Ciclo Tour 2022

Ciclotour 2022

Dopo una serie di giri di preparazione, alcuni dei quali sono ormai tradizionali in vista del mio impegno di fine giugno, altri invece nei quali mi sono tolto alcune soddisfazioni con giri piuttosto impegnativi, il 23 giugno sono pronto a partire per il mio giro dolomitico annuale con destinazione Val di Fiemme.

23  giugno, Prima tappa: Gradisca-Feltre, 142 km

Dopo che il lunedì ho fatto controllare la bici dal mio rivenditore di fiducia e dopo che l’amico Alberto mi ha sostituito i dischi dei freni completamente consumati e sistemato la ruota posteriore con la sostituzione di un raggio, dopo avere messo la sveglia alle 5 alle 5.44 sono pronto a partire per la prima tappa di questo tradizionale giro fatto per la prima volta nel 2001.

Ho sempre cercato di variare il percorso delle varie tappe per trovare e provare nuove strade e anche in questa prima tappa ne percorrerò due del tutto inedite. Già alla partenza devo modificare il tragitto per raggiungere il Ponte sul Meduna tra Tauriano e Vivaro in quanto il percorso che avevo programmato per la nuova bretella tra Barbeano e le caserme di Tauriano è chiuso al traffico per la realizzazione di una rotonda.

Mi dirigo quindi verso Provesano in un percorso in leggera discesa che mi permette di scaldare bene le gambe: la bici fa un rumore che da un po’ fastidio che avevo già notato la sera prima provandola con le borse caricate e che immagino provenga da uno dei dischi dei freni appena sostituiti: cerco di non farci caso e proseguo per la strada che attraverso i campi e strade non trafficate mi permette di immettermi dopo circa 10 km sulla strada che precede di poco il ponte sul Meduna che percorro sulla ciclabile a lato.

Il traffico nonostante l’ora è piuttosto intenso ma stando bene a lato della strada non ho problemi e raggiungo il ponte sul Cellina in direzione San Foca-San Quirino in un percorso molto scorrevole e in leggera discesa: poco prima di San Quirino mi fermo per una prima sosta fisiologica curiosamente in un angolo che avevo già utilizzato anni fa per lo stesso motivo. Arrivo quindi alla rotonda della Roiatta chiedendomi ancora come avessi fatto a sbagliare strada qualche anno fa: arrivo a Roveredo in Piano e proseguo senza problemi verso Vigonovo, Ranzano e Fiaschetti superando il punto altimetrico più basso di tutto il percorso.

Entro in Veneto all’altezza di Cordignano dopo avere percorso 50 km in circa due ore e 50 e devio come al solito per Cappella Maggiore per evitare il traffico della statale ed arrivo a Vittorio Veneto.

Potrei evitare l’attraversamento della città attraverso una galleria di nuova costruzione ma mi accorgo all’ultimo momento che il transito è vietato alle biciclette e quindi proseguo per il centro storico: quando lascio la cittadina la strada comincia a salire e comincio così l’avvicinamento alla prima salita del giro, una di quelle che non avevo mai affrontato, la Sella di Fadalto. La salita effettiva è di circa 8,5 km con 320 metri di dislivello: tratti con pendenze impegnative si alternano ad altri più tranquilli: il paesaggio è piuttosto attraente con un paio di laghi che si incontrano sulla sinistra della strada, anche se il panorama è irrimediabilmente devastato dalla presenza dei piloni della sovrastante autostrada. Una valletta che si vede ad un certo punto da l’impressione che la fine della salita sia vicina ma so che non è così: un lungo tratto durante il quale si passa anche l’entrata del casello dell’autostrada precede l’arrivo che è appena fuori da un centro abitato all’altezza di un ristorante. Per fortuna resiste il cartello che segnala la fine della salita che raggiungo dopo 75 km complessivi percorsi in quattro ore e 50 minuti. Una panchina all’ombra è invitante e decido di fermarmi a mangiare una fetta di crostata che mi sono portato dietro.

Riparto e controllo con il telefonino il percorso che devo affrontare perché dopo avere costeggiato in discesa il lago di Santa Croce dovrei trovare una deviazione sulla sinistra nei pressi della località di Cornolade. La trovo anche se è quasi nascosta e comincio così la seconda salita della giornata, quella che porta al piazzale delle località turistica del Nevegal, sopra Belluno. Avevo notato più volte nei miei viaggi verso le località sciistiche che da Ponte nelle Alpi partiva una strada che conduce a quella che era la mia meta: il tratto che comincio ad affrontare, con un inizio in salita anche impegnativa, su strada stretta ma con traffico praticamente assente, mi permette di ricollegarmi alla strada che avevo visto risparmiando km e il disagio del traffico sulla strada statale di Alemagna. Nel frattempo dopo avere utilizzato i freni nel tratto in discesa dopo la Sella il rumore che faceva la bici è sparito, affronto così la salita con più tranquillità.

