ciclo tour 2016

Nonostante qualche problema nel farmi dare le ferie nel solito periodo anche in seguito al cambio della sede di lavoro, riesco ad ottenere l’ultima settimana di giugno e nel cominciare a prepararmi comincio ad incrociare le dita perché il meteo sia clemente. Cerco di seguire la solita preparazione compiendo diversi giri compreso uno decisivo di 135 km con due lunghe salite. Purtroppo rispetto agli ultimi tre anni non posso contare sui km che facevo per andare al lavoro con la mia bici a pedalata assistita in quanto la distanza del nuovo posto di lavoro non mi permette di usarla.

Rispettati gli impegni familiari con il matrimonio di mia nipote sabato 25 giugno, lunedì 27 giugno sono pronto a partire e alle 6.15 parto da Gradisca di Spilimbergo per la prima tappa che prevede l’arrivo a Selva di Cadore.

Prima tappa: Gradisca Selva di Cadore, 120,5 km

Qualche squarcio di sereno nel cielo mi tranquillizza quando lascio casa mia dopo una colazione più abbondante del solito: le previsioni mettono qualche sporadico piovasco a metà mattinata, io spero si sbaglino.  Affronto i primi km seguendo la strada che ora faccio ogni giorno per raggiungere Maniago, anche se devio per l’abitato di Barbeano per raggiungere il ponte sul torrente Meduna attraverso strade meno trafficate. Scrutando sempre il cielo in direzione della Valcellina mi avvicino a Maniago con una media decente nonostante la strada in leggera salita: arrivo infatti alla rotonda in direzione Montereale dopo un’ ora e 35 minuti e 24 km di percorso. Provo a seguire a questo punto la pista  ciclabile ma dopo avere visto che mi porta troppo fuori strada rientro sulla statale in direzione del nuovo ponte sul Cellina mentre comincia a cadere qualche goccia. Nel notare che ho risparmiato un paio di km per arrivare a Montereale Valcellina forzo un attimo per superare la salita che porta al primo breve tunnel che fa entrare effettivamente in Valcellina per vedere di stare al riparo dalla pioggia che comincia ad essere insistente. Attendo qualche minuto per vedere se la pioggia cala di intensità e poco dopo decido di affrontare il kilometro che mi separa dal lunghissimo tunnel (4 km)  dopo avere indossato un paio di bretelle catarifrangenti e acceso  i fanali della bici. Prima della galleria trovo un vento fortissimo che mi frena un po’ ma appena entrato nel lungo tunnel per fortuna il solo vento presente è quello delle grandi ventole che purificano l’aria.  Come al solito in un rumore assordante e in un ambiente molto umido ci metto circa 16 minuti a percorrere la galleria quasi tutta in leggera salita. Quando esco nei pressi del bivio per Andreis non piove e quindi affronto più tranquillo  la seconda galleria di circa 1,2 km alla fine della quale mi devo fermare perché la pioggia è diventata più insistente. Approfitto per indossare un giubbotto ed un paio di pantaloni impermeabili ma devo aspettare circa 25 minuti perché la pioggia cominci a diminuire. Riparto sotto qualche leggera pioggia ma dopo avere superato Barcis nei pressi di Arcola devo trovare rifugio in una fermata dell’autobus e perdere altri 20 minuti dopo i quali fortunatamente la pioggia cala di intensità per lasciarmi progressivamente in pace.

Dopo un rifornimento d’acqua e prima di affrontare il ponte sul Cellina che mi porterebbe al bivio per Claut prendo alla mia sinistra la pista ciclabile che in circa 3.3 km in salita anche impegnativa mi porterà alle prime rampe del Passo Sant’Osvaldo appena fuori l’abitato di Cimolais.

La parte più impegnativa della salita è quella iniziale con alcuni tornanti superati i quali si affronta un tratto con leggere curve ma con pendenza non troppo rilevante che conduce al passo a 870 m di altitudine che raggiungo alle 11.35.

Dopo il passo la strada non scende immediatamente verso Longarone ma si devono affrontare alcuni tratti anche in salita specie nell’ attraversamento delle prime borgate di Erto. Ne evito alcune evitando la strada nuova e passando per il centro storico che lentamente sta rivivendo grazie ad alcuni restauri dopo il disastro del Vajont . Per fortuna trovo verde il semaforo che precede le gallerie all’altezza della diga e posso iniziare così la prima vera discesa della giornata che in  circa 6 km mi porta a Longarone dove mi fermo in un supermercato per prendere qualcosa per il pranzo.

Perdo un po’ troppo tempo del previsto e riparto dopo venti minuti ed affronto subito una galleria di circa 800 metri tutta in salita anche impegnativa, pensando di trovare a breve una area attrezzata per potermi sedere e mangiare qualcosa di quello che ho appena preso. Sono sorpreso dall’andamento della strada che mi ricordavo meno impegnativa e mi pare che le aree che mi aspettavo di trovare siano state dismesse. Mi dirigo verso Soffranco ed a un paio di km dal lago formato dalla diga di Pontesei sotto il sole che ormai splende e scalda molto decido di fermarmi al primo posto all’ombra che trovo. Mi siedo su una staccionata e mi mangio uno dei due sfilatini che ho preso, mi bevo una cola e mangio un paio di nettarine prima di riprendere la strada. Riparto alle 14 circa dopo avere percorso circa 90 km.

