ciclotour 2018

Ciclotour 2018

Prima Tappa Gradisca-Arsiè 135 km 21 giugno 2018

Dopo alcuni proficui allenamenti, ultimo dei quali un giro del 19 giugno con due salite (Pala Barzana e Paincavallo da Barcis) alle 6.35 del 21 giugno parto per l’ennesima edizione di questo giro che caratterizza le mie ferie di giugno.
Come già l’anno scorso percorro strade secondarie per raggiungere il ponte sul Meduna in direzione Vivaro e non posso non notare le pessime condizioni in cui sono tenute le piste ciclabili che costeggiano il ponte e anche quello successivo in direzione San Foca che attraversa il Cellina. Il secondo ponte lo percorro quindi sulla strada normale ma il traffico è limitato quindi non ho grossi problemi. Grazie alla strada che soprattutto dopo il ponte sul Cellina è in leggera discesa riesco a mantenere una media piuttosto alta e infatti i primi 40 km li percorro in poco più di due ore e un quarto. Dopo San Quirino devo stare attento a non sbagliare strada come l’anno scorso in cui alla rotonda della “Roiatta” presi la direzione per Pordenone. In effetti non c’è alcuna indicazione per Roveredo in Piano ma stavolta sto attento. All’ingresso di Roveredo trovo un cantiere credo per la realizzazione di una rotonda al posto di un semaforo, la strada sarebbe chiusa ma riesco a passare in mezzo al cantiere ed arrivare in piazza dove riesco a fare il primo rifornimento di acqua. Costeggiando la base aerea di Aviano mi dirigo verso Vigonovo e Ranzano e la velocità si mantiene sopra la media e arrivo a Cordignano dove avere attraversato Caneva e mi dirigo verso Vittorio Veneto attraverso Cappella Maggiore, una strada che mi permette di evitare un tratto più trafficato e che mi fa raggiungere il centro della cittadina in modo più tranquillo (anche qui l’anno scorso avevo sbagliato ad una rotonda). La strada comincia a salire verso la Sella di Fadalto (che dal programma originario avrei dovuto affrontare in questa prima tappa) ma invece giro dopo circa un km in direzione Revine lago e Valdobbiadene. Comincio a guadagnare quota e uno strappo piuttosto impegnativo mi consente di arrivare nel Comune di Revine Lago dove nel capoluogo mi fermo per farmi fare un panino da una signora che gestisce un negozietto che potremmo ancora considerare di altri tempi. Trovo un posto all’ombra per gustare il panino (sono circa le 11) e poi ad un vicino bar mi prendo un caffè. Rinfrancato riprendo il viaggio ed il percorso si fa ondulato per farsi più impegnativo dopo una discesa nei pressi di Follina, salendo per sei km fino a Combai (230 metri di dislivello) dove trovo un parcheggio nel quale qualche anno fa fermandomi ad una fontana dimenticai un paio di guanti. Purtroppo la fontana è chiusa quindi devo proseguire e raggiungere il culmine della salita che rappresenta il punto più alto di questa prima tappa. Entro così nella zona dei vigneti di Valdobbiadene famosi per il Prosecco e raggiungo in discesa il centro della cittadina dove trovo una fontana per il rifornimento d’acqua. Sono convinto di dovere proseguire sulla sinistra del Piave ed attraversarlo in un ponte piuttosto scenografico ma invece le indicazioni mi dirigono verso un ponte più ordinario subito dopo il quale comincia la risalita in direzione di Feltre. Avevo già percorso questa strada in senso inverso qualche anno fa e credevo di doverla percorre in costante salita, anche se non troppo impegnativa: invece mi trovo ad affrontare una divertente serie di saliscendi. All’uscita del paese di Quero noto sulla destra un locale “La Birra di Quero” appunto: ho la tentazione di fermarmi ma poi preferisco mantenere la tradizione e rinviare l’appuntamento con birra e wurstel alla birreria di Pedavena. Raggiungo Feltre dove in una piazza vicina al centro storico faccio rifornimento d’acqua ad una fontana che non ha molta pressione e riesco a trovare una deviazione che mi consente di arrivare alla rotonda in direzione Pedavena e arrivo davanti alla birreria alle 14.15, gustandomi con calma un piatto di wurstel e patatine e due birre. La sosta dura circa cinquanta minuti ma ormai mancano circa 18 km alla fine della tappa per cui me la posso prendere con comodo. Devo arrivare ad Arsiè e la strada più veloce sarebbe la statale che naturalmente però è tanto trafficata per cui decido di raggiungere il mio obiettivo attraverso una strada tranquilla che mi ero studiato a tavolino e che in parte già conoscevo, almeno fino alle località di Arten e Fonzaso. Con una certa difficoltà trovo la deviazione per il paese di Frassenè e successivamente per la località di Agana dove la strada si impenna un po’ per poi ridiscendere verso Arsiè. Il paese si troverebbe alla destra di un bivio ma io devo raggiungere il mio albergo (Albergo Parigi) nella frazione di Rocca e giro a sinistra, passo sotto la statale e in due km prima in leggera salita e poi in discesa arrivo davanti all’albergo, sulle rive del lago di Corlo.
Termino il mio impegno dopo 135 km percorsi in otto ore e un quarto di pedalata effettiva, circa dieci ore dalla partenza. Trovo l’albergo chiuso e un cartello che indica l’apertura alle ore 17. Metto al riparo la bici perché sta scendendo qualche goccia di pioggia e aspetto con calma l’arrivo dei giovani titolari, uno dei quali mi accompagna in stanza. Scendo per la cena poco dopo le sette (che come di solito succede in provincia di Belluno non è compresa nel trattamento di mezza pensione che avevo chiesto) e poi mi faccio una passeggiata lungo il lago. Quando torno in camera per riposare ed assistere in TV ad una partita dei mondiali di calcio mi arriva la telefonata del figlio di un caro amico che mi annuncia la scomparsa del papà da tempo gravemente malato. La notizia mi rattrista naturalmente e comincio a ragionare sul come eventualmente tornare a casa dalla Val di Fiemme (che dovrei raggiungere nella seconda tappa) per assistere al funerale. Lungaggini burocratiche dovute alla procedure da seguire nel caso di morte per la malattia di cui soffriva il mio amico (mesotelioma pleurico) sposteranno la cerimonia al giorno dopo previsto per il mio ritorno: saprò di questo solo al lunedì sera, e il pensiero mi rimarrà in testa nei giorni del viaggio.

Seconda tappa, Arsiè-Stava 125 km 22 giugno 2018
Dopo una buona colazione quando sono quasi le otto parto per la seconda tappa dopo un po’ di confusione nel preparare le borse ed un piccolo ritardo dovuto al fatto di avere dimenticato gli occhiali in camera. Le previsioni davano nubifragi nella notte e pioggia nella mattinata e poi un progressivo miglioramento. Non è piovuto tanto durante la notte ed il cielo è nuvoloso quando finalmente dopo un pieno d’acqua ripercorro i due kilometri che avevo già percorso la sera prima per raggiungere l’albergo e quando sto per ripassare sotto la statale affrontando i primi metri di una breve salita comincia a piovere anche intensamente: trovo riparo sotto una tettoia ed aspetto circa dieci minuti, poi quando vedo che la pioggia comincia a calare ricomincio la strada che con una breve e facile salita mi porterà a Fastro per poi affrontare la discesa delle “Scale di Primolano” che mi permette di entrare in Valsugana. Comincio la strada che dovrebbe portarmi a Grigno e ricomincia a piovere, mi accorgo all’ultimo momento del cartello che segnala l’inizio della pista ciclabile e mi devo fermare ancora per cinque minuti sotto uno dei piloni della statale che porta a Trento. Quando riparto sono contento del fatto di avere trovato subito l’ingresso della ciclabile ma non avendo fatto bene i conti mi sorprendo che fino a Pergine Valsugana, dove comincerà la salita più impegnativa della giornata ci siano ancora 50 km. La strada è prevalentemente in piano ma non mancano brevi rampe e qualche discesa: dopo qualche km ricomincia a piovere e mentre la pioggia si sta facendo più insistente mi chiedo se non ci sia nelle vicinanze uno dei posti di ristoro (Bici grill) posizionati proprio sulla ciclabile. Nemmeno a farlo apposta, dietro una curva vedo la segnalazione del locale e riesco ad entrare al coperto proprio mentre si scatena un acquazzone. Scendo dalla bici e praticamente rifaccio colazione, con una brioche, un succo di frutta ed un cappuccino. Dopo circa venti minuti durante i quali, oltre che a conversare con la gestrice leggo con calma la gazzetta, rispunta il sole. Saluto la signora e riparto. La pista ciclabile è tenuta benissimo e corre a fianco del fiume Brenta: non posso fare a meno di fare il confronto con quella del ponte sul Meduna percorsa ieri. Ad un certo punto, dopo circa trenta kilometri dalla partenza e due ore di pedalate mi fermo per controllare che il telefonino supplementare che mi sono portato dietro soprattutto per registrare il viaggio con l’applicazione “Strava” stia funzionando regolarmente. Rimango deluso dal fatto che per problemi di connessione (ho finito la disponibilità di ricarica) l’apparecchio non abbia registrato niente. Faccio partire così il telefono che uso ogni giorno e riparto. A proposito di manutenzione della strada, poco dopo incontro una squadra di operai che con il decespugliatore stanno tagliano l’erba ai lati della pista: una signora ha il compito di segnalare l’arrivo del ciclisti con un fischietto, grande organizzazione. A Borgo Valsugana la pista si interrompe ed io, invece di seguire le segnalazioni, penso di fare di testa mia: faccio così un paio di kilometri in più e una volta accortomi di avere sbagliato torno sui miei passi arrivando in centro dove dopo un kilometro circa posso riprendere la ciclabile. Comincio a riconoscere i tratti che ho già percorso negli scorsi anni e quando dopo essere entrato nel territorio delle coltivazioni di mele, avere passato un altro bicigrill ed incontrato una squadra di ragazzini che occupano anche a biciclette ferme tutta la strada (facendomi scappare qualche imprecazione ed un richiamo a voce alta sull’uso corretto della pista) deciso di uscire dalla ciclabile all’altezza di Levico Terme. Volendo evitare di percorrere la statale in direzione di Pergine scelgo di percorrere la prima strada che incontro che va nella mia direzione senza avvedermi che dovrò affrontare tre kilometri di salita a tratti molto impegnativa (la strada del Col di Tenna): la fine non sembra arrivare mai e impreco un po’ contro me stesso, ma poi quando arrivo in cima noto degli alberi di ciliegie proprio a portata di mano e non faccio sfuggire l’occasione per mangiarmene una bella manciata. Comincio subito la discesa e quando esco sulla statale noto una trattoria proprio alla fine della discesa. Decido così di fermarmi a mangiare, una buona pasta ed un contorno ed un caffè ad un prezzo veramente onesto e posso ripartire. Tra l’altro, controllando le mappe con il telefonino, scopro che dovrò percorrere solo poche decine di metri della statale per poi raggiungere Pergine per strade interne. Quando arrivo in centro cercando le indicazioni per la valle dei Mocheni, che è la valle che dovrò risalire fino allo semisconosciuto Passo Redebus, comincia nuovamente a piovere. Mi fermo sotto una pensilina per cinque minuti ma posso vedere che nella direzione che devo prendere è già spuntato il sole e quindi decido di ripartire quando sono circa le 14.
Per raggiungere il passo che mi sono prefisso di scalare ci sono due vie: la prima, chiamata “destra Fersina” dal nome del fiume che la percorre l’ho già percorsa qualche anno fa, mentre la seconda “sinistra Fersina” è quello che devo percorrere oggi. Il primo tratto di circa due km è in comune fra le due strade, poi in prossimità del paese di Canezza la strada si divide e la strada si impenna subito, anche con pendenze del 13%. Comincio a fare fatica anche se le pendenze calano vistosamente, fa caldo e ogni tanto ho bisogno di fermarmi per recuperare e bere qualcosa. Non riesco a salire col ritmo che vorrei ma comunque riesco a mantenere una media decente. Passo per alcuni piccoli centri dalla doppia denominazione (i Mocheni sono una popolazione di chiare origini tedesche). Dopo l’unico tratto di discesa e successiva dura salita per superare un viadotto arrivo a Palù del Fersina (Palai en Bernstol nella parlata locale) dove un tratto in falsopiano mi permette di riposare un po’ prima di affrontare i durissimi due km finali fino al passo Redebus con pendenze fino al 13%. La prima volta che sono passato di qui non c’era nemmeno la segnalazione del passo se non un piccolo cartello di tipo alpinistico: ora c’è un regolare cartello e faccio la foto di rito dopo avere superato quasi mille metri di dislivello in circa 18 km. Mancano poco più di quaranta km alla meta di giornata ma il problema è che non sono tutti in discesa: la prima parte è velocissima (i primi km del Redebus hanno pendenze anche del 15%) ma poi a Bedollo comincia un lungo tratto in falsopiano con tratti anche in salita che mi fanno penare non poco: solo la discesa da Montesover alla statale della Val di Cembra mi permette di riposare un po’, ma anche il tratto di quest’ultima valle che sfocia in Val di Fiemme non ha un andamento costante, alternando momenti pedalabili ad altri veramente impegnativi. Alle 18.30 arrivo a Molina di Fiemme dove comincia una salita di 3,5 km con tratti piuttosto impegnativi e dove supero 200 metri di dislivello. Raggiungo la statale 48 qualche km prima di Cavalese ed essendo stanco ed in ritardo sulla tabella di marcia rinuncio al progetto di proseguire per Carano e Varena sulla strada per il Passo di Lavazè che mi permetterebbe attraverso il Passo di Pramadiccio il mio obiettivo di giornata in discesa e proseguo direttamente per Tesero dove devo affrontare gli ultimi tre km di dura salita fino alla località di Stava dove si trova il mio albergo, l’Hotel Erica.
La salita è molto impegnativa, ed è la prima parte della salita al Passo di Pampeago più volte percorso dal Giro d’Italia. In tre km si superano oltre 250 metri di dislivello e gli ultimi due km sono praticamente un lungo rettilineo che sembra non finire più. Ad un certo punto appare la sagoma dell’albergo che pare sempre troppo lontano: alle 19.45 arrivo comunque a destinazione e posso farmi una doccia rilassante prima della sempre ottima cena preparata dall’amico Walter, co-titolare dell’Hotel. Ho percorso 125 km alla media di poco superiore ai 12 km all’ora ma intanto la prima parte del viaggio è terminata, posso pensare a riposare.
Due giorni di “riposo attivo” caratterizzano la sosta che faccio in Val di Fiemme prima di riprendere il viaggio: il primo giorno raggiungo Tesero a piedi e poi, non avendo trovato i miei amici dell’albergo Al Cervo (che né ancora chiuso) e l’amico Mario Trettel (probabilmente in gita con la moglie) con i mezzi pubblici raggiungo Cavalese dove trovo chiusa una pizzeria e mi reco in centro per il pranzo. Ritornato a Tesero riprendo la strada per Stava che raggiungo dopo una bella camminata nel bosco.
La domenica con l’amico Clerio Bertoluzza salgo al rifugio “Torri di Pisa” nel gruppo del Latemar (rifugio appena rinnovato) con una camminata di circa 700 metri di dislivello: troviamo tanta gente che sale (grazie anche alla gratuità degli impianti di risalita che risparmiano metà fatica a molti) e troviamo il rifugio affollato ma riusciamo a bere un the. Scesi al rifugio Passo Feudo ordiniamo da mangiare in un locale affollatissimo ed infatti aspetteremo almeno tre quarti d’ora per ricevere quanto ordinato. Anche farci fare il conto è un’impresa ma alla fine ce la facciamo e possiamo scendere fino alla macchina. Nel resto del pomeriggio posso riposare guardando anche Formula uno e mondiali di calcio in TV.

Terza tappa Tesero-Dobbiaco 127 km lunedì 25 giugno

Dopo la solita abbondante colazione all’Hotel Erica e dopo avere salutato anche Dori, la moglie di Clerio il mio compagno di gita del giorno prima, recupero la bici e dopo essermi vestito per bene (indosso anche un paio di guanti di lana leggera sotto quelli da bici) saluto Anna, la titolare dell’Albergo, e comincio la discesa verso Tesero che segna l’inizio della terza tappa.
Non voglio andare troppo veloce anche per non patire troppo il freddo e preferisco rimanere vestito così fino alle porte di Predazzo dove tolgo i guanti e un giubbotto.
Preferisco rimanere sulla statale per Moena piuttosto che usare la ciclabile anche perché vedo che l’ha appena percorsa un gregge di pecore lasciando naturalmente una evidente traccia del suo passaggio. Per evitare zig-zag tra le eiezioni, comincio la strada verso la Val di Fassa e noto che il cielo si sta oscurando e e le cime sono coperte dalle nubi. Non piove però e raggiungo Moena do circa venti km e un’ora e mezza dalla partenza. Dopo Moena verso Soraga la strada è un po’ in discesa e pur mantenendo una certa direzione in salita la strada è piuttosto divertente con i suoi saliscendi. Subito prima di Mazzin e di una impegnativa salita comunque mi immetto nella ciclabile e riconosco i passaggi della Marcialonga di sci di fondo di gennaio. Mi riimmetterò nella statale poco prima di Campitello di Fassa quando mancano ormai pochi km a Canazei e alla rotonda dalla quale inizia la salita al Passo Pordoi. Sono passate poco meno di tre ore dalla partenza ed o percorso quasi quaranta km. Dopo la solita sosta per rifornimento di acqua e un breve rifornimento energetico comincio la salita e mi compiaccio dal fatto che mi sembra di non fare troppa fatica: conosco bene la strada e comincio una specie di divertente gara con due ciclisti, marito e moglie immagino, che mi sorpassano più volte ma con la bici a pedalata assistita. Dopo circa 50 minuti raggiungo il bivio per il Passo Sella (sei km di salita) e proseguo con una certa regolarità e trovo una coppia di ciclisti tedeschi (uno giovane con una maglia iridata ed uno più anziano e un po’ più pesante) che si fermano più volte e mi sorpassano in un paio di occasioni. Un tornante (uno dei 27 della salita) con una splendida vista sul Sassolungo e sul Passo Sella è il segnale che si sta avvicinando la fine della fatica e raggiungo il Passo a 2239 metri dopo un’ora e 45 minuti in cui ho percorso 12 km e superato oltre 600 metri di dislivello. Dopo la foto di rito mi vesto bene per affrontare la discesa verso Arabba dove trovo un autobus che va ad andatura pedonale ma che per fortuna si ferma e mi permette di sorpassarlo. In circa venti minuti raggiungo Arabba e decido di fermarmi a mangiare qualcosa in una trattoria affollatissima di motociclisti. Mangio volentieri ma faccio fatica a riscaldarmi e quindi dopo un buon caffè mi rivesto ancora per affrontare i km che attraverso il Livinallongo mi porteranno ad affrontare i primi metri della salita al Passo Falzarego. Quando raggiungo la località di Andraz mi preparo, anche togliendomi i giubbotti, ad affrontare i quasi undici km di salita che presenta un dislivello di 650 metri, praticamente un secondo Pordoi anche se la quota sarà leggermente inferiore (2107 metri). La salita è comunque regolare e presenta dei pezzi in cui si riesce a riprendere fiato e un po’ di velocità. Da circa metà salita si cominciano ad intravedere le caratteristiche gallerie che si trovano dopo una rampa susseguente ad un piano sotto il Sass de Stria. Dopo le gallerie mancano solo alcune centinaia di metri e raggiungo il Passo dopo un’ora e 45 minuti di salita. Sono passate otto ore esatte dalla partenza da Stava e posso affrontare la lunga discesa che mi porterà a Cortina dopo sedici km che percorro in trenta minuti. Questo versante del Falzarego in salita mi ha sempre creato difficoltà, mi riprometto di riaffrontarlo in altre condizioni. Arrivo a Cortina esattamente alle 17 dopo avere percorso 96 km. Supero con difficoltà alcune rampe che mi portano ad uscire sulla statale per Dobbiaco due km prima della località di Fiames, sede di un centro sportivo e, in inverno, partenza delle piste da sci di fondo. Il lungo rettilineo e il seguente tratto in costante salita e con solo leggere curve ma senza tornanti mi mettono un po’ in difficoltà (sono circa otto km che non sembrano finire mai) poi finalmente incontro il primo tornante e da lì in poi so che le difficoltà saranno relative. Ho infatti superato gran parte del dislivello che devo affrontare per raggiungere Cima Banche, 1525 metri, ultimo passo della giornata, che raggiungo poco prima delle 18, preparandomi ad affrontare la lunga, ma non sempre veloce, discesa verso Dobbiaco, mia meta odierna. Sono circa 15 i km che mi mancano e con un’unica sosta per una foto alle Tre Cime di Lavaredo costeggiando ora la pista ciclabile ora i prati che vengono utilizzati d’inverno come piste da fondo ed avere notato una insolita quantità d’acqua riempire il lago di Landro che a detta di qualcuno stava praticamente scomparendo, raggiungo il mio albergo dopo essere passato al limite sotto il passaggio a livello che si stava chiudendo. Sono circa le 18.50 quando vengo accolto dalla signora Charlotte, storica proprietaria dell’Albergo Nocker, che mi accompagna a mettere in garage la bici. Una ottima cena dopo una bella doccia sono il preludio a bel sonno in vista dell’ultima tappa, quella del ritorno a casa.

Quarta tappa, Dobbiaco-Gradisca, 182 km, martedì 26 giugno 2018

Avendo saldato il conto dell’albergo già la sera prima (in questo la signora Charlotte è molto teutonica) la mattina presto dopo avere preparato la borsa provo a scendere per la colazione quando sono da poco passate le sette. Per fortuna c’è una squadra di operai che sta finendo di consumarla e quindi ne approfitto così da essere pronto a partire prima del previsto.
Sono infatti le 7.45 circa quando lascio l’albergo e mi dirigo verso la pista ciclabile della Drava che devo seguire fino ad Oberdrauburg in un tratto prevalentemente in discesa di circa 70 km nei quali perderò circa 600 metri di dislivello.
La giornata è bella, fa fresco ma non freddo e passo davanti alla stazione e imbocco la ciclabile in un tratto che d’inverno è utilizzato come pista da fondo e dopo avere superato la centrale per il teleriscaldamento affronto la piana verso San Candido affrontando anche un breve tratto in salita nel bosco. Entro a San Candido e seguo attentamente le indicazioni che in un’altra occasione non avevo seguito, perdendo così un po’ di tempo. Subito dopo San Candido la pista attraversa in un sottopassaggio la statale e prosegue verso l’Austria costeggiando la sponda sinistra della Drava, il fiume che sfocerà poi nel Danubio. C’è un certo traffico di ciclisti e fino a Sillian la pista rappresenta per me una novità, poi, nei pressi della località ormai in terra austriaca la pista riattraversa il fiume e comincio a riconoscere alcuni tratti percorsi un paio di volte anche con gli ski-roll. Quando dopo circa 45 km percorsi in due ore mi avvicino a Lienz, uno dei più grossi centri del Tirolo e pur riconoscendo il tratto di pista che porta in centro città, ricordandomi alcuni nomi di località visti sulla cartina seguo le indicazioni verso Armlach dove la pista diventa una strada comunale ma poco trafficata a differenza della quasi parallela statale. Dopo essere arrivato a Lavant ed essermi tolto i giubbotti che ancora indossavo, mi preoccupo del fatto della strada pare fare una inversione ad “U” ma per fortuna ritrovo subito la ciclabile che qualche anno fa avevo trovato non asfaltata. Confortato dalla regolarità della pavimentazione mi avvicino al confine con la Carinzia e lo passo in un ponte molto scenografico dopo il quale però la strada diventa bianca e prosegue in mezzo ad una boscaglia per circa 2 km. Per fortuna poi la pista si ri-immette sulla viabilità locale e dopo un percorso ondulato sbuco sulla strada che porta da Oberdrauburg alla Gailberg Hohe, la prima salita della giornata. Mi rifocillo un po’ con della frutta secca che mi sono portato dietro ed affronto la salita che presenta molti tornanti che contribuiscono ad allentare la fatica. Invece delle pietre miliari la cadenza dei kilometri è indicata da vistose scritte sull’asfalto: la salita e di poco più di sei km e presenta un dislivello di circa 340 metri e la percorro in circa 55 minuti, godendomi l’ultimo tratto in falsopiano al termine del quale si trova un locale nel quale mi fermo a mangiare una Wienerschnitzel con le patatine. Sono passate quattro ore e mezza dalla partenza ed ho percorso 75 km.