La salita complessiva sarà di circa 12,5 km con un dislivello di 600 metri. Attraversando piccole borgate e facendo rifornimento d’acqua in una casa privata con l’acquedotto praticamente sulla strada, dopo circa 4 km di salita incrocio la strada che arriva da Ponte nelle Alpi che subito diventa più larga con il traffico che diventa appena più intenso. La strada è caratterizzata da una salita costante e presenta lunghi rettilinei che talvolta sembrano non finire mai, e dopo avere passato la località che ospita le piste di sci di fondo del comprensorio (delle quali non ero a conoscenza) raggiungo la rotonda che segna l’arrivo nella località sciistica del Nevegal dopo un’ora e 35 minuti e poco meno di sette ore dalla partenza di casa, avendo percorso circa 93 km.

Una fontana è troppo invitante e mi fermo per un rifornimento e per mangiare uno dei panini che mi sono portato dietro: controllo sul telefono la direzione che devo prendere per raggiungere la località di Val Morel, punto di arrivo di numerose salite dalla sinistra Piave e chiedo conferma ad un ciclista che sta uscendo proprio dalla strada che sto prendendo io. Gli chiedo anche delle condizioni di un tratto in sterrato che devo affrontare in discesa ed in leggera salita ma mi tranquillizza. Dopo otto km di discesa seguendo la strada ben segnalata che avevo controllato comunque su Street View ed avere ammirato un bellissimo panorama dall’alto, comincio ad avere dei dubbi che la strada che si vede salire sia quella che devo affrontare io e, quando dopo un tratto di salita piuttosto duro comincia un tratto in leggera discesa mi tranquillizzo un po’ ma dopo poco mi devo ricredere: è infatti solo una parentesi di una salita che mi sorprenderà. Alla fine saranno circa 260 metri di dislivello in circa 6 km di strada piuttosto tortuosa e quando arrivo al cartello che segnala la località mi fermo per una foto: un ciclista che ha fatto la mia stessa strada mi fa ok con il pollice alto.

Il programma originale prevedeva di raggiungere la località di San Antonio Tortal incrociando la discesa la strada proveniente dal Passo san Boldo, ma quando arrivo ad un bivio in località Melere vedo che la strada proseguirebbe in salita mentre una che parte sulla destra mi porterebbe comunque a Trichiana e quindi alla fine della discesa non ho dubbi e prendo la strada che va direttamente verso l’incrocio con la statale della sinistra Piave che raggiungo dopo 8 ore e 40 minuti nei quali ho percorso 116 km. Ormai conosco bene la strada, piuttosto trafficata ma che mi permette di arrivare con tranquillità al bivio di Busche nei pressi della diga sul Piave e dopo la rotonda mi dirigo verso Feltre: mi mancano poco più di sette km alla cittadina dei quali i primi sono in salita anche impegnativa amplificata dal disagio per il traffico intenso: quando arrivo in centro devio immediatamente per Pedavena dove, anche se sono le 15.45 circa, ho intenzione di mangiare qualcosa alla locale birreria. Dopo una cotoletta di tacchino con le patatine e due birre riparto più o meno per la strada che ho fatto per arrivare ed arrivo al mio albergo in pieno centro a Feltre dopo un tratto in leggera discesa. A questo punto ho percorso quasi 142 km in nove ore e trenta di pedalate con circa 1.700 metri di dislivello complessivi.

Dopo una meritata doccia ed avere riposato, avendo ancora appetito mi dirigo verso una pizzeria che ho già frequentato dove mangio una pizza molto buona e poi, dopo una deludente granita in una gelateria in piazza, raggiungo la mia stanza per riposare in vista della seconda tappa prevista per l’indomani.

SECONDA TAPPA, 24 GIUGNO 2022, FELTRE-TESERO 90 KM

Avevo programmato la seconda tappa con un kilometraggio ridotto rispetto alla media ma avendo inserito due salite piuttosto impegnative sapevo che l’altimetria avrebbe compensato la distanza.

Così, approfittando del fatto che l’Hotel Doriguzzi di Feltre mi permetteva di fare colazione presto, dopo essermi fatto fare il conto da una operatrice piuttosto indaffarata a sistemare un problema al sistema di allarme dell’albergo, alle 7.34 posso fare partire il contachilometri dopo avere fatto il pieno d’acqua.

Per i primi kilometri devo ripercorrere quelli già effettuati il giorno prima per raggiungere Pedavena e stavolta non sbaglio nell’uscire dal centro della cittadina per raggiungere la rotonda da dove si dirama la strada che in leggera salita porta all’inizio della prima salita, il Passo Croce d’Aune, che inizia un kilometro circa dopo la birreria dove avevo mangiato il giorno prima. La salita è lunga 8,5 km e presenta un dislivello di più di 650 metri e la prima parte è la più dura, con pendenze attorno al 10%. Per fortuna poi la strada spiana un po’ e si presenta con lunghi rettilinei: oltre che a fare fatica sono infastidito da una nuvola di mosche e di tafani, un paio dei quali mi pungono anche. Perdo quindi tempo ed energie a scacciarli poi finalmente il problema si risolve. Dopo poco meno di due ore raggiungo il culmine della salita posto a 1015 metri, metto un giubbotto leggero (fa già caldo) e comincio la discesa verso la statale che porta verso il Primiero e l’inizio della seconda salita, il Passo Rolle. Durante la discesa mi fermo per fare rifornimento d’acqua in un vecchio lavatoio di legno al quale scatto una foto.