Attraverso Forno di Zoldo e mi dirigo verso Dont dove c’è il bivio verso il Passo Duran e dove inizia la salita effettiva verso Passo Staulanza con un tratto di circa 2 km con pendenze intorno al 10%. Caldo e fatica mi fanno penare tanto che le andature sono quasi pedonali e mi prendo una pausa in località Fusine poco prima di Pecol dove iniziano i tornanti verso Palafavera, località dove si trova un campeggio ma anche piste di discesa  e di sci di fondo in inverno. Faccio l’ultimo rifornimento d’acqua  e controllo l’altimetro che mi segna ancora poco più di 200 metri di dislivello alla cima della salita. Entro in una valletta caratterizzata da una stalla  e un lungo tornante e dopo una lunga curva a sinistra appare finalmente il cartello del passo in lontananza. Le ultime pedalate mi permettono di godere della visione di uno splendido Monte Pelmo e arrivo così ai 1773 metri del Passo Staulanza  dopo 113 km e 12 ore dalla partenza. Gli ultimi 7 km sono in rilassante discesa anche se un paio di dossi mi danno un po’ di fastidio e alle 18.30 trovo finalmente l’Hotel Nigritella dove ho prenotato per la notte. Ho percorso 120 km e perso almeno un’ora a causa della pioggia ma sono dove volevo in tempo accettabile, tanto che riesco a vedere con calma la fine del primo tempo e il secondo tempo di Italia Spagna degli europei di calcio, partita iniziata alle 18.

Una cena discreta è il premio meritato di una giornata di fatiche, vado a dormire presto seguendo un’altra partita di calcio. L’indomani ho previsto la tappa forse più impegnativa, ho bisogno di riposo.

Seconda tappa Selva di Cadore – Stava (Tesero) 102 km

Avevo abbondantemente previsto che questa sarebbe stata la tappa più corta ma anche più impegnativa e alla fine le previsioni si avverranno,  anche se rimarrò sorpreso dalla lunghezza dell’ultima salita di giornata, il Passo di Lavaze’.

Dopo una buona colazione,  fatta in compagnia di altri ciclisti che paiono inglesi dalla tipico accento della loro parlata, alle 8.20 circa indossati un paio di giubbotti leggeri parto i  direzione di Colle Santa Lucia. Il primo tratto è in prevalente discesa e i giubbotti mi riparano dall’aria fresca della mattina, ma già sulle prime rampe verso la prima meta di giornata il sole comincia a scaldare. Le previsioni del  tempo per una volta ci hanno preso e la giornata è splendida. Mi fermo per una delle poche foto del viaggio fatte durante il percorso per immortalare la chiesa di Colle Santa Lucia alta su una collina con sullo sfondo il Monte Civetta. Superato il paese dove noto la presenza di un hotel che mi potrebbe far comodo in un futuro giro,  la strada prosegue per un paio di km in salita fino ad un  punto panoramico dove incontro i primi ciclisti stranieri della giornata che si fermano per una foto. Resisto senza coprirmi ulteriormente al fresco di una discesa ed arrivo ad un primo bivio che presenta le prime indicazioni per Passo Pordoi, prima salita vera della giornata. In prevalente salita arrivo così al bivio di Andraz dopo un’ora e 25 minuti e 14 km. La strada si immette su quella che porta al Passo Falzarego ma io devo andare in direzione opposta, verso il Livinallongo. Poco dopo trovo un cartello che segnala la chiusura per frana della strada della “Digonera” che avrei potuto percorrere se avessi scelto di scendere da Selva di Cadore verso Caprile per raggiungere Arabba. Sollevato dalla mia positiva decisione, che mi ha permesso anche di rimanere più o meno in quota, proseguo per Pieve di Livinallongo e poi per Arabba. Improvvisamente appaiono decine e decine di ciclisti che dalle maglie paiono provenire da diversi paesi, faccio un po di mente locale e mi ricordo che la domenica successiva dovrebbe essere in programma la ‘Maratona dles Dolomites “ gara amatoriale che richiama migliaia di appassionati  (in genere  25.000 richieste per 9.000 posti a disposizione). Poco prima di Arabba mi fermo per una  primo rifornimento d’acqua e comincio la salita quando sono le 10.55 dopo avere percorso 25 km. Conosco molto bene il Pordoi da questo versante e purtroppo devo notare che continua l’occupazione dei terreni fuori dal paese con nuove costruzioni. Il primo tratto pare il più impegnativo e procedo a andature pedonali superato in continuazione da ciclisti con le loro ‘specialissime’ mentre io ho le borse dietro che mi frenano alquanto. Quando ho superato metà salita sotto un sottopassaggio delle piste da sci decido di fermarmi per rifocillarmi con una brioche ed una pesca. Riparto ma non riesco a cambiare ritmo e mi rendo conto che sarà il Pordoi più lento della mia “carriera”. Quando arrivo nei pressi del 33.mo ed ultimo tornante un ciclista olandese mi si affianca, mi da una pacca sulle spalle e mi fa segno col pollice alto. Si rende conto che faccio fatica ma che è anche una piccola impresa affrontare una salita così portandomi dietro almeno 10/12 kg di borse. Poco dopo anche due ciclisti italiani, una coppia vestita uