stagione sci 2011

STAGIONE AGONISTICA 2011 – SCI DI FONDO

 

 

La mia stagione agonistica di sci di fondo, a parte gli allenamenti “a secco” (corsa, camminate in montagna, lunghe sedute di “nordic Walking”) comincia ufficialmente a fine novembre quando l’agenzia UVET di Milano mi conferma ufficialmente che è riuscita a prenotare un pettorale, il viaggio e l’albergo per la “BirkebeinerRennet” del 19 marzo 2011 la gara norvegese del circuito “wordloppet” , seconda solo alla mitica “vasaloppet” come gran fondo più antica del mondo.

 

Era una notizia che aspettavo da tempo, già l’anno scorso con un gruppo di appassionati trentini tra i quali l’amico Lorenzo Ravidà ci avevamo provato, ma l’iniziativa era partita quando le iscrizioni erano già chiuse: quest’anno siamo partiti in anticipo e tutto è andato bene. Ci costerà un occhio della testa per quattro giorni: partenza da Verona e arrivo a Oslo via Monaco e trasferimento in pulmino fino a Lillehammer dove termina la gara, nello stesso stadio dove avevo potuto sciare nel 1996 per i campionati europei dei bancari e dove nel 1994 la staffetta italiana aveva battuto la Norvegia in una gara memorabile alle olimpiadi.

 

La stagione sugli sci comincia a Obertilliach, in Austria, dove nel primo week end di dicembre sono già aperte le piste: una precoce nevicata in ottobre aveva fatto ben sperare per la stagione anche in Italia, ma poi pioggia e caldo avevano vanificato il tutto. Non sono battute tutte le piste nel centro austriaco, ma per riprendere confidenza con gli sci quello che è battuto è sufficiente: dopo circa un’ora e mezza di alternato provo i nuovi sci da skating ritirati proprio in settimana: il collaudo è buono, anche se il collaudatore non è ancora in forma.

 

La settimana dopo utilizzo le mie solite ferie di dicembre per una lunga permanenza in Val di Fiemme, caratterizzata nelle prime giornate da un gran vento e maltempo: il primo giorno scio a passo lavazè praticamente sotto la pioggia, compiendo un giro della pista di malga Ora che non ho mai trovato in condizioni così pessime. Il giorno dopo provo a salire al Passo San Pellegrino ma una vera e propria tempesta di neve mi scoraggia, e vedo che non sono il solo a lasciar perdere…riesco comunque a sciare nella tarda mattinata a passo lavazè. Il terzo giorno il tempo migliora ma non cala il vento: riprovo a raggiungere Passo San Pellegrino, ma il vento è fortissimo…scendo dal passo verso Falcade e provo ad andare in Val Gares, sulle piste del paese natale di papa Lucani, ma quando arrivo il gestore mi dice che le piste sono chiuse per il vento. Torno mestamente verso Tesero quando è già quasi ora di pranzo, perdendo un sacco di tempo, ma riesco a sciare nel pomeriggio a lavazè e rimango molto soddisfatto. Nei successivi due giorni riesco a sciare bene, raggiungo per la prima volta i trenta kilometri in una giornata, facendo due volte e mezza l’anello di Malga Varena, visto che a metà del primo rompo un bastoncino. Nel corso del viaggio di ritorno verso casa dopo un ennesimo infruttuoso tentativo a San pellegrino, scio un paio d’ore in Val Gares dove in pista ci siamo solo io Magda Genuin, nazionale e recente vincitrice di una gara di coppa del mondo.

 

Nei week end successivi riesco a sciare per due volte a Tarvisio, nell’anello alto di malga Saisera, in condizioni abbastanza buone: nella seconda occasione, il giorno di santo Stefano arrivo ancora vicino ai 30 km, pur dovendo compiere quattro volte lo stesso anello. Situazione ben diversa dal week end successivo quando torno a Obertilliach e faccio 35 km senza passare mai per lo stesso posto. Per l’ultimo allenamento sugli sci salgo a Cortina, dove quando arrivo trovo una pioggia che ghiaccia appena arriva al suolo: il parcheggio è una lastra di vetro e così le piste, battute evidentemente la sera prima: a fatica raggiungo il passo di Cimabanche dove comincia il territorio di Dobbiaco dove la differenza di battitura delle piste è evidente…sono passati alla mattina, e si vede…alla fine riesco a fare ancora quasi trenta kilometri, posso affrontare con fiducia il primo week end di gare, dopo che ho rinunciato a partecipare alla Comelgo-Loppet a Padola di Comelico per la concomitanza (il 6 gennaio) con un tradizionale ritrovo di coristi in montagna con la salita al monte Cuar (Forgaria)

 

PUSTERTALER SKI MARATHON 15 e 16 gennaio 2011

 

La solita, lunga attesa per le previsioni del tempo in vista delle due gare in programma, la prima in skating da Dobbiaco a Braies per circa 30 KM , la seconda in tecnica classica per circa 40 km da Dobbiaco a Sesto in Pusteria, comincia con non poche preoccupazioni, soprattutto per la gara della domenica. Le previsioni mettono temperature molto alte per il periodo e grazie anche ad un paio di telefonate e SMS con l’amico Mario Didomenicantonio devo cominciare a prendere in considerazione l’ipotesi di preparare gli sci usando le scioline di tenuta “liquide” (klister) piuttosto che quelle solide (stick). La preparazione degli sci con le scioline klister (in tubetto) sono complicate dal fatto che è molto più facile sporcarsi con il materiale appiccicaticcio che le compongono e non ho una grande esperienza nel loro utilizzo, dato che le ho usate molto raramente. Comunque nel viaggio di andata verso Dobbiaco dove ho prenotato l’albergo mi fermo sopra Cortina nel negozio Morotto dove faccio scorta.

 

Alle dieci in punto del 15 gennaio prende il via la prima gara, quella in skating: prima della partenza ho la possibilità di salutare l’amico Mario e la moglie. La scarsità di neve ha impedito agli organizzatori di utilizzare a pieno la grande piana dell’aereoporto di Dobbiaco dove solitamente partono le gare in direzione San Candido: questo fa si che il gruppo che di solito ha tempo di sgranarsi prima di affrontare la prima difficoltà (un sottopassaggio in discesa dove si fa inversione di marcia ritornando verso Dobbiaco) questa volta la affronta con il gruppo compatto, e qualcuno comincia a spintonare come al solito. Tutto si risolve per il meglio e in relativa tranquillità la fila si allunga fino a raggiungere lo stadio del fondo di Dobbiaco per prendere la pista in direzione Cortina. Superato il lago ed il cimitero di guerra, la gara torna indietro sull’altra sponda del lago prendendo la direzione di Villabassa. Mi sento bene e non ho particolari problemi con gli sci e proseguo abbastanza speditamente cominciando una serie di sfide con alcuni concorrenti che raggiungo in salita e che mi riprendono in discesa…Dopo il bivio per Villabassa la pista comprende una serie di saliscendi con ripide discese: in una di queste ( posta subito dopo un rifornimento dove mi faccio aiutare da un addetto a tirare fuori dalla tasca posteriore un blister di integratori), nell’affrontare una curva in contropendenza perdo il controllo dello sci destro e praticamente apro le gambe in una spaccata quasi a 180 gradi, finendo in piena velocità (misurata con il GPS in 35 km all’ora) contro un mucchio di neve ghiacciata posto a lato della pista. Mentre sto cadendo penso che, vista la dinamica della caduta, mi farò molto male… Invece riesco a rialzarmi subito e a ripartire senza praticamente conseguenze: ho evidentemente e per fortuna ancora abbastanza elasticità nei muscoli delle gambe.

Poco prima di Monguelfo la pista gira a sinistra verso la Valle di Braies dove, già come l’anno scorso, segue un nuovo tratto di pista ciclabile…al ritorno verso la provinciale che in un primo momento si costeggia sulla destra, la si attraversa e si torna indietro per un breve tratto per poi cominciare la salita verso la località Schmieden-Ferrara. Dopo una lunga salita nell’affrontare una curva in leggera discesa perdo l’equilibrio e cado un’altra volta…qui ho la possibilità di collaudare i nuovi bastoncini che ho acquistato presso il negozio del campione olimpico Franco Nones a Castello di Fiemme (lo stesso Nones mi ha consigliato la lunghezza sulle quale ero indeciso). I bastoncini hanno lo sgancio automatico del laccetto che lega la mano all’impugnatura e basta una leggera pressione di un pulsante sul manico a sganciarli e riagganciarli. Al momento di questo piccolo secondo incidente manca ancora un breve tratto di salita e la discesa verso il traguardo che inizia verso l’ultimo km di gara, che presenta un passaggio piuttosto pericoloso (una ripida anche se breve discesa a “s”) che mette in difficoltà una concorrente molto incerta sul da farsi. Nelle ultime centinaia di metri non spingo oltre il dovuto ed arrivo al traguardo in due ore e 11 minuti (397.mo su 447 concorrenti maschi). Dopo il pranzo che consumo durante la premiazione dei primi (tra i quali i campioni olimpici Christiam Zorzi e Pietro Piller Cottrer) riesco a prendere al volo l’autobus che mi riporta subito a Dobbiaco. Prima di salire in camera per il meritato riposo, verificati anche i consigli dell’organizzazione sulla sciolinatura della gara della domenica, preparo gli sci utilizzando per la prima volta per “tirare” le scioline un piccolo ferro da stiro collegato ad una presa a 12 V che la mia auto (che lascio prudenzialmente accesa) ha nel portabagagli.