Dopo circa 11 km di discesa con alcuni tratti in leggera salita che percorro in circa mezz’ora mi immetto sulla statale del Passo Rolle nei pressi di Ponte Oltra e riesco ad evitare la prima galleria deviando per il paese di Moline. Così purtroppo non posso fare nelle successive gallerie a causa dei cartelli di divieto di accesso delle strade laterali: alcune gallerie sono piuttosto lunghe, così mi fermo ad accendere i fanali per maggiore sicurezza. Proseguo sulla statale fino ad Imer e a Mezzano preferisco prendere la ciclabile che stavo notando da un po’ sulla mia destra. La salita sulla statale sarebbe più continua mentre invece la ciclabile presenta un andamento piuttosto ondulato e alcune rampe di una certa pendenza: sono passate circa quattro ore dalla partenza e ho percorso poco meno di 40 km.

Decido di fermarmi a mangiare un panino che mi era avanzato da giorno prima e quando riparto dopo poco lascio la ciclabile e dopo una serie di deviazioni in mezzo ad un parco mi ri-immetto nella statale a Fiera di Primiero dove trovo un po’ di confusione di turisti ed un po’ di traffico. Ormai mancano un paio di km all’inizio della salita del Passo Rolle che comincia dopo avere passato il bivio per il Passo Cereda. Un lungo rettilineo precede un ponte a Siror dove ufficialmente inizia la salita e mi fermo per un rifornimento d’acqua ad una fontana della quale mi ricordavo la posizione.

Comincio così la lunga ascesa (circa 22 km) che con oltre 1.250 metri di dislivello mi porterà ai 1984 metri del passo.

Il Passo Rolle non presenta grandi pendenze, è piuttosto regolare e presenta dei tratti nei quali si può anche tirare il fiato. Il traffico è sopportabile anche se c’è sempre chi non rispetta i tanti cartelli che chiedono rispetto per i ciclisti chiedendo di rallentare e mantenere una distanza di sicurezza. Il primo obiettivo è raggiungere San Martino di Castrozza che raggiungo dopo circa 12 km percorsi in un’ora e 50 minuti dopo avere percorso un tratto che presenta due soli tornanti quasi in vista del paese. Dopo il centro famoso anche per un Rally automobilistico internazionale la strada comincia a salire con più decisione e si incominciano a trovare i primi tornanti che aiutano ad alleggerire la pedalata. Quando mancano più o meno 5 km alla vetta e mentre mi sto avvicinando ad una caratteristica serie di quattro tornanti consecutivi comincia a cadere qualche goccia di pioggia. Mi fermo subito per mettere la protezione alle borse che ho sul portapacchi posteriore e sul manubrio e provo a proseguire senza vestirmi ulteriormente. Dopo un po’ la pioggia si intensifica e quindi indosso un giubbotto impermeabile leggero: finita la serie di tornanti all’altezza di una malga comincia un tratto praticamente in piano e si vedono da lontano le costruzioni del passo che sono illuminate dal sole: proseguo infatti in un misto di sole e pioggia e quando arrivo sotto il cartello del passo sono appena passate le 15.10: ho percorso la salita in poco più di tre ore e mezza e sono molto soddisfatto di avere rispettato il programma.

Mi metto un giubbotto un po’ più pesante per affrontare la lunga discesa: ho i guanti un po’ bagnati ed avrò qualche fastidio più avanti ma comunque sopportabile. Passo tranquillamente la zona che precede il passo in direzione Predazzo, arrivo al bivio per i Passo Valles a Paneveggio e dopo avere passato il Centro Visitatori posso notare i numerosi cervi che pascolano nel recinto che attrae sempre un notevole numero di turisti. Dopo un tratto quasi in piano che costeggia il Lago di Fortebuso ed il bivio per gli impianti sciistici del Lusia, attraverso Bellamonte e comincio la veloce discesa verso Predazzo: mi mancano una decina di km e l’unica difficoltà è rappresentata dalla leggera salita nel tratto che da Ziano, attraversando Panchià mi porta alla mia meta odierna, Tesero e l’Albergo al Cervo, meta ormai abituale di questi miei giri dolomitici.

Avevo telefonato in precedenza a mio fratello avvisandolo che sarei arrivato intorno alle 16.30 e rispetto in pieno le previsioni: ho percorso 90 km in otto ore e cinque minuti effettivi di pedalate con un dislivello complessivo di quali 2.400 metri.

Vengo accolto dalla titolare Francesca che mi aiuta a trovare una sistemazione alla bici visto che il garage dove la mettevo di solito non è disponibile essendo utilizzato come magazzino per i materiali occorrenti per la ristrutturazione della zona Wellness i cui lavori sono in piena esecuzione.

Ho concluso la prima parte del viaggio con molta soddisfazione e posso prenderla con calma nei prossimi tre giorni prima della terza tappa.

TRE GIORNI DI “RIPOSO ATTIVO” IN VAL DI FIEMME

Il primo giorno lo trascorro camminando: prima mi dirigo verso l’Hotel Erica di Stava dopo essere passato a salutare il mio amico Mario Trettel. La strada è quasi tutta in mezzo al bosco e anche se si superano 200 metri di dislivello è assolutamente rilassante. La visita all’Hotel, oltre che per salutare gli amici Anna e Walter, gestori della struttura, è anche l’occasione per consegnare loro la maglia che, come ormai da tradizione, ho dipinto per uno dei neonati della famiglia, la nipotina Valentina.

Il ritorno a Tesero lo faccio per la strada che porta all’Osservatorio astronomico e poi continuo per una stradina che non ho mai percorso che mi fa tornare in paese attraverso la strada che porta all’agriturismo Santa Libera. Dopo una pizza a mezzogiorno e un sonnellino pomeridiano, riprendo la stessa strada per l’agriturismo per raggiungere la zona commerciale dove al supermercato mi prendo un po’ di frutta. Ritorno in paese attraverso una nuova ciclabile realizzata a fianco della statale e, dopo avere mangiato un po’ della frutta che ho preso, salgo in camera per riposare prima di cena.

Il secondo giorno l’albergo ha organizzato una escursione per raggiungere il Lago di Bocche, che si raggiunge con una salita di 400 metri di dislivello a partire dalla malga omonima. La stessa si raggiunge con una rilassante camminata di circa 4,5 km che parte dalla stazione dell’ovovia del Lusia. Accompagnati da Lorenza, titolare dell’albergo, raggiungiamo il lago con una certa tranquillità per poi tornare alla malga per il pranzo. Dopo la camminata per tornare alla stazione dell’ovovia e il ritorno a valle, in furgone torniamo in albergo dove posso riposare ancora un po’.

Nei giorni precedenti il viaggio era arrivata una comunicazione dalla direzione della Marcialonga di Fiemme e Fassa sulla variazione degli ultimi metri della gara che tradizionalmente termina con la salita detta “della cascata”. Raggiungo così in bici Cavalese (sede di arrivo della gara) e trovo subito l’inizio del nuovo tratto, piuttosto ripido, anche se poi non prendo una deviazione a destra che mi avrebbe permesso di compiere esattamente il tragitto che mi aspetterà l’ultima domenica di gennaio. Dovendo a questo punto raggiungere la ciclabile di fondovalle prendo strade che non ho mai percorso e raggiungo l’inizio della salita della cascata percorrendo anche un tratto sterrato scendendo dalla bici. Percorrendo la ciclabile raggiungo così la sede della Marcialonga presso lo Stadio del salto di Predazzo dove incontro il direttore Davide Stoffie (genero degli amici di Stava) e dove ritiro la maglietta di “finisher” dell’edizione 2022 che non avevo ritirato nell’immediato dopo gara. Dato che poi all’indomani dovrò affrontare la terza tappa del giro in bici, dopo pranzo penso solo a riposare e prima di cena passo a salutare ancora Mario e poi anche l’amico Clerio Bertoluzza e la sua famiglia.

TERZA TAPPA, 28 GIUGNO, TESERO DOBBIACO 129 KM

Avevo già percorso questo itinerario nel 2010 quindi sapevo a quali difficoltà sarei andato incontro: l’unica incognita era data dal meteo, che poi comunque non influirà più del dovuto.

Approfittando del fatto che la signora che si occupa del servizio in sala ha già preparato tutto molto presto, alle 7.15 riesco a fare una delle solite abbondanti colazioni dell’Albergo al Cervo per poi sistemare le ultime cose, prendere la bici, rimontare le borse e pagare il conto. Dopo avere salutato e ringraziato la titolare Lorenza mi avvio per una delle tante fontane di Tesero per fare il pieno alle borracce e alle 8.03 faccio partire il contachilometri.

La temperatura è ideale e il tempo è buono: fino a Ziano percorro la stessa strada dell’andata, poi all’altezza dell’Albergo Montanara devio per un attimo per prendere un nuovo tratto di ciclabile che mi permetterà di attraversare Predazzo e iniziare la strada verso la Val di Fassa con assoluta tranquillità. Dopo essere passato ancora una volta davanti alla sede della Marcialonga e ai trampolini di Predazzo, mi dirigo verso Moena dove lascio la ciclabile proprio nella zona di partenza della Marcialonga dove trovo una certa confusione: trovo tanti podisti che si stanno scaldando e vedo i cartelli che segnalano il “Giro podistico della val di Fassa a tappe”. Raggiungo il centro di Moena e proseguo in direzione Soraga dove prendo un tratto che pare una ciclabile che mi permette di arrivare in centro. Per un po’ proseguo sulla statale e poco prima di Vigo di Fassa provo a girare a destra per riprendere la ciclabile ma imbocco una strada senza uscita e quindi devo tornare indietro. Passata Pozza a Pera di Fassa trovo la ciclabile che mi permetterà di arrivare in centro a Canazei dove da una grande rotonda parte la strada che conduce al primo passo della giornata, il Passo Pordoi. Prima di partire risolvo un problema fisiologico utilizzando un bagno pubblico al quale si accede tramite carta di credito e dopo essermi rifocillato ed avere fatto il pieno d’acqua parto per l’ennesima volta per affrontare la salita. Il primo traguardo da raggiungere è il bivio per i passi Sella e Pordoi: avevo preso nota dalla relazione che avevo fatto su questa tappa del 2010 che avevo raggiunto i 5,5 km che dividono il bivio da Canazei in 51 minuti. Dopo un tratto tutto sommato tranquillo dove si superano 350 metri di dislivello con tanti tornanti e qualche tratto in falsopiano arrivo al bivio in 45 minuti circa e soddisfatto di essere in anticipo proseguo rinfrancato verso i 2239 metri del passo. Il traffico è notevole, tante macchine, tantissime moto ma anche tante biciclette: molti sono coloro che la domenica successiva parteciperanno alla “Maratona dles Dolomites” classica granfondo che raccoglie ogni anno migliaia di appassionati. In particolare incrocio alcuni toscani che incontrerò anche più avanti ed anche una comitiva di spagnoli.

Per coprire i 6 km abbondanti che mi separano dalla vetta ci metto 59 minuti e comincio a notare che il cielo si sta progressivamente annuvolando. Non mi pare di fare tanta fatica a superare i tanti tornanti (alla fine da Canazei saranno 27) che portano in cima, molti dei quali concentrati negli ultimi due km.

Raggiungo così il cartello che segna il Passo alle 12.40 e dopo la foto di rito scattatami da un altro ciclista appena arrivato, dopo avere indossato un giubbotto comincio la discesa di 9 km che mi porterà ad Arabba. Questo è il versante più affascinante della salita e dall’altro di vede praticamente tutta. In sedici minuti arrivo ad Arabba e non perdo tempo, mi tolgo il giubbotto e comincio subito la salita al Passo Campolongo. Sono sorpreso dalla pendenza del primo tratto e nel tentativo di utilizzare la moltiplica più piccola davanti faccio cadere la catena. Cerco di stare attento a non sporcarmi troppo le dita per sistemare il “guaio” e riparto subito, senza avere più problemi tecnici.

Nel famoso giro dei quattro passi (Gardena, Sella, Pordoi, Campolongo) quest’ultimo è senz’altro il meno impegnativo anche perché è l’unico che non supera i 2.000 metri. In quaranta minuti circa supero i 4 kilometri della salita arrivando ai 1848 metri del passo alle 13.46. Dopo la foto di rito e avere risposto alla domanda di un altro ciclista sulla portata del portapacchi della mia bici, mentre sta cominciando a piovigginare mi avvio in discesa verso Corvara che raggiungo dopo 5 km in circa otto minuti. Avevo pensato di fermarmi in una panchina per mangiare uno dei panini che mi ero portato ma preferisco continuare: ha smesso di piovere ma il cielo è ancora minaccioso. La strada è ora in prevalente discesa (lo sarà per circa 24 km) e, memore delle difficoltà di approvvigionamento di acqua nella tappa del 2010, in località Funtanacia mi fermo a fare il pieno alle due borracce.

Poco dopo trovo sulla mia destra una fermata di autobus con tettoia e mi fermo a mangiare il panino e a bere una Coca Cola che mi ero preso sul Passo Campolongo. A questo punto fino al bivio per San Vigilio di Marebbe l’unica difficoltà è rappresentata da una galleria, che supero senza problemi, e da un paio di cantieri stradali in uno dei quali passo col rosso visto che essendo tarati sulla velocità delle auto, prima o poi troverei comunque l’incrocio con altre macchine.

Arrivo così a Longega dopo poco meno di 90 km percorsi in circa sette ore e comincio la salita verso San Vigilio di Marebbe che presenta tratti pedalabili ad altri più impegnativi per circa 3,5 km, dopo dei quali la strada, specie in vista di Pieve di Marebbe, spiana decisamente. Mentre mi avvicino al bivio che mi porterà al Passo Furcia, ultima salita della tappa, ricomincia a piovere e sono costretto a fermarmi al riparo del tetto di una stalla per circa cinque minuti. Poi la pioggia cessa e posso riprendere il viaggio affrontando, dopo il bivio, gli ultimi durissimi km del Passo Furcia, con un inizio superiore al 10% e, dopo un brevissimo tratto che permette di respirare, prosegue con quattro ripidissimi tornanti e un tratto al 9% di pendenza media di circa 3,5 km. Oltre che la fatica della salita devo fare i conti con una vera e propria nuvola di mosche che non mi lasciano in pace infastidendomi parecchio. Vorrei fare rifornimento ad una fontana che era stata la mia salvezza nel 2010 ma probabilmente la incrocio proprio mentre vengo sorpassato da un autotreno per il trasporto di mezzi meccanici che crea un po’ di difficoltà anche al traffico delle auto vista la strada piuttosto stretta. Gli ultimi due km di salita spianano un po’, anche se restano piuttosto impegnativi. Il passo si raggiunge con una ripida rampa dopo un breve tratto di discesa con la strada che passa sotto un cavalcavia. Raggiungo così il cartello che segnala il Passo alle 17.05. A dimostrazione della durezza della salita il tempo che ci ho messo a percorrere i sette km e mezzo da San Viglio, un’ora e 25 minuti.

Indosso l’impermeabile e comincio la discesa proprio mentre comincia ancora a piovigginare e lo tengo fino alla fine della discesa verso Valdaora, dove senza difficoltà riesco a trovare le indicazioni per la ciclabile della Val Pusteria che trovo a Valdaora di Sopra dopo un impegnativo tratto di saliscendi. Purtroppo il tratto di ciclabile che costeggia un lago artificiale oltre che essere sterrato comprende alcune rampe in salita e il fondo bagnato che mi consiglia prudenza visto il peso delle borse. A questo punto si alternano brevi scrosci di pioggia e tratti in cui non piove e perdo tempo a mettere e a togliere il giubbotto. Quando arrivo all’altezza di Monguelfo vedo che la ciclabile continua per un tratto ancora sterrato e preferisco continuare per la strada interna al paese, visto che sulla nuova circonvallazione è vietato il transito alle bici. Supero senza difficoltà il paese nel quale ho soggiornato diverse volte in occasione delle mie partecipazioni alla Gran Fondo della Val Casies di sci di fondo, e devo immettermi ancora per un breve tratto sulla statale, supero il bivio per Braies ed entro a Villabassa dove ignoro alcuni segnali di divieto di accesso. Quando riprendo la statale la percorro per poche centinaia di metri per poi prendere sulla destra la ciclabile che in pochi km mi porterà alla mia meta odierna, l’Hotel Nocker di Dobbiaco.

Ho percorso 129 km, arrivo all’albergo dopo circa 11 ore dalla partenza, delle quali nove e 50 minuti di pedalate, con un dislivello in salita di 2.561 metri. Sono arrivato in perfetto orario per la cena, questa volta ottima e abbondante a differenza dell’anno scorso e posso quindi andare a riposare, anche se preoccupato dalle previsioni del tempo per il giorno dopo.

QUARTA TAPPA, 29 GIUGNO 2022, DOBBIACO-SAPPADA 52 KM

Dopo che la sera prima mi ero messo d’accordo con la figlia della titolare per fare colazione molto presto, quando mi sveglio e controllo il tempo fuori dalla finestra verifico che purtroppo le previsioni negative ci avevano azzeccato: piove infatti abbastanza intensamente e sono indeciso sul da farsi. Faccio comunque colazione e mi fermo in camera un po’ più del solito per vedere se la situazione tenda a migliorare. Dalle previsioni dell’ente provinciale di Bolzano pareva che ci sarebbe stato un progressivo miglioramento e così decido di partire dopo avere indossato tutto quanto di impermeabile mi ero portato dietro: copricasco, pantaloni, giubbotto e parascarpe e naturalmente la protezione per le borse.

Sono da poco passate le 8.30 quando lascio l’albergo e mi dirigo verso la ciclabile in direzione San Candido e la pioggia sembra sopportabile, entro in San Candido e comincio quella che doveva essere la salita più impegnativa della tappa, quella che da San Candido porta al Passo di Monte Croce Comelico. Comincia a piovere un po’ più intensamente ma per il momento la cosa non mi da fastidio anche perché l’impegno in salita compensa un po’ la temperatura piuttosto bassa. Non si nota che la situazione tenda a migliorare, anzi, si sentono in continuazione i tuoni di un temporale. La salita da San Candido verso Sesto in Pusteria non è tanto impegnativa, il fastidio è dato soprattutto dal traffico. Dalla strada posso vedere a lato la ciclabile sterrata che d’inverno viene usata come pista per lo sci di fondo che mi accompagnerà fin quasi a Sesto. Attraverso Sesto e la zona delle piste da discesa e mi dirigo verso Moso dove inizia il tratto più impegnativo di due km con pendenze fino al 9%. Arrivato in corrispondenza di un tornante che costeggia una pista di slittino naturale la strada spiana improvvisamente e prosegue con rampe meno ripide e tratti più tranquilli. Comincio a pensare a come vestirmi per affrontare la lunga discesa verso Santo Stefano di Cadore attraverso il Comelico e per fortuna, nei pressi del passo, che raggiungo dopo circa due ore di pedalate ed avere percorso quasi venti km (con 450 metri di dislivello in salita) Perdo un po’ di tempo a cambiarmi e nonostante tutto scatto un paio di foto all’altezza del cartello che segna il passo.

Dopo avere indossato uno smanicato sotto il giubbotto affronto la discesa con molta tranquillità, perché oltre che con la strada bagnata devo fare i conti con la temperatura che si aggira sui 13/14 gradi. Per fortuna il traffico non è molto intenso e raggiungo la fine del primo tratto della discesa (quello più ripido) di circa 9 km in venti minuti e comincio a patire il freddo tanto che non mi sembra di controllare la bici a causa dei brividi. Comincio così a pensare di cominciare a guardarmi attorno per cercare un albergo dove fermarmi visto che la pioggia non sembra diminuire. Tra l’altro, i parascarpe non fanno il loro dovere e sento che ho i piedi bagnati e freddi. Ho un paio di scarpe di ricambio nelle borse ma decido di tenerle eventualmente per il giorno dopo se decidessi definitivamente di fermarmi. La discesa verso Santo Stefano di Cadore dopo il primo tratto di discesa più ripida presenta un lungo tratto in falsopiano e poi un altro tratto in discesa più tranquilla: comincio a guardarmi in giro per vedere se sulla strada si vedono alberghi ma quando arrivo all’incrocio con la strada che mi porterebbe a Sappada non riesco a notarne. Per arrivare a Sappada devo percorrere circa dieci km in salita di cui alcuni anche impegnativi che cominciano dopo un ponte e una galleria che si trova appena superato il bivio per la val Visdende. Già verso San Pietro di Cadore avevo notato che il Piave presentava una portata inconsueta per il periodo con l’acqua color caffè latte: anche i suoi affluenti scendono piuttosto impetuosi e fa impressione quello che scende fino all’omonimo orrido detto dell’Acquatona, superato il quale le difficoltà sono quasi finite. Sono da poco passate le 12.40 quando affronto le ultime centinaia di metri prima di raggiungere il piazzale della chiesa che sono anche in leggera discesa: comincio a notare alcuni alberghi e quando vedo che è aperto l’Albergo Venezia mi fermo e chiedo se hanno una stanza libera. Per fortuna così è e dopo avere trovato un riparo di fortuna per la bici ed avere messo ad asciugare i giubbotti impermeabili salgo in camera dove posso togliermi l’abbigliamento sia bagnato che madido di sudore visto che il giubbotto impermeabile non ha permesso di farlo traspirare. Il titolare mi aveva proposto di mettere la roba bagnata ad asciugare nella caldaia, ma io, convinto che in stanza si sarebbe tranquillamente asciugata, rinuncio malauguratamente. Dopo una doccia mi cambio e dalla finestra vedo che c’è una pizzeria proprio di fronte all’albergo. Mangio volentieri una buonissima pizza e mi riservo di tornare nel locale per la cena, visto che in albergo non è prevista.

