres8
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