 

Domenica 16 febbraio alle ore 10 parte la gara in tecnica classica che porterà i concorrenti verso Sesto in Pusteria dopo circa 40 km ed un ultima impegnativa salita che porta quasi fino in val Fiscalina per tornare poi verso il traguardo di Sesto. La temperatura alla partenza è di qualche grado sotto lo zero e così do un’ultima passata di sciolina di tenuta “solida” più adatta alle basse temperature e che mi permetterà di evitare che quella “liquida” si ghiacci a contatto con la neve al di sotto dello zero perdendo quasi del tutto la sua funzione. Dopo il solito saluto all’amico Mario e il solito ingorgo subito dopo la partenza, la gara ripete per i primi 14 km il percorso dei giorno prima, per poi deviare sulle piste agonistiche e ritornare allo stadio di Dobbiaco dove si percorre il tratto ricavato sul tetto della nuova costruzione inaugurata nel 2010 sede delle attività sportive. La scelta delle scioline si rivela indovinata, non ho problemi di tenuta in salita e sono anche abbastanza scorrevole (il compromesso è sempre difficile da trovare) e il tratto di pista che da Dobbiaco porta verso San Candido (posto sempre all’ombra) aiuta in questo senso. Dopo un ristoro nei pressi dell’arrivo delle piste di discesa che arrivano proprio fino in paese a San Candido, si attraversano le stesse in impegnativa salita per poi attraversare la statale che porta al Passo Monte Croce Comelico dopo una ripidissima discesa. Qui comincia un lungo tratto nel bosco che costeggia la provinciale che non presenta particolari difficoltà anche se in leggera salita: subito dopo una impegnativa discesa in curva (dal fondo ghiacciato) comincia il tratto che mi preoccupa più per la tenuta degli sci che per la pendenza della salita, dato che è anche in pieno sole. A differenza di altri concorrenti però vedo che riesco a salire con una discreta facilità, e non ho problemi con gli sci che riesco a tenere dentro i binari, facendo così molta meno fatica. Forte dell’esperienza dell’anno scorso, mi sono premunito assumendo una busta di integratori prima della salita e in vista dell’altra che comincerà da lì a poco, ancora più lunga e faticosa.

La salita che comincia nei pressi di Bagni di Moso è in pieno sole e la neve si sta trasformando in poltiglia…non c’è più quasi traccia di binario e non si vede mai la fine. Qui comincio una piccola “lotta” con alcuni concorrenti che supero e dai quali vengo superato in continuazione: almeno ciò rompe la monotonia della lunghissima salita. Quando finalmente comincia la discesa, subito impegnativa, mi faccio sorprendere dall’ultima curva nella quale scivolo sul fianco sinistro, procurandomi una escoriazione alla coscia che mi darà fastidio per qualche giorno. Le difficoltà sono praticamente finite a quel punto: una lunga discesa porta fino a Sesto, inframezzata da un breve tratto in salita leggera a 1 km dal traguardo, che taglio dopo tre ore e 21 min. circa (20 minuti meno dell’anno scorso) 453.mo su 536 concorrenti maschi.

Quando comincio la fila per il pranzo mi accorgo di avere davanti l’amico Piero Toni di Bologna assieme alla moglie, con i quali avevo condiviso l’esperienza a Lillehammer nel 1996 e che successivamente (nel 1999) mi aveva anche regalato un paio di sci che uso ancora oggi. Pranziamo insieme e lui che il giorno prima ha vinto la sua categoria (over 70) riceve il premio anche per la combinata tra le due gare. Piero si offre anche di riaccompagnarmi in albergo (lui ha una casa a Lienz, poche decine di km oltre il confine) e accetto volentieri, evitando la solita ressa per trovare un posto in autobus.

 

 

 

Si conclude così positivamente il week end di gare, al quale aggiungo come al solito una sciata “di defaticamento” che faccio il giorno dopo nella vicina Valle di Casies: purtroppo le condizioni della neve non sono ottimali, c’è ghiaccio in molte parti e devo percorrere alcuni tratti (specie in discesa) a piedi per evitare sorprese. Sono arrabbiato un po’ perché comunque mi hanno fato pagare il biglietto, ma quando poi vedo che gli addetti stanno portando neve sulla pista con i trattori penso che in fondo si meritino un contributo. Sono comunque altri 23 km da aggiungere a quelli già fatti in preparazione delle gare più importanti della stagione.

 

 

DOLOMITENLAUF classic race– sabato 22 gennaio – Obertilliach Austria tecnica classica

 

Quando parto da casa per partecipare per la sesta volta alla Dolomitenlauf, gara di 42 km che si svolge ad Obertilliach, località che si raggiunge attraverso la strada dell Lesachtal che comincia a Mauthen, proprio sotto il passo Monte Croce Carnico, mi impegno a ricordarmi soprattutto due cose: di indossare il rilevatore GPS che mi tiene distanza e tempo di percorso e di mettere nelle tasche alcune buste di integratori. Nell’edizione dello scorso anno me ne ero completamente dimenticato (soprattutto degli integratori) e ne avevo pagato le conseguenze, arrivando praticamente sulle ginocchia, facendo una fatica che non sarei riuscito a recuperare in tempo per la Marcialonga.

 

Sono abbastanza tranquillo sulla preparazione degli sci, che infatti nell’ultimo breve collaudo prima della partenza mi tranquillizzano. La partenza è un po’ caotica ma nella prima salita recupero molte posizioni, ma nella successiva discesa non riesco ad evitare un concorrente che davanti a me frena un po’ troppo così cadiamo ambedue e dato che siamo appena partiti e che in concorrenti iscritti sono circa 1.000( oltre alla gara sui 42 km, ce n’è anche una sui 20) , ci metteremo un po’ di tempo per rialzarci e ripartire tra sciatori che sfrecciano da tutte le parti. Non mi preoccupo più del dovuto e comincio a recuperare posizioni anche quando la gara affronta il suo tratto più caratteristico, una lunga serie di tornanti seguiti da lunghi e ondulati rettilinei, da ripetere due volte. Il tratto che preferisco si trova nella parte intermedia della gara, dopo il giro di boa in direzione della località di Maria Luggau: un lungo tratto in leggera salita che dopo avere oltrepassato la zona di partenza si dirige verso la località di kartisch, per fare poi ritorno verso la zona dei tornanti, da ripetere per poi avvicinarsi all’arrivo. Man mano che vado avanti con la gara, mi accorgo che sto andando molto meglio delle ultime edizioni, e rinfrancato via via dalla mia buona prova, alterno come al solito recuperi in salita su concorrenti che in discesa sono un po’ più veloci di me, l’ultimo dei quali scoprirò poi, dalla tuta, di essere di Pordenone. Termino la gara in tre ore e 23 minuti, 479.mo su 692 concorrenti arrivati (più di mezz’ora in meno rispetto al 2010 sullo stesso percorso). Alla Dolomitenlauf vado sempre meglio che nelle gare italiane, nonostante veda la partecipazione di concorrenti provenienti dal tantissime nazioni straniere (la gara fa parte del circuito Worldoppet, come la marcialonga, la vasaloppet e la birkebeineren rennet)..evidentemente il livello medio è più basso di quello delle gare italiane, ma a me va bene così: se vado bene alla Dolomitenlauf le prospettive sono buone per la Marcialonga: la verifica ci sarà fra otto giorni…

 

MARCIALONGA DI FIEMME E FASSA – 70 km – 30 gennaio 2011

 

Arrivo così all’appuntamento che sto aspettando da un anno, da quando ho tagliato il traguardo di viale Mendini a Cavalese per l’undicesima volta nel 2010. Il pensiero sempre da subito va alla edizione dell’anno successivo ed ora il momento tanto atteso è arrivato.

E’ nevicato poco nelle valli di Fiemme e Fassa, naturalmente un po’ di più in val di Fassa che è più in alto…caldo pioggia e temperature alte hanno messo a dura prova la pista, che è stata preparata per la sua totalità con neve programmata…un grande sforzo degli organizzatori, che quest’anno sono stati premiati da 7.200 iscrizioni, 700 in più delle 6.500 inizialmente poste come limite massimo. Il grosso del gruppo è rappresentato da stranieri (2.700 norvegesi- 1200 svedesi) ed infatti in giro si sentono parlare solo lingue incomprensibili.

 

Le condizioni della pista già da subito consigliano anche alla marcialonga (che si corre in tecnica classica) la preparazione con scioline liquide, per cui già a casa preparo le mie due paia di sci da alternato con questo tipo di materiale. Ho già in mente comunque di terminare la preparazione con alcuni strati di sciolina solida, visto che sono convinto, grazie anche alle temperature di 4/5 gradi sotto lo zero previste alla partenza ed il gran numero di partecipanti che “macineranno” la neve ghiacciata nei binari, che non ci dovrebbero essere particolari problemi di tenuta nella parte iniziale, in salita da Moena a Canazei.

Già al ritiro del pettorale ho una impressione positiva: nonostante l’alto numero di iscritti infatti non perdo tantissimo tempo a farmi consegnare il pacco gara e resto al centro congressi di Cavalese il minimo indispensabile, anche perché non ho bisogno di niente di quello che viene messo in vendita, mi sono abbondantemente preparato.

Approfitto del tempo che ho a disposizione prima di prendere possesso della mia camera d’albergo per consegnare alcuni vasi di miele che ho promesso all’amico Mario Trettel, papà del direttore generale della Marcialonga.

Alla sera vado a vedere il film “Il discorso del re” candidato a numerosi Oscar e quando torno trovo ancora Lorenza, la titolare dell’albergo ed il figlio Giuliano, ottimo fondista, ancora in attesa di alcuni dei norvegesi che hanno prenotato per la cena e che hanno smarrito i bagagli all’aeroporto di Monaco.

Il sabato mattina lo riservo alla prova della tenuta degli sci sul tratto di pista da Ziano a Predazzo e ritorno: come al solito la pista che trovo la mattina (il tempo è nuvoloso) è molto diversa da quella che troverò la domenica proprio in quel punto, ma l’importante è sgranchire le articolazioni e preparare i muscoli allo sforzo del giorno dopo. A Ziano incontro ancora una volta l’amico Mario Didomenicantonio con la moglie che mi parlano di pista ghiacciata in val di Fassa, soprattutto nelle discese: la cosa mi preoccupa un po’ ma resto fiducioso che tutto vada per il verso giusto.

Appuntamento obbligatorio nel week end è la minimarcialonga, con lo spettacolo offerto da 500 bambini tra i 6 (o forse meno) ai 12 anni. Dopo una breve visita all’Hotel Erica di Stava, gestito dalla sorella della titolare dell’albergo al Cervo di Tesero dove sono alloggiato, mi reco ad un appuntamento a Moena con alcuni membri del gruppo di appassionati appartenenti al forum del sito SKINORDIC, durante il quale oltre che a ritrovare alcuni amici conosciuti l’anno prima (Alberto Salogni e Alessandro Perin) ritrovo dopo cinque anni il bergamasco Oliviero Valoti, con il quale avevo partecipato alla Vasaloppet del 2006 con il viaggio organizzato da Terramia.

 

Dopo una cena abbondante e un saluto agli amici norvegesi che come da tradizione alloggiano nello stesso mio albergo, vado a dormire, riposando bene senza più quelle crisi di insonnia che mi prendevano i primi anni: mi sveglio alle 5.30 e dopo avere preparato i piedi con cerotti e fasce vado a fare colazione, che faccio un po’ più abbondante del solito.

Alle sette in punto l’autobus che ho preso in piazza parte per Moena: anche quest’anno per motivi televisivi la partenza è stata posticipata di 15 minuti per cui la mia partenza è prevista per le ore 8.50. Riesco a trovare posto a sedere nel grande capannone predisposto per i partecipanti e sto tranquillo fino a subito dopo la partenza degli atleti d’elite, quelli che gareggiano per la vittoria. Comincio a prepararmi con calma stando attento alla calzata delle scarpe che l’anno prima mi avevano creato problemi, che ho risolto quest’anno con una piccola modifica fatta fare dal mio calzolaio di fiducia.

Lo speaker raccomanda di presentarsi nei box di partenza (recinti che contengono 500 concorrenti) prima delle 8.30, così mi muovo in anticipo, anche se nel mettere lo zaino con i ricambi nel sacco predisposto dall’organizzazione quest’ultimo si rompe: un gentilissimo addetto appena fuori dal capannone me lo sistemerà aggiungendoci un altro sacco e mezzo rotolo di scotch: lo ritroverò così intatto dopo l’arrivo.

A differenza del solito le partenze avvengono con un leggero ritardo, così quando aggancio gli sci e passo davanti al sensore posto sulla linea di partenza sono le 9.06. La pista sembra subito in buone condizioni, gli sci tengono bene in salita e il primo tratto non crea problemi, anche quello che passa nella parte alta di Moena con solo neve riportata. La prima difficoltà, passata Moena, è una lunga discesa prima di entrare a Sorga che termina con una “esse” molto secca ed un sottopassaggio: ho abbastanza spazio davanti e dietro a me per affrontarla con sicurezza, ma vengo superato da uno dei soliti incoscienti che credono di guadagnare chissà quanto tempo sorpassando a più non posso. Arriva troppo veloce alla esse e naturalmente cade: io gli passo con gli sci sopra un bastoncino ma proseguo indenne, per fortuna…la prima difficoltà è passata. Da qui in avanti, eccettuata qualche rampa in salita, tra le quali una molto lunga per arrivare a Vigo di Fassa, e fino al giro di boa di Canazei le difficoltà sono minime, riesco a spingere bene e non ho difficoltà nel trovare lo spazio per superare i concorrenti più lenti di me. Controllo con il mio navigatore GPS da polso tempi e distanze e vedo che sono in perfetta tabella di marcia per arrivare al mio record sulla distanza che è del 2009. Arrivo al Canazei dopo circa un’ora e 50 minuti e dopo avere percorso i primi 18 kilometri. La mia attenzione si sposta ora sul prossimo obiettivo da passare indenne, una pericolosissima discesa in curva nei pressi di Mazzin: gli addetti fanno rallentare i concorrenti per evitare che qualcuno vada a finire contro quelli che inevitabilmente cadono, io cerco di scendere con prudenza ma un concorrente si ferma pochi metri davanti a me e non posso non centrarlo con la spalla destra. Naturalmente ambedue cadiamo a terra (io do una bella botta con il sedere) ma io riesco a rialzarmi subito e a finire in qualche modo la discesa…sento qualche imprecazione dietro di me ma una volta tanto faccio finta di niente e proseguo.

La gara prosegue veloce, primi trenta km li percorro in 2 ore e 49 minuti e mi avvicino ad un altro punto critico: la lunga salita e la veloce discesa a Soraga: in fila indiana quasi ordinata (c’è sempre qualcuno che vuole passare dove non c’è spazio) si arriva al culmine della salita e ci si immette nella discesa che porta al centro del paese…io mi faccio sorprendere da una gobba e scivolo sul fianco…mi rialzo quasi subito e proseguo un po’ seccato per la mia “pirlaggine”

I successivi km sono piuttosto ondulati ed abbastanza veloci e terminano con l’ultima vera difficoltà tecnica della gara, una lunga discesa verso il centro del Moena, con larghe curve a stretti vicoli da passare con una pista abbastanza malridotta dal grande numero di passaggi di concorrenti che sono naturalmente costretti a frenare con tutte le loro forze. Così naturalmente faccio anch’io ed arrivo “incolume” al centro del paese dove è posto il cartello dei 35 km all’arrivo…sono a metà gara e ci ho messo tre ore e 15 minuti.

Dopo il ristoro di Moena dove come a Pozza di Fassa riesco a mangiare un mezzo panino, comincia un lungo tratto il falsopiano che porta al traguardo intermedio di Predazzo (arrivo della gara “light” sui 45 km): non riesco a spingere tanto di braccia e la media ne risente un po’…la neve sta cominciando a scaldarsi e l’effetto lo noterò soprattutto nel lungo rettilineo che costeggia la provinciale prima dell’ingresso in centro a Predazzo, dove i binari sono praticamente scomparsi e la neve è già poltiglia. Superato il ristoro di Predazzo e la deviazione che porta per la prima volta i concorrenti a passare per il cortile della caserma della Guardia di Finanza, mi dirigo verso Ziano e la neve continua ad essere molliccia e bagnata: è uno dei pochi tratti ad avere una esposizione prolungata al sole per la maggior parte della giornata. Dopo Ziano, pur presentando alcune salite, la pista risulta più riparata ed all’ombra, la neve ne risente positivamente ed io posso cominciare a pensare al mio personale traguardo volante, rappresentato dall’incontro con l’amico Mario Trettel che con la moglie mi aspetta allo stadio del fondo di Lago di Tesero, oggetto di grandi lavori in vista dei campionati mondiali che qui si svolgeranno nel 2013. Arrivo un po’ in ritardo all’appuntamento, ma la colpa è anche del ritardo alla partenza…sono proprio quei sedici minuti in più che ho fatto aspettare a Mario.

Ormai mancano 15 km all’arrivo e il cronometro segna 4 ore e 55 minuti: non ho i riferimenti della gara record ma sono piuttosto ottimista sul risultato finale. Dopo il ristoro di Masi di Cavalese ho la prima piccola crisi (immancabile) della giornata, e cerco di risolverla assumendo una delle buste di carboidrati liquidi che mi sono portato dietro. Questa e un buon caffè al ristoro di Molina a 7 km dall’arrivo mi danno nuovo slancio: gli sci hanno ancora una presa sufficiente sulla neve e decido di aspettare l’inizio dell’ultima, terribile salita che porta al traguardo per verificare se ci sia bisogno di dare una passata con una delle scioline che mi sono portato dietro.

Quando sto per avventurarmi nel sottopassaggio che serve ad attraversare la provinciale e cominciare la salita finale incontro l’amico Walter Stuerz, titolare con la moglie Anna dell’Hotel Erica di Stava…l’incontro mi fa naturalmente molto piacere, sono quasi stravolto ma riesco a sorridere quando mi chiama per una breve ripresa con la sua macchina fotografica. Dopo un ultimo rifornimento provo a muovere i primi passi in salita, oltrepasso la zona in cui molti concorrenti si fermano a sciolinare servendosi degli addetti dell’organizzazione e provo a salire: gli sci tengono, c’è qualche traccia di binario qua e la e decido di proseguire così. Scoprirò poi che sarei stato in ritardo sulla tabella di marcia di circa 12 minuti: ne recupero sei solo non fermandomi a sciolinare. La salita finale è naturalmente durissima, pendenze rilevanti e lunghi rettilinei che sembrano non finire mai. Si cominciano però ad intravedere spettatori sempre più numerosi, e dopo il cartello dell’ultimo kilometro gli incitamenti si fanno sempre più caldi e graditi. All’ingresso nell’abitato di Cavalese la pista si impenna sempre di più ma ormai tutti sono in trance agonistica: con le ultime forze rimaste mi avvicino sempre di più alla strettoia che con l’arco al di sopra segna la fine delle fatiche…da lì in poi ci sono infatti 250 metri di leggera discesa, che affronto con tutta la calma possibile, lasciando passare i concorrenti più smaniosi di finire e godendomi il momento irripetibile che sto aspettando di rivivere da un anno. Negli ultimi cento metri non spingo quasi più, mi lascio trascinare verso il traguardo dall’inerzia delle discesa e taglio il traguardo con un tentativo (a dire la verità piuttosto goffo) di telemark alla maniera dei saltatori dal trampolino.

Grazie forse alle mie insistenze negli anni passati, l’organizzazione ha quest’anno offerto a tutti i partecipanti la possibilità di rivedere le immagini del proprio arrivo a gara conclusa…sarà un bel modo di rivivere, almeno con il ricordo, l’esperienza di una altra “impresa” portata a termine in sei ore e 29 minuti, solo quattro minuti sopra il mio record del 2009. Nonostante i mille concorrenti iscritti in più, la zona traguardo è piuttosto tranquilla, ritiro il mio sacco a vado a cambiarmi un una delle aule della scuola media messe a disposizione degli atleti: fino all’anno scorso infatti veniva utilizzata la palestra delle scuole medie, quest’anno usata per il “pasta party” finale. Io non ho fame e passo oltre il “chiosco” nel quale incontro però Gloria Trettel, la figlia di Mario, direttore generale dell’organizzazione e finalmente ho la possibilità di presentarmi per ringraziarla della splendida giornata, perfetta sotto tutti i punti di vista, ricordandole del mio personale traguardo volante rappresentato dall’incontro con il papà.

Uno dei numerosi autobus messi a disposizione dall’organizzazione mi porta a Tesero in poco più di cinque minuti; salgo in albergo e commento la mia gara con Francesca, la figlia della titolare e il suo fidanzato. Sono proprio soddisfatto, stanco ma soddisfatto di avere portato a termine un’altra edizione della mia gara preferita.

 

Dopo una bella notte di riposo salgo sulle piste di passo lavazè per una sciata tranquilla e rilassante: la giornata è splendida, le piste perfette: mi dirigo verso Malga Ora e scendo verso Capanna Nuova, notando che è stata battuta una nuova pista che permette di tornare alla malga con meno fatica di quella che avevo sempre trovato…la percorrerò al ritorno. Dopo un simpatico incontro con quattro anziani fondisti che mi raccontano delle loro avventure alla marcialonga degli anni ottanta e dei loro progetti di venire in Friuli per scalare con la bici l’ormai famoso Monte Zoncolan, mi dirigo verso la malga del bel riposo (schoenrast) che però trovo chiusa: il proprietario mi suggerisce di andare alla malga Schmieder, che si raggiunge con gli sci in poco meno di un km. Qui trovo un gentilissimo titolare che quando mi porta il piatto che ho ordinato e che mi ha subito colpito per l’accostamento (fettuccine al pino mugo con sugo di selvaggina) con un consiglio che sembra una minaccia mi dice di non mettere grana sulla pasta…io non oso contraddirlo ma devo ammettere che ha pienamente ragione. Un dolce accompagnato da una panna veramente straordinaria corona il mio pranzo, indubbiamente meritato.

Percorro la pista di ritorno verso la partenza attraverso il nuovo tratto di pista che avevo notato all’andata e mi sento così bene che non sembra che il giorno prima abbia sciato per sei ore e mezza…a parte le gare, la sciata più bella dell’anno.

Un saluto agli amici dell’Hotel Erica a Stava conclude la mia permanenza in val di Fiemme. Il prossimo week end, per non perdere il vizio, ancora due gare…

 

 

CORTINA-DOBBIACO 32 KM skating sabato 5 febbraio

DOBBIACO-CORTINA 42 KM classica domenica 6 febbraio

 

La principale curiosità nell’affrontare il weekend di gare tra Dobbiaco e Cortina è di verificare (oltre che lo stato fisco dopo lo sforzo della marcialonga) se i problemi che avevano rovinato la mia partecipazione alla gara del sabato nel 2010 erano stati risolti o almeno affrontati.

Già al ritiro dei pettorali il venerdì sera a Cortina avevo notato che sembravano essere stati messi a disposizione più autobus per i concorrenti come me che dovevano raggiungere la località di Fiames, sopra Cortina, da dove sarebbe partita la gara. Addirittura il giorno della gara c’era un addetto della “sicurezza” che controllava le salite degli atleti: evidentemente anche le mie rimostranze dell’anno prima fatte attraverso un articolo di protesta sul Gazzettino avevano avuto effetto. L’autobus arriva alla partenza mezz’ora prima dell’ora fissata ed ho tutto il tempo di prepararmi a dovere, compreso quello di servirmi di uno dei servizi igienici a disposizione degli atleti. La temperatura è più che accettabile, magari facesse più freddo, ma la gara del sabato è in skating e quindi i problemi di preparazione degli sci sono relativi. Parto nel secondo gruppo e mi pare che quelli del terzo gruppo vengano fatti partire con un certo anticipo rispetto ai tre minuti previsti: infatti i primi ci raggiungono quasi subito. Nelle prime rampe che permettono di allungare il gruppo e di raggiungere la pista della vecchia ferrovia c’è comunque un po’ di confusione, io sento di non andare troppo bene, mi sento le gambe un po’ pesanti ed anche la pista risente del passaggio di tanti concorrenti. Mi sorpassano in tanti ma cerco di non farci caso e di proseguire con un ritmo regolare, visto che la prima parte della gara è la più impegnativa, dovendo raggiungere il passo di Cimabanche dopo circa 12 km di gara. Il passaggio sotto le gallerie, caratteristica unica di questo tratto di pista, è sempre molto suggestivo…subito dopo la salita si fa meno rilevante e passando la località di Ospitale si arriva al passo che raggiungo dopo 12,5 in poco meno di un’ora e dieci minuti. Da qui comincia la parte più facile del percorso, prevalentemente in discesa, anche se non mancano brevi rampe in salita, per arrivare allo stadio di Dobbiaco.

Il successivo ristoro dopo quello del passo si trova a Carbonin, dopo una deviazione che fa a ammirare ai concorrenti le Tre Cime di Lavaredo che appaiono per un brevissimo tratto alla loro vista. La gara scorre ora veloce e quando mi appresto a superare il lago di Dobbiaco pensando all’ultimo tratto di pista che diversamente dallo scorso anno presenta alcune salite delle piste agonistiche dello stadio del fondo mi deciso a “trangugiare” una delle buste di carboidrati che mi sono portato dietro proprio mentre i fotografi dell’organizzazione stanno per immortalarmi…nello foto apparirò con un bastoncino slacciato ma non importa. Come al solito la discesa non è il mio forte ed infatti comincio un tira e molla con alcuni concorrenti che però riesco a staccare definitivamente negli ultimi tre kilometri che presentano salite molto lunghe e impegnative, con conseguenti discese che sono meno pericolose del solito viste le ottime condizioni della pista. Taglio il traguardo dopo due ore e venti minuti 681.mo su 776 concorrenti e dopo avere ritirato la sacca degli indumenti preferisco raggiungere l’albergo con gli sci prima di cambiarmi e raggiungere il centro congressi per il pranzo dove sono costretto ad attendere più del solito per mangiare qualcosa.

 

La temperatura si è alzata molto e per la domenica, giorno della gara in classico, è prevista in ulteriore aumento. Io mi auguro che almeno all’ora della partenza ci sia un po’ più di freddo per poter mettere sopra le scioline liquide con le quali ho preparato gli sci da gara un paio di strati di sciolina solida. Le mie speranze vengono esaudite così quando Alle nove e 15 minuti esco dall’albergo per prelevare gli sci dalla macchina finisco la loro preparazione. Arrivo in pochi minuti a piedi alla partenza e subito noto che c’è sicuramente molta meno gente che alla gara del sabato, evidentemente gli italiani ancora non gradiscono del tutto la tecnica classica. Provo gli sci e mi pare che non siano troppo scorrevoli ma comunque la partenza è in leggera discesa e la situazione sembra migliorare. Dopo il solito ingorgo alla partenza nello stesso posto in cui si è verificato alla Pustertaler, comincia il tratto verso Dobbiaco nel quale riesco a superare già qualcuno e a creare un po’ di spazio tra me e gli altri concorrenti. All’entrata allo stadio nella prima salita vera vedo che gli sci vanno benissimo e cerco di ricordarmi la pista che dopo avere oltrepassato il lago di Dobbiaco prosegue per alcuni tratti rettilinei prima di deviare a destra per raggiungere anche quest’oggi il passo di Cimabanche attraverso dei tratti più riparati dal sole che comincia a scaldare la neve. La temuta deviazione per la Val Fonda, con attraversamento della strada che porta a Misurina e susseguente lunga salita e successiva velocissima discesa non mi creano problemi più del temuto…qualche concorrente mi chiede strada alla fine della discesa nell’attraversamento di Carbonin: lo raggiungerò di nuovo nei tre kilometri di salita che ci separano dal valico di Cimabanche, che raggiungo dopo 2 ore e tre minuti e 21,5 km. Qui dovrebbe cominciare la parte meno faticosa verso Cortina, trattandosi di un tratto in discesa, ma la neve non è veloce e i miei sci forse troppo garantisti in salita non mi aiutano ad essere scorrevole. Devo spingere tanto di braccia ed in alcuni tratti devo addirittura fare ricorso al passo alternato che solitamente in discesa non si usa. Dopo le gallerie la pista è completamente esposta al sole e la neve è ormai scaldata e anche la sciolina non fa effetto. Spingo di braccia a più non posso e la ripida discesa verso lo stadio di Fiames è benvenuta per recuperare fiato. Un ultimo ristoro allo stadio precede il tratto che con alcune rampe e brevi salite porta i concorrenti a raggiungere di nuovo la pista della ferrovia raggiunta la quale mancano tre km al traguardo. Non c’è più traccia di binari, in alcuni tratti la neve è talmente sciolta che si scia letteralmente sull’acqua. Raggiungo il centro di Cortina e dopo l’ultima pericolosa discesa in pieno centro affronto il rettilineo finale tra la più completa indifferenza della gente che cammina ai lati della strada. Il pensiero va naturalmente alla marcialonga della domenica prima con l’entusiasmo della gente all’arrivo di tutti i concorrenti. Termino la gara in tre ore e otto minuti 426.mo su 581 concorrent: risulterà, Dolomitenlauf a parte, la mia più bella gara dell’anno.

In nuova “location” per il pranzo dopo gara e per la partenza dei bus mi fa apprezzare un po’ di più il livello organizzativo di quest anno, finalmente all’altezza di altre gare.

Il giorno successivo mi reco ancora in Val Casies per verificare lo stato delle piste in vista delle gare del 19 e 20 febbraio. Provo la parte “alta” dell’anello della gara “lunga” e verifico che in alcuni tratti la neve è ghiacciata o addirittura assente, si salva la parte più alta che è splendida e la prima parte della discesa finale, poi la pista torna ad essere in condizioni non ideali…comincio a preoccuparmi per le gare e pubblico le mie preoccupazioni sul forum “skinordic.it” auspicando o un miracolo meteo od uno degli organizzatori.

 

 

GRAN FONDO VAL CASIES 19e 20 febbraio 2011

 

Il miracolo meteo non si avvera ed anche le precipitazioni nevose che hanno interessato gran parte dell’arco alpino nei giorni precedenti le due gare hanno accuratamente evitato l’Alta Pusteria e la Valle di Casies. Alcuni dei membri del forum di skinordic nei giorni immediatamente precedenti la mia partenza da casa confermano le condizioni non buone della pista. Ma la organizzazione della gara, che si vanta di non avere mai annullato una edizione della manifestazione per mancanza di neve, ostenta sicurezza.