Rinfrancato dall’ottimo pranzo affronto la discesa che mi porterà a Kostschach-Mauthen dove inizia la salita al Passo di Monte Croce Carnico, ultima salita del mio tour di quest’anno. La salita è lunga 12,5 km e presenta un dislivello di oltre 700 metri ed è divisa in tre parti: la prima e la terza presentano pendenze anche molto impegnative (dal 10 al 12%) e lunghi tratti in rettilineo la prima e lunghi tratti in galleria la seconda. Nel mezzo un tratto prevalentemente in discesa che permette di riposare un po’ ma fa perdere anche alcune decine di metri di dislivello. Il traffico non è assolutamente intenso e un rumore che poi capirò provenire dai pedali comincia a darmi un po’ fastidio soprattutto quando (e lo faccio spesso) devo stare in piedi sui pedali per fare meno fatica. La temperatura per fortuna è fresca e riesco a mantenere una buona velocità. Dopo l’inizio della prima lunga galleria dove per sicurezza accendo i fanali, una serie di stretti e ripidi tornanti segna l’inizio degli ultimi 2 km, dopo avere costeggiato un laghetto ed essere passato davanti all’ultimo locale austriaco prima del confine entro nell’ultima, ripida galleria, dentro la quale il rumore delle auto e delle tante moto è quasi insopportabile. Ormai mi sto avvicinando al passo e purtroppo un tratto di strada che mi permetterebbe di raggiungerlo uscendo dalla galleria è chiuso e con due grandi pale eoliche alle mie spalle attraverso il confine facendomi una foto davanti ad una vecchia pietra miliare: ci ho mezzo un’ora e 45 minuti e sono molto soddisfatto, sono circa le 14.45 ho percorso 95 km e sono in piena tabella di marcia. Affronto la lunga discesa che mi porterà prima a Timau e poi a Paluzza con una unica difficoltà rappresentata da una signora in auto che va quasi più piano di me. I primi 20 km di discesa talvolta anche piuttosto ripida, specialmente tra Timau e Paluzza, li percorro in poco più di mezz’ora e mi avvio sempre per una strada prevalentemente in discesa raggiungo prima Arta Terme e poi Tolmezzo che raggiungo dopo 130 km percorsi in poco meno di otto ore e mezza dalla partenza. Trovo subito le indicazioni per Cavazzo Carnico e per una strada divertente ed ondulata raggiungo Somplago, proprio sopra il Lago dei Tre Comuni dopo 140 km e dopo un rifornimento d’acqua ad una fontana della quale mi ricordavo bene. Attraverso Alesso ed Avasinis e seguendo le indicazioni per Forgaria nel Friuli attraverso una strada che ho percorso anche nelle settimane passate, passo per Peonis e raggiungo il monumento ad Ottavio Bottecchia, famoso ciclista degli anni trenta, morto nei paraggi dopo un incidente misterioso. So che dal monumento a casa ci sono circa trenta km e raggiungo Cornino e passo sopra il suo caratteristico lago e mi dirigo verso Cimano e San Daniele del Friuli. Devio per Muris di Ragogna e a San Giacomo dopo avere superato l’ultima piccola salita di giornata, devio per Aonedis e Villanova di San Daniele dove mi immetto nella trafficatissima statale verso Dignano: entro a Vidulis per evitare un po’ di questo traffico e dopo avere superato i cantieri a Dignano per la realizzazione della nuova piazza mi accingo ad attraversare il ponte di Dignano quando a casa mancano circa 5 km. Attraversare il ponte non è sempre una cosa tranquilla ma per fortuna non ho problemi e riesco a girare verso Gradisca al bivio alla fine del ponte senza difficoltà. Arrivo così a casa quando sono circa le 19, dopo poco più di 182 km percorsi in 9 ore e 45 minuti di pedalate effettive alla media netta di oltre 18 km all’ora. Posso proprio ritenermi soddisfatto: Dopo la rinuncia del 2017 sono riuscito a rispettare il programma di allora nel rientrare dalla Val di Fiemme e ho eguagliato il mio record personale di km percorsi in un giorno. Ho percorso oltre 560 km in quattro giorni (anche questo è un piccolo record) il tempo è stato tutto sommato clemente, è andato veramente tutto bene.

ciclotour 2018ultima modifica: 2018-07-10T21:37:26+02:00da maxpres8
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