Nel frattempo la pioggia non è cessata, e continuerà fino al tardo pomeriggio. Dopo cena faccio una passeggiata approfittando del tempo nettamente migliorato e dopo essermi informato sull’orario della colazione, raggiungo la mia stanza per riposare in vista della tappa del ritorno a casa.

QUINTA TAPPA, 30 GIUGNO 2022, SAPPADA-GRADISCA, 96 KM

Fatta colazione in perfetto orario e pagato il conto (con un simpatico siparietto con l’addetta che nota che anche le banconote con cui devo pagare -il bancomat non funziona- sono ancora umide) alle otto e 22 minuti parto in direzione di Cima Sappada, unica vera “asperità” della giornata che ricordavo più impegnativa. Copro comunque i quattro kilometri in circa venti minuti e dopo avere indossato un giubbotto leggero comincio la lunga discesa che mi porterà attraverso Forni Avoltri ad avvicinarmi a Rigolato che si raggiunge dopo una leggera salita successiva ad una galleria che permette di saltare la strada di difficile percorribilità che porterebbe alle frazioni di Tors e Givigliana. A Rigolato le strade sono strette e sono costretto a farmi da parte per non farmi investire da un autotreno che blocca anche il traffico delle auto.

Raggiungo così Comeglians e le strade che portano ad Ovaro (famosa perché da lì parte la famosa salita allo Zoncolan) che raggiungo dopo una breve salita. Riesco a mantenere una media piuttosto alta (che mi conferma che in condizioni normali in un’unica tappa sarei arrivato a casa abbondantemente prima di cena) e dopo avere superato Villa Santina ed avere raggiunto Tolmezzo dopo 45 km percorsi in circa due ore, trovo senza difficoltà la strada che superando un ponte sul Tagliamento mi porterà a prendere la direzione del lago di Cavazzo attraverso una lunga serie di saliscendi che non mi mettono in difficoltà. Conosco bene ormai queste strade e supero il lago e dopo un pieno di acqua appena fuori Avasinis mi dirigo verso Peonis, superata la quale raggiungo il monumento ad Ottavio Bottecchia e successivamente il Lago di Cornino dove scatto le ultime due foto della giornata.

Raggiunto l’abitato di Cornino solitamente avrei girato verso San Daniele del Friuli, ma questa deviazione mi avrebbe costretto a tornare a casa attraverso il Ponte di Dignano sul Tagliamento, cosa che volevo accuratamente evitare. Devio quindi per Flagogna e per la strada che porta in località Pontaiba dove dovrei trovare l’amico Valentino al quale avevo promesso che sarei passato per il suo magazzino di bibite. È circa mezzogiorno ma non vedo nessuno quindi proseguo diritto dopo avere avvisato mio fratello che sarei arrivato a casa per l’una e per ora di pranzo.

Dopo 96 km percorsi in una media record (per me) di quasi 22 km all’ora quando mancano pochi minuti all’una sono a casa e posso sistemare la mia bici.

Ho percorso 510 km con oltre 7.800 metri di dislivello, per la prima volta ho dovuto interrompere per cause di forza maggiore una delle quattro tappe previste (col senno di poi avrei potuto fermarmi a Dobbiaco un giorno in più come avevo già fatto un paio di volte) ma comunque sono molto soddisfatto della conclusione del giro e posso cominciare a pensare ad obiettivi impegnativi e, perché no, anche all’itinerario del prossimo anno.

APPENDICE POST GIRO, SALITA AL MONTE ZONCOLAN, 8 luglio

Solitamente alla conclusione del mio giro dolomitico approfitto dell’allenamento per effettuare dei giri che comprendano salite dalle difficoltà fuori dalla norma: nel 2021 avevo affrontato (con la nuova bici presa nel 2020) il versante classico dello Zoncolan, salita ormai diventata sinonimo di impresa impossibile con i suoi 1210 metri di dislivello in 10,5 km, con una parte centrale nella quale in sei chilometri su superano 900 metri di dislivello con una pendenza media del 15%.

Quest’anno avevo deciso, ancora prima di partire per il mio giro di giugno, che avrei provato a salire sullo Zoncolan sul versante per me inedito, quello da Priola, solleticato anche dal fatto che la stessa salita era stata effettuata da una carissima amica nel 2021.

Partito da Tolmezzo nei primi 13 km in direzione nord verso Arta Terme e Paluzza devo fare i conti con un traffico piuttosto intenso e fastidioso, che cala appena dopo Arta Terme. Mi ricordo della posizione del bivio per le località di Noiaris e Priola e lascio finalmente la statale dopo poco più di tre quarti d’ora. La strada comincia a salire ma in modo ancora abbordabile e arrivo in centro a Priola con il dubbio per la strada da seguire, anche se poi la stessa si rivelerà obbligata. Passo a fianco di una chiesetta e le pendenze cominciano a farsi più aspre e dopo qualche centinaio di metri trovo un cartello si strada chiusa per lavori più avanti a 300 metri. Non ho intenzione di tornare indietro e provo a proseguire e dopo un ripido tornante quando è ormai cominciata la salita più dura trovo un pannello di rete metallica che chiude la strada. Scendo dalla bici, ci passo in parte e riparto notando che la strada è molto sporca, soprattutto di ghiaia piuttosto grossa. Mentre la strada si impenna sotto la bici (le pendenze non scendono mai sotto il 12% con punte del 15 e del 16) comincio a sentire il rumore di una macchina operatrice. Mi avvicino piano e vedo che l’operatore mi fa segno di passare: sono sceso dalla bici e faccio qualche decina di metri a piedi, con l’operatore che mi grida di non pensare di tornare giù per la stessa strada al ritorno.

Comincio a misurare la pendenza media tenendo conto dei dati che mi da il contachilometri e vedo che conferma quanto riportato da un sito internet specializzato che offre le altimetrie delle principali salite. Ma la pendenza non è il problema maggiore da affrontare, la strada, almeno fino a quando non trovo le segnalazioni di fine cantiere, è molto rovinata: tratti su sterrato, buche, addirittura una scolina per l’acqua piovana in costruzione che sporge per 15 centimetri costringendomi a scendere dalla bici per proseguire. Anche mantenere l’equilibrio ogni tanto è difficile, con la ruota posteriore che scivola sul ghiaino. Fortunatamente ad un certo punto riesco a passare senza scendere dalla bici a lato della rete metallica che segna la fine del cantiere e posso proseguire un po’ più tranquillamente. Tenendo conto dei chilometri percorsi e dell’altitudine raggiunta credo ad un certo punto di stare per arrivare all’incrocio con la strada che sale da Sutrio con la quale la salita condivide gli ultimi 3 km ed infatti si cominciano ad intravedere alcune strutture della località sciistica dello Zoncolan.

Gli ultimi tre km mi hanno sempre messo in difficoltà da questo versante, e vedendo quanti metri di dislivello si superano in questo ultimo tratto se ne capisce perfettamente la ragione: i metri sono 400 e pare che l’altimetro corra più del contachilometri. Sono preparato stavolta e ci metto tutto l’impegno possibile e vedo il traguardo della cima avvicinarsi sempre di più, anche se molto lentamente. Dopo circa 23 km complessivi e nove km di salita nei quali ho superato 1140 metri di dislivello posso finalmente appoggiare la bici al monumento che segna la vetta e scattare le foto di rito. Alla fine ci ho messo un’ora e quarantacinque minuti circa a percorrere i circa nove kilometri di salita, con una media di poco superiore ai 5 km all’ora: tenuto conto delle pendenze posso stare contento. Tra l’altro, a dimostrazione della durezza degli ultimi tre km, verificherò a fine corsa che avrò migliorato nettamente il tempo di percorrenza rispetto all’ultima occasione in cui li avevo percorsi, visto che tra l’altro quella volta mi ero fermato un paio di volte a tirare fiato.

Fa piuttosto fresco ai 1730 metri del passo quindi indosso uno smanicato ed un giubbotto leggero e mi avvio per la ripidissima discesa che dopo 10,5 km mi porterà in centro ad Ovaro, prestando la massima attenzione a non prendere troppa velocità per prendere in sicurezza gli strettissimi tornanti.

Arrivo ad Ovaro che è quasi ora di pranzo e proseguo inizialmente per la statale verso Villa Santina e poi arrivato all’incrocio per Muina devio sulla destra e prendo la strada per Raveo, che inizialmente presenta un tratto in divertente discesa e seguita poi, poco prima del paese, da una salita a tratti anche impegnativa. Arrivo a Villa Santina e decido di fermarmi in un locale che conosco per il pranzo.

Quando riparto seguo un po’ di strade secondarie parallele alla statale e poi trovo la deviazione per una ciclabile tutto sommato ben tenuta e divertente: sbaglierò strada solo  nei pressi di Tolmezzo effettuando un giro supplementare sullo sterrato. Riesco comunque a tornare sulla statale e ripercorrendo per un km la strada fatta all’andata raggiungo il parcheggio e posso scendere dalla bici, soddisfatto di avercela fatta anche stavolta piuttosto dignitosamente.

Ciclo Tour 2022ultima modifica: 2022-07-08T23:19:05+02:00da maxpres8
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