Fiducioso parto venerdì 18 febbraio da casa e quando raggiungo la zona del ritiro pettorali incontro l’amico Mario “Didom” che mi presenta Matteo “Migly” Migliavacca, altro membro del forum Skinordic. Mi confermano che soprattutto nella parte alta la pista è un disastro e ci diamo appuntamento all’indomani. Mario mi chiede di accompagnare a Monguelfo un amica di Roma che è lì in albergo…la accompagnerò anche alla partenza il giorno dopo.

La partenza della gara del sabato, in tecnica classica, è alle ore 10 (io parto nel secondo gruppo che parte assieme al primo). La partenza è in discesa e subito sul fondo ghiacciato si formano dei grovigli di concorrenti poco prudenti…prima conseguenza della penuria di neve è che viene evitato il salitone che si trova poco più di un km dopo la partenza…il sollievo è dato non tanto dalla mancanza di un tratto più faticoso, ma dal fatto che così viene evitata la successiva discesa che in queste condizioni di neve risulterebbe essere molto pericolosa.

La prima parte della gara scorre via liscia, la pista è nonostante tutto in buone condizioni (quasi tutta all’ombra) e la tenuta degli sci non crea problemi. Dopo il giro di boa in località Bruckenwirt comincia la lunga risalita verso la zona partenza/arrivo che comincia a presentare il conto di una neve scaldata dal sole che splende in un cielo senza nuvole. Chi riesce a spingere di sole braccia non ha problemi, chi come me deve fare qualche passo di alternato comincia ad avere qualche problema di tenuta…non voglio fermarmi a mettere sciolina sotto ora perché voglio comunque a provare ad arrivare almeno al bivio tra la gara dei 30 e 42 km e vedere come si presenta la pista nella salita. Arrivo al bivio che si trova dopo circa 25 km di gara in un’ora e cinquanta minuti e quando comincio la salita vedo che gli sci sembrano tenere abbastanza e decido di continuare…dopo circa due km di salita però vedo che proprio non riesco più a salire e decido di fermarmi a sciolinare…ci metto circa due minuti ma l’intervento raggiunge il fine che mi ero prefissato e riesco a spingere con maggiore efficacia. La seconda modifica alla pista è rappresentata dall’abbandono di un tratto in contropendenza a fianco del torrente per uno più “piatto” dal quale si scende poi in una ripida discesina per risalire poi verso la chiesa di S.Maddalena e riprendere il tracciato classico. A questo mi punto sorge il dubbio che possano avere modificato anche un tratto di circa 800 metri che comprende alcuni dossi che spezzano il ritmo causando una fatica doppia…invece evidentemente durante la notte hanno riportato tanta neve quanto ne bastava per coprire tutto il percorso, e il tratto forse più impegnativo di tutta la gara non viene evitato e anzi, essendo presenti ancora alcune tracce di binari, la salita risulta essere un pelino meno impegnativa del solito. Quando si raggiunge l’ultimo ristoro la pista spiana un po’, ma poi la salita continua ancora per circa due kilometri fino ad arrivare al culmine, dopo sei km e 8oo metri e oltre 250 m di dislivello. La fatica della salita impone di affrontare la lunghissima conseguente discesa con prudenza, anche se le ottime condizioni della pista invoglierebbero a prendere velocità. La scarsità di neve ha costretto gli organizzatori ad una modifica nella parte finale della discesa, che termina praticamente con una impegnativa doppia curva a “S” dopo la quale il percorso riprende parallelo al tratto percorso in salita. Un ultima rampa precede le vertiginose discese che caratterizzano l’ultimo km, pur inframezzate da una ultima, impegnativa salita. Nel mezzo dell’ultima discesa raggiungo addirittura i 38 km all’ora, prima di affrontare le ultime impegnative curve…ormai sono arrivato e taglio il traguardo dopo 37 km effettivi in tre ore e tre minuti. Rispetto all’anno precedente il miglioramento è notevole, anche se la gara risulta essere più corta di circa un km, il tempo finale del 2010 era stato infatti di tre ore e 46 minuti.

Dopo il solito abbondante pasto che servono in val casies, ritrovo Mario e Matteo con i quali scambio alcune considerazioni sulla gara (hanno avuto le mie stesse difficoltà con le scioline) e assisto alle premiazioni. Io mi offro di riaccompagnare l’amica di Mario (che mi ha superato a metà del tratto tra il giro di boa e il bivio tra la 30 e la 42 km) fino a Monguelfo e vado a riposare in albergo, in vista della seconda gara, sullo stesso percorso, del giorno successivo in tecnica libera.

 

Domenica 20 febbraio – gara tecnica libera

 

Non avendo problemi per la preparazione degli sci per la gara della domenica posso prendermela con assoluta calma prima di partire dall’albergo a Monguelfo per raggiungere la partenza: tra l’altro ho potuto mettere la macchina in garage e quindi non ho nemmeno la necessità di sbrinare i vetri come mi era successo il giorno prima.

Il cielo è sereno ma un po’ più velato del giorno precedente, quindi spero che il sole non scaldi tanto la neve come il giorno prima, anche se la tecnica che verrà usata oggi risente meno delle condizioni della neve.

Parto nel secondo gruppo e come nella gara del sabato c’è subito ressa alla partenza…io mi tengo fuori dalla confusione per affrontare la prima discesa con tranquillità. Salendo in macchina verso la partenza ho notato che gli organizzatori sono riusciti a preparare anche il tratto di pista in salita che era stato saltato il giorno prima…la salita non mi preoccupa anche se trovo davanti il solito concorrente lento che non riesco a superare per la confusione, ed affronto la successiva, pericolosa discesa con estrema prudenza e ne esco indenne. Il successivo tratto in discesa non crea particolari problemi anche se molti concorrenti cominciano a superarmi con continuità. Io faccio la mia gara, vedo che sono più veloce del solito e mi accontento. Arrivo al giro di boa (13,4 km) dopo 48 minuti e nella prima ora di gara riesco a percorrere circa 16 km e mezzo, una media per me molto alta. L’obiettivo del bivio tra le gare dei 30 e 42 lo raggiungo dopo un’ora e 37 minuti e comincio la salita con buona lena e nel tratto parallelo a quello che dovrò percorrere in discesa ho la possibilità di vedere molti concorrenti che stanno portando a termine la gara. Riesco a superare alcuni concorrenti in salita che ricalca esattamente quella della gara del giorno prima con tratti molto duri ad altri che permettono di recuperare un po’…qualche concorrente taglia la pista nonostante siano stati messi dei mucchi di neve a segnalare l deviazione ma non me la prendo più di tanto, io voglio fare una gara regolare e non barare, tanto più che non me ne viene niente in tasca.

Raggiungo il culmine della salita in due ore e 20 minuti e mi butto in picchiata verso l’arrivo…in alcuni tratti poco prima del traguardo raggiungo una velocità che mi pare eccessiva (oltre 41 kmh) e mi impongo di essere più prudente viste anche le condizioni della pista che nelle curve non sono come al solito ottimali. Riesco anche a perdere l’equilibrio, rischiando di cadere, anche sul piano del rettilineo d’arrivo, e taglio il traguardo dopo 2 ore e 39 minuti, migliorando il mio record sulla gara. Subito dopo avere tagliato il traguardo incontro l’amico Piero Toni che avrebbe vinto la sua categoria, ma purtroppo per lui non sono previsti premi. Quando arrivo alla macchina per cambiarmi trovo Mario “Didom” che è entusiasta della sua gara (ha fatto la corta) dicendomi che devono avergli messo qualcosa di strano nella colazione perché non è mai andato così forte.

Lo ritroverò dopo il solito abbondante pranzo dove ho occasione di incontrare Francesco Mich (fratello delle titolari degli alberghi di tesero che frequento solitamente) e la moglie che ha fatto la gara corta.

Sono troppo stanco per fermarmi ad assistere alle premiazione e alle successive estrazioni delle mountain bikes tra tutti i concorrenti e torno subito in albergo dopo avere scattato due foto nella zona partenza.

Il giorno dopo per la prima volta in vita mia raggiungo le piste di Prato Piazza, località a 2000 di altitudine che si raggiunge dalla valle del lago di Braies: ha leggermente nevicato durante la notte e la strada ad un certo punto prosegue “a proprio rischio”…ci sono altri sei km di salita per raggiungere il parcheggio. La giornata si sta schiarendo e il paesaggio è favoloso, le piste sono ricavate in un piano al cospetto della Croda Rossa con una bella vista sulle montagne della valle tra Cortina e Dobbiaco. L’anello è di sei kilometri, faccio due giri e tre quarti poi decido di averne abbastanza e riparto verso casa, dopo la solita fermata alla pizzeria “Hans” di Dobbiaco.

 

MARCIABIANCA – ENEGO – ALTIPIANO DI ASIAGO 27 FEBBRAIO.

 

Già l’anno scorso avevo fatto un pensierino alla partecipazione a questa gara, quest’anno mi ero deciso a partecipare in considerazione che presentava una altimetria ed una distanza simile alla gara finale della stagione, in Norvegia, proponendomi di gareggiare con lo zaino sulle spalle per provare l’effetto del peso sulle spalle dopo tante ore di gara.

Avevo deciso anche di partire da casa direttamente il giorno della gara, ma successivamente avevo preferito prenotare una stanza a Stoner, una località vicina alla località di Valmaron, dove è stato ricavato uno dei sette centri del fondo dell’altipiano di Asiago che comprendono un totale di circa 500 km di piste.

Dopo avere ritirato il pettorale sabato pomeriggio e fatto un primo sopralluogo sulle piste dove splendeva il sole raggiungo l’albergo e dopo la cena me ne sto tranquillo in camera che non ha la tv…mi pare strano ma una volta tanto ci può stare. Le previsioni del tempo danno il tempo in veloce peggioramento ed infatti quando mi sveglio sta leggermente nevicando: nonostante la gara fosse prevista in tecnica libera, avevo deciso di correrla in tecnica classica avendo avuto assicurazioni dall’organizzazione sulla battitura dei binari. La nevicata e le temperature vicino allo zero mi fanno desistere dal progetto e quindi deciso di correre la gara in tecnica libera (skating)

La prima impressione della pista non è favorevole, ed anche la lunga piana che raggiunge la partenza non sembra preparata alla perfezione con gobbe e dossi anche sul piano. Poco prima della partenza incontro l’amico Lorenzo Ravidà con il quale, dopo l’esperienza in Svezia nel 2006 condividerò anche quella in Norvegia. I concorrenti alla partenza sono circa 400, io parto in coda e già all’inizio la pista si sfalda sotto gli sci…non migliorerà molto durante tutto il percorso, alternando tratti sciabili ad alcuni in cui gli sci e i bastoncini sprofondano nella neve. La gara presenta un dislivello notevole e molte salite impegnative e successive discese rese difficili dalle condizioni della neve. Nonostante tutto mi sembra di andare bene e anche se mi passa in testa l’idea di scegliere il percorso corto (25 km), decido comunque di deviare per quello lungo (50 km). Nevica, scende la nebbia e gli occhiali mi si appannano, così che in alcuni tratti non riesco nemmeno a vedere la pista: Decido quindi di prenderla con la calma e mi fermo ogni tanto a prendere qualcosa dallo zaino per rifocillarmi. Quando arrivo al ristoro presso il rifugio “Barricata” apprendo di essere l’ultimo concorrente in gara…non mi preoccupo più del dovuto e decido di proseguire con calma, anche se poco dopo in una vasta piana (almeno la immagino così, vista la nebbia) ho come l’impressione di avere sbagliato strada. Il servizio “scopa” fatto da due volontari in motoslitta mi rassicura sull’essere ancora sulla pista giusta anche se la loro insistenza nel chiedermi se voglio ritirarmi mi da piuttosto fastidio. Quando vedo il cartello dei 40 km di gara mi tranquillizzo, anche se so che poco dopo comincerà l’ultima terribile salita nella quale in alcuni tratti riesco a sciare comunque bene. Superato il culmine della salita comincia una discesa ancora più impegnativa, rovinata dal ripetuto passaggio dei concorrenti: cado rovinosamente una prima volta visto che per la stanchezza non riesco ad avere elasticità nei muscoli (anzi, mi sento “tirare” un po’ i muscoli posteriori della coscia) e dopo poche centinaia di metri cado un’altra volta, questa volta clamorosamente con la faccia sulla neve, tanto che riesco a fatica rialzarmi, perdendo un bastoncino e una stanghetta degli occhiali che per fortuna ritrovo subito. La neve che è entrata nella sede in cui va incastrata la cinghia delle manopole sui bastoncini mi impedisce di riagganciarle e devo percorrere gli ultimi due km in una situazione alquanto precaria. L’ultimo tratto di gara ripercorre quello della partenza e mi pare di avere dimenticata completamente la tecnica tanto sono goffo ed impedito ad andare avanti. Taglio il traguardo dopo 5 ore e otto minuti, per la prima volta in 65 gare risulto essere l’ultimo concorrente al traguardo…c’è sempre una prima volta.

Ringrazio e mi scuso per il ritardo con gli ultimi volontari presenti all’arrivo e dopo essermi cambiato raggiungo in auto il centro di Enego dopo riesco a trovare ancora qualcosa da mangiare prima di riprendere la strada verso casa.

Ho finito così le gare italiane del 2011: le prossime settimane le dedicherò alla preparazione conclusiva per la Birkebeinerrennet in Norvegia, con un week end in val di fiemme e poi un po’ di relax per recuperare energie in vista della gara più impegnativa della stagione.

 

Il week end in Val di Fiemme, a due settimane dal viaggio in Norvegia, comincia con una piacevole sorpresa: al parcheggio incontro infatti Anna dell’Horel Erica di Stava con la quale per la prima volta riesco a sciare assieme dopo tanti anni che frequento la valle e gli alberghi che ha gestito. E’ un giro piacevole (lei scia in skating, io in alternato con lo zaino sulla schiena) e riusciamo a scambiare qualche parola quando i tratti di salita ce lo permettono. Ci lasciamo a malga Ora, dove lei prende la strada per il ritorno a casa mentre io proseguo per le piste del comprensorio di Aldino, con obiettivo malga Schmieder, come il giorno dopo la Marcialonga.

Dopo un’altra sciata impegnativa il sabato sempre in alternato e sempre con lo zaino, la domenica affronto le piste in skating in una sciata più rilassante che comprende però la lunga (quasi due km) salita al Butterloch, dietro il Corno Bianco.

 

Tolti gli sci, comincia la lunga fase di attesa in vista della partenza per la Norvegia, fatta di qualche attività fisica per mantenere un po’ di tono muscolare, riposo e continue visite su Internet per verificare le ultime novità meteo e i dettagli organizzativi del viaggio, che presenta delle incognite soprattutto per quanto riguarda i trasferimenti pre e post gara da e per l’albergo dove saremo alloggiati, una decina di kilometri fuori Lillehammer, sede di arrivo della gara norvegese.

Nei giorni immediatamente precedenti la partenza le previsioni del tempo si uniformano ad una attesa per neve leggera la vigilia ed una bella giornata per il giorno della gara: le previsioni si avvereranno e quindi si riveleranno azzeccate le mie idee sulla preparazione degli sci, confermate anche dai consigli sempre più aggiornati che appaiono sul sito internet ufficiale della gara.

 

BIRKEBEINERRENNET, Rena-Lillehammer, 54 km, Sabato 19 marzo 2011.

 

L’appuntamento con i compagni di viaggio di questa avventura norvegese è all’aeroporto di Verona Villafranca Giovedì 17 marzo dove l’appuntamento è fissato alle 10 della mattina in vista della partenza dell’aereo prevista alle 12.40. Io arrivo con grande anticipo e incontro poco dopo le dieci la comitiva proveniente da Trento che comprende Lorenzo Ravidà, l’amico con il quale avevo già condiviso l’eseperienza in Svezia alla Vasaloppet, Rinaldo Menghini della val di Non, Anna Vanzo, della Val di Fiemme e Marco Nardelli, veterano delle gare Worldloppet che ci annuncia che il fratello Paolo, che doveva essere il capo gita ha dovuto rinunciare al viaggio per motivi di salute.

Effettuiamo con calma il check in e la consegna dei bagagli (salutiamo preoccupati i nostri sci, temendo che possano esserci difficoltà nel loro trasferimento) e ci avviamo alla sala di aspetto dove incontro Massimiliano Bortuzzo, spilimberghese, figlio di un ex collega di lavoro che lavora per Lufthansa, la linea aerea con la quale viaggeremo, che deve recarsi a Monaco per farsi fare un pass per l’accesso a tutti gli aeroporti gestiti dalla linea aerea tedesca. Il primo scalo del nostro volo è a Monaco, appunto, da dove partiremo alla volta di Oslo. Il tempo non è dei migliori, quando arriviamo in Germania troviamo una leggera pioggia ma visto che non possiamo uscire dall’aeroporto non disturba più del dovuto. All’aeroporto tedesco incontriamo il resto della comitiva del viaggio organizzato dalla agenzia UVET di Milano: Maurizio e Laura, marito e moglie, poi Renzo Malnati ed il suo amico Pietro, lombardi. Incontriamo anche ………… fondista ligure che si è organizzato il viaggio da solo e che avevo conosciuto alla vigilia della Marcialonga.

Il tempo verso Oslo sembra migliorare, atterriamo nella capitale norvegese in perfetto orario e quasi subito recuperiamo bagagli e sci: purtroppo però il gruppo proveniente da Milano che comprende anche Andrea Marchetti, fondista friulano anche lui conosciuto nel 2006 alla vasaloppet e due anziani fondisti piemontesi non vedono arrivare i loro sci, che non sono stati caricati sul volo da Monaco ad Oslo per dichiarata “mancanza di spazio” Dopo un’ora, ricevuta l’assicurazione che gli sci sarebbero arrivati negli alberghi nell’indomani, saliamo sul pulmino prenotato dall’Agenzia e partiamo alla volta di Lillehammer, che raggiungiamo dopo circa 2 ore e trenta minuti: il cartello alle porte della citta “Olimpic City” mette un po’ i brividi perché lo spirito dei giochi olimpici che vi si sono svolti nel 1994 è ancora palpabile. Il nostro albergo, che scopriremo poi essere un complesso residenziale composto da casette di legno e mini appartamenti in un residence nei quali è possibile vivere in completa autonomia, pranzi e cene comprese vista la presenza di una cucina forno e frigorifero, è a circa un quarto d’ora dal centro di Lillehammer, nel paesino di Nordseter. Subito il titolare ci accompagna nelle nostre stanze (io ho un mini appartamento nel residence) e poi, dopo un breve briefing nel quale ci spiega modalità ed orari dei bus per raggiungere Lillehammer e proponendoci il noleggio di un pulmino per raggiungere la stazione dei bus il giorno della gara (a pagamento), si adopera per farci preparare una cena che si rivelerà piuttosto abbondante e gradita visto anche che in giornata non siamo riusciti a mangiare granchè. Riso in bianco, broccoli e pollo al forno il nostro primo menù norvegese.

Venerdì 18 marzo dopo una abbondantissima colazione (qualcuno si arrischia anche ad assaggiare aringhe condite con cipolla e pomodoro) alle 9.15 prendiamo l’autobus di linea che ci porterà proprio davanti alla Haakons Hall, il palazzo del ghiaccio di Lillehammer dove è previsto il ritiro dei nostri pettorali: qui abbiamo la sorpresa di dovere anche acquistare i biglietti per l’autobus che ci porterà alla partenza della gara, nonostante un messaggio e-mail mandatomi dall’organizzazione che affermava che per i concorrenti stranieri il costo del trasporto era compreso nella quota di iscrizione. Dopo una visita alla fornitissima “fiera del fondista”, un grande negozio improvvisato all’interno del palazzo del ghiaccio dove però i prezzi sconsigliano di effettuare acquisti importanti (un tubetto di sciolina SWIX, la più famosa marca di scioline a livello mondiale la cui fabbrica ha sede proprio a Lillehammer costa, fatto il cambio, 20 euro rispetto ai 12 euro ai quali si trovano in Italia). Io acquisto solo tre berretti dal negozio ufficiale della gara (sei euro l’uno) ed uno dei recenti mondiali di sci nordico svoltisi ad Oslo, allo stesso prezzo. L’unica cosa che regalano è un miniposter che raffigura, in un quadro del 1800, i cacciatori-boscaioli (i Birkebeiner) che nel 1200 circa liberarono dalla prigionia della fazione opposta nella guerra civile allora in corso in Norvegia, il figlio di due anni dell’ex capo della propria fazione che sarebbe diventato il primo re della Norvegia unita, Haakons. A lui è dedicato il palazzo del ghiaccio ed a questo episodio è legata l’organizzazione della gara, che lo ricorda anche nel fatto che i concorrenti sono obbligati a portare sulle spalle uno zaino del peso minimo di 3,5 kg, a simbolizzare il peso che i Birkebeiner avevano dovuto portare nel loro tragitto da Rena a Lillehammer.

Il palazzo del ghiaccio, come tutta la cittadina, del resto, ha in mostra ancora molti segni dell’olimpiade del 1994. compreso l’uovo della pace, da quale usciva una colomba stilizzata…sotto questa installazione corrono di continuo su un video le immagini della cerimonia di inaugurazione e dei giochi olimpici.

Nel palazzo del ghiaccio è ospitato anche il Museo Olimpico Norvegese che però è chiuso: quando chiediamo spiegazioni ci dicono che è chiuso perché c’è la gara…non capiamo: proprio perché c’è la gara avrebbero avuto una affluenza maggiore.

Dopo il ritiro dei pettorali, approfittiamo del fatto che nel frattempo che la neve che era caduta fin dal primo mattino sta lasciando spazio ad un timido sole per raggiungere il centro pedonale (la via “Storgata”) nei pressi della quale troviamo anche un posto per mangiare. Per un paio di minuti perdiamo l’autobus che ci avrebbe riportato in albergo direttamente da centro città e quindi raggiungiamo di nuovo a piedi il palazzo del ghiaccio, che si trova appena sopra il centro e appena sotto lo stadio del salto con gli sci dove si era svolta la cerimonia inaugurale dei giochi e dove era situato il braciere olimpico.

Molti dei partecipanti, appena tornati nel complesso residenziale che ci ospita raggiungono la ski-room per preparare gli sci per la gara dell’indomani: io devo solo dare due-tre passate di sciolina e l’operazione la compio nella mia stanza.

Alla sera, dopo una abbondante cena a buffet e il simpatico rito della tisana che consumiamo parlando attorno ad un tavolo delle nostre esperienza nelle gare internazionali ( io sono sicuramente quello che ne ha di meno) raggiungiamo le nostre stanze perché l’indomani alle quattro è prevista la sveglia. Non ho particolari problemi a dormire e mi sveglio con tranquillità, scendendo subito a far colazione: data l’ora purtroppo la colazione non è così abbondante come il giorno prima e dobbiamo accontentarci (il mio pensiero va alle alzatacce che deve fare Lorenza dell’albergo al Cervo di Tesero per preparare la colazione ai “marcialonghisti” la mattina della gara).

Il pulmino che ci porterà a Lillehammer è puntuale, aspettiamo un paio di ritardatari (americani) e partiamo in orario, arrivando alla stazione dove saliamo sull’autobus che ci porterà alla partenza, poco fuori la cittadina di Rena. Siamo in abbondante anticipo sugli orari ed anche il viaggio dura meno del previsto, tanto che arriviamo al parcheggio della zona di partenza poco dopo le 7.30. La mia partenza è prevista alle 9.25 nel gruppo n.16: Lorenzo seguendo i miei consigli (una e-mail all’organizzazione con i risultati della marcialonga e della Dolomitenlauf) è stato inserito nel gruppo n.12 (partenza ore 9.05), mentre Rinaldo (che è quello che ha i risultati migliori nel nostro gruppo) ha dovuto pagare alla segreteria altri 40 euro circa per essere inserito nel gruppo n.11 (partenza ore 9.00). Faccio in tempo a vedere la partenza del gruppo “elite” allo otto (i concorrenti più anziani hanno cominciato a partire alle 7.00) poi mi do un’occhiata in giro, non prima di avere controllato il peso dello zaino nelle bilance messe a disposizione dall’organizzazione. E’ divertente vedere la lunga fila dei concorrenti che devono andare al bagno, e altrettanto divertente è vedere che c’è addirittura un addetto dell’organizzazione che “dirige il traffico”. Una ragazza trentina esce dal bagno chimico particolarmente schifata dalle esalazioni, ma dopotutto i concorrenti iscritti alla gara sono 15.000 per cui i bagni sono sottoposti ad un superlavoro.

Dopo avere consegnato il sacco con gli indumenti al camion che li riporterà a Lillehammer, mi avvio a prendere il mio posto nel gruppo assegnatomi: devo fare a piedi tutta la lunghissima zona di partenza perché il mio gruppo è collocato proprio alla fine del campo di gara. Poco prima della partenza telefono a mio fratello per fargli gli auguri di compleanno e alle 9.25 precise viene dato il segnale di partenza. Il mio gruppo è composto da circa 700 persone e la pista è talmente larga (almeno 8/10 binari) che non ci sono problemi a prendere un binario ed andare avanti con tranquillità. C’è una leggera foschia che lascia subito il posto ad uno splendido sole man mano che si sale di quota (nei primi 15 km di gara si devono superare 500 m di dislivello in salita) e il caldo comincia a farsi sentire e i miei occhiali si appannano quasi subito (dovrò toglierli e patire un po’ il sole accecante fino all’inizio della prima, agognata discesa). Il primo controllo orario è previsto dopo circa 8 km (località Skramstadsaetra) e nella tabella di marcia calcolata dall’organizzazione per finire la gara in sei ore (il mio obiettivo) il passaggio dovrebbe avvenire in un’ora e dieci minuti. Ci passo in un’ora e tre minuti e sono leggermente in anticipo: la pista non da molti punti di riferimento, e pur essendo in alcuni tratti praticamente rettilinea, non si vede la fine della salita in quanto è molto ondulata e alcuni leggeri dossi nascondono la visione dei tratti successivi. Faccio fatica ma gli sci tengono bene in salita e salgo con regolarità: in pista i concorrenti formano una lunga fila che sembra non avere soluzioni di continuità, il paesaggio è ampio, quasi piatto, le montagne sono colline molto tondeggianti, e nella prima parte si corre in mezzo al bosco: man mano che si sale il bosco si dirada e si vedono spazi sempre più ampi nei quali si intravedono solo le punte di alcuni arbusti. Finalmente, dopo circa 13 km, la prima salita finisce ma purtroppo la discesa seguente non consente di rilassarsi troppo: tra l’altro molti ne approfittano per assumere integratori in busta e le buste vuote che finiscono nei binari rallentano quasi di colpo la scorrevolezza dello sci, rischio di perdere l’equilibrio un paio di volte ma riesco a stare in piedi. La pista ricomincia a salire, riguadagno la quota persa in discesa e per altri 5 km continuo a salire. Al 22.mo km circa inizia una lunga discesa che mi porterà a metà gara: la mia media oraria è costante e al controllo del 27.mo km (Kvarstaddammen) sono in anticipo di tre minuti sulla tabella di marcia. Approfitto di tutti i ristori che trovo sul percorso, bevendo anche due o tre bicchieri di integratori e mi accingo a cominciare la lunghissima salita (6 km) che mi porterà a raggiungere il punto più alto del percorso (circa 900 m che data la latitudine in cui ci troviamo sono paragonabili ai nostri 2000 m.) La salita è quasi tutta in rettilineo, e i soliti dossi costringono a salire in alcuni punti a spina di pesce: intanto è una uscita una brezza abbastanza sostenuta che non da fastidio, anzi, da un po’ di sollievo per il caldo amplificato dallo sforzo. Seguo la mia gara con il rilevatore satellitare che ho al polso e che controlla anche l’altitudine, ma i 900 m sembrano non arrivare mai: la fine della salita è segnata da una larghissima curva a sinistra che appare da molto lontano e scoraggia un po’, ma alla fine, rincuorato anche dal vedere che tutti quanti stanno facendo tanta fatica, ne raggiungo l’apice, cominciando il tratto che mi porterà al successivo controllo orario (Sjusjoen) con un saliscendi durante il quale oltre che approfittare dei ristori assumo un paio di buste di integratori di carboidrati che mi fanno recuperare le forze completamente spese nella salita. Quando arrivo a Sjusjoen l’ambiente è magnifico, c’è tanta gente, qualcuno suona la fisarmonica, sembra veramente una festa. Dopo avere scambiato due parole con gli addetti del ristoro che scherzano sul mio numero di pettorale (11111) comincio il tratto di 12 km che in prevalente discesa (almeno così sembra) mi porterà al traguardo dello stadio del fondo “Birkebeiner” di Lillehammer. Sono in perfetta tabella di marcia per finire la gara in 6 ore.

Affronto la prima discesa e trovo il primo tratto di pista rovinato dal passaggio di 10/12000 concorrenti: quando dopo la curva tento di rientrare nel binario pasticcio un po’, incrocio gli sci e cado pesantemente. Con il ginocchio batto sullo sci sinistro e lo rompo: resta attaccato solo per la soletta e alcuni pezzi di telaio. Uno spettatore mi chiede se tutto è ok, rispondo che io sto bene ma lo sci è andato, ma tra me penso che non posso lasciare la gara proprio ora che sto per arrivare alla fine e dopo avere fatto tanti km per arrivare in Norvegia in quella che dovrebbe essere la prima e ultima volta che partecipo a questa gara. Decido di continuare e lo sci rotto balla un po’ ma non pare impedirmi di sciare con regolarità. Purtroppo la pista si restringe e le discese sono ripidissime, tanto che praticamente il procedere dei concorrenti a spazzaneve ha prodotto due piste tipo bob parallele: praticamente non si riesce a frenare e quindi quando vedo una rampa ripida faccio passare i concorrenti che mi seguono e procedo con estrema prudenza. Riesco a cadere solo un’altra volta in una curva a 90 gradi scelta da alcuni appassionati di riprese video per produrre un filmato che sarà pubblicato successivamente su Youtube dove alcune cadute risulteranno essere più clamorose della mia. Sono comunque rincuorato dal fatto che nei tratti di falsopiano e leggera salita nonostante lo sci rotto riesca a procedere con relativa tranquillità: non sono velocissimo ma a questo punto l’importante è arrivare. L’arrivo si avvicina sempre più e cerco di ricordare se le piste sulle quali sto correndo siano le stesse sulle quali avevo corso 15 anni prima durante i campionati europei dei bancari svoltisi proprio qui. Non ho riferimenti che mi vengono dati solo dai cartelli che segnalano i km mancanti: l’ingresso allo stadio del fondo avviene sotto un grande arco pubblicitario: riesco a questo punto a riconoscere la pista, che prevede una ultima rampa in salita che precede un tornante prima del quale incontro Laura, la moglie di Maurizio, unica della comitiva a non gareggiare, che mi consiglia di stare largo, tanto la pista è rovinata: a fatica riesco a stare in piedi e percorro le ultime centinaia di metri con sempre maggiore emozione cercando di godermi il momento ricordando le grandi imprese che i fondisti Italiani compirono proprio su queste piste nelle olimpiadi del 1994. Taglio il traguardo dopo sei ore, otto minuti e 50 secondi, 10752.mo su 11.879 concorrenti maschi (il totale dei concorrenti che finiranno la gara sarà di 14.600): ho sforato di poco le mie previsioni ma ho la giustificazione dell’incidente allo sci. Mi scatto una foto subito dopo l’arrivo, passo davanti ad alcuni stand che offrono da bere (prenderò solo un succo di mirtilli molto diluito, rinunciano a brodo, latte al cioccolato, patatine etc.) per dirigermi subito verso l’autobus che mi porterà alla Haakons Hall dove devo ritirare il mio sacco indumenti. Il recupero è un po’ laborioso, giro un po’ a vuoto ma ho tutto il tempo, l’autobus di linea che mi riporterà all’albergo è previsto alle 17.10 e non sono ancora le 16. Mi cambio negli spogliatoi della Kristins Hall, altro palazzetto del ghiaccio di fronte al palazzo grande, mi reco alla Haakons Hall dove mi viene stampato il diploma di partecipazione, recupero gli sci e mi avvio alla fermata del bus nella quale trovo in attesa anche Lorenzo, Rinaldo e Pietro che non hanno fatto in tempo a prendere quello delle 15.10. Rinaldo ci ha messo meno di 5 ore, Pietro circa 5 ore e un quarto, Lorenzo cinque ore e 20 minuti fermandosi però spesso a fare delle splendide foto lungo il percorso che coglieranno in pieno lo spirito della gara.

Saliamo regolarmente in autobus pagando il biglietto: quando stiamo per arrivare in albergo mi faccio distrarre da un SMS che mi manda l’amico Franco Cassin di Pordenone che ha visto il mio risultato su Internet e nello scendere non mi accorgo che il portafoglio mi è scivolato di tasca e lo dimentico assieme al berretto della marcialonga. Del fatto del berretto mi accorgo subito, sentendo la temperatura che punge le orecchie, ma della mancanza del portafoglio mi accorgo solo a ora di cena, dopo che ho fatto la doccia e mi sono riposato un po’.

Vado subito alla reception e spiego il problema al titolare: lui fa tre telefonate e alla terza gli confermano che l’autista dell’autobus ha ritrovato il portafogli e lo ha consegnato alla polizia: posso andarlo a ritirare l’indomani prima di ripartire per Oslo. Gli spiego che dentro ho i soldi e le carte di credito per pagare gli extra (cene e colazioni non previste) e gli propongo di fagli un trasferimento di fondi sul suo conto corrente bancario visto che mi sono portato dietro tutti i codici per fare le operazioni via Internet.

Lui mi dice che mi saprà a dire, forse non si fida, e mentre sto cenando mi conferma che la moglie andrà alla polizia il mattino seguente a ritirare il portafoglio, che troverò alla reception dopo la colazione assieme al berretto: una incredibile dimostrazione di efficienza nel risolvere una disavventura che però non sarà l’ultima della serie.

In un primo momento la partenza del pulmino da Lillehammer verso Oslo dove era previsto l’ultino pernottamento era prevista per le 11.30, ma avevamo insistito per partire prima e così alle 9.15 abbiamo lasciato il complesso residenziale di Nordseter per avviarci verso Oslo. Lasciata Lillehammer con un po’ di nostalgia, ci siamo diretti verso Oslo: a metà strada abbiamo potuto ammirare da lontano il palazzo del ghiaccio di Hamar, realizzato per le gare di pattinaggio veloce delle olimpiadi a forma di barca vichinga rovesciata.

Poco dopo mezzogiorno arriviamo al Thon Opera Hotel di Oslo, una mega struttura (450 stanze) realizzata in una zona di grande sviluppo edilizio a fianco della stazione centrale e vicino al nuovissimo teatro dell’Opera di Oslo. Dopo avere preso possesso delle nostre stanze, con Lorenzo e Rinaldo visitiamo il teatro realizzato davanti al mare, che è ghiacciato e molta gente ne approfitta per camminarci sopra: troviamo un piccolo locale per pranzare e alle 14 ci ritroviamo all’albergo per un piccolo giro in centro: io avevo proposte di andare subito ad Holmenkollen, la collina sopra Oslo che ospita il nuovissimo trampolino realizzato per i mondiali 2011 e lo stadio del fondo. Per nostra sfortuna vi sono previste le gare finali della coppa del mondo di biathlon per cui le piste sono chiuse, vanificando il nostro progetto di poter sciare nell’unico posto al mondo in cui le piste si raggiungono con la metropolitana (!). Dopo una breve visita al centro e al porto, con Rinaldo, Lorenzo e Anna prendiamo il metro e raggiungiamo Holmenkollen verso le 17: le gare di biathlon sono appena finite e saliamo verso lo stadio proprio quando la grande massa degli spettatori sta scendendo verso la stazione: propongo di seguire una stradina il passaggio per la quale sembrerebbe vietato, passiamo attraverso un cantiere e ci troviamo di colpo davanti al trampolino: le foto di rito non mancano, la struttura è veramente magnifica anche se sembra che nonostante tutto il cantiere non sia ancora chiuso. Continuando a camminare attorno alle tribune dello stadio del salto usciamo proprio sulla pista dello stadio del fondo e posso riconoscere i tratti più caratteristici che ho potuto ammirare in TV durante le gare dei mondiali. Attraversiamo la pista e la zona del poligono del biathlon mentre gli addetti stanno smontando strutture e transenne ma nessuno ci dice niente, risaliamo le tribune e torniamo verso il trampolino e arriviamo nella zona del negozio di souvenir e del museo dello sci che però hanno chiuso alle 16. Il tempo di fare due foto e di vedere il pluricampione olimpico Ole Einar Bjorndalen che si sta dirigendo tranquillamente verso il parcheggio e ci dirigiamo verso la stazione del metro: durante il tragitto incontriamo la banda della guardia reale che ha appena suonato gli inni per i vincitori della coppa del mondo e assistiamo allo spettacolo ordinatissimo che offrono anche solo per salire sull’autobus.

Il rientro in albergo è tranquillissimo, la stazione del metro coincide con quella della stazione centrale che è a pochi metri dall’albergo: ci diamo appuntamento per cena e saliamo a rilassarci un po’.

Dopo cena, ottima ma come previsto non proprio a buon mercato, saliamo nelle nostre camere dandoci appuntamento per la colazione: il pulmino che ci dovrà portare all’aeroporto verrà a prelevarci alle 10.15, quindi abbiamo tutto il tempo di fare colazione (troviamo un buffet veramente sontuoso) e di fare un ultimo giro in cerca di negozi aperti (io vorrei acquistare un altro berretto dei mondiali) ma aprono alle 10, quindi non ci sarà il tempo.

Una volta arrivati all’aeroporto sbrighiamo le pratiche burocratiche (check-in, consegna bagagli, passaggio controlli sicurezza) con tranquillità. Passiamo per la zona dei negozi Duty Free nlla quale riesco a trovare finalmente il salmone che non avevo trovato altrove e ci accomodiamo tranquillamente in sala aspetto in attesa della chiamata per l’imbarco del nostro volo: quando arriva faccio per prendere il biglietto dallo zaino ma non lo trovo più: rovescio fuori tutto il contenuto ma sembra sparito. Torno di corsa verso la zona del controllo sicurezza per vedere se mi è caduto lì: a metà strada una addetto mi blocca e una volta spiegatogli il problema mi indirizza verso uno sportello della linea aerea che provvede a ristampare il biglietto che mi consente di prendere l’aereo al volo: sarà l’ultima emozione del viaggio, della serie tutto è bene quel che finisce bene.

Nonostante due ore di attesa all’aeroporto di Francoforte il viaggio prosegue tranquillo e poco prima dell’arrivo a Verona possiamo ammirare dall’altro le montagne della Val di Fiemme ed i luoghi nei quali amo così tanto andare a sciare.

Atterriamo in perfetto orario e raccogliamo con sollievo i nostri bagagli che sono arrivati integri: un ultimo saluto ai quattro amici trentini con i quali ho condiviso una splendida esperienza e recupero la macchina dal parcheggio. Altre due ore e mezza di viaggio per tornare a casa, dove arrivo verso le 21.15.

 

E’ finita così in bellezza una stagione intensa, lunga e splendida, nella quale mi sono divertito e nella quale i momenti positivi hanno superato di gran lunga quelli negativi, che mi lascerà un bel ricordo ma anche un senso di vuoto, almeno nei primi giorni. Poi il tran tran quotidiano riprenderà, ricomincerò a fare qualcos’altro, ma con il cuore rivolto verso il prossimo inverno, durante il quale non credo parteciperò a così tante gare come quest’anno: ho però già ricevuto il numero di pettorale per la Marcialonga 2012, è già ora di pensarci.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

stagione sci 2011ultima modifica: 2011-03-27T15:02:00+02:00da maxpres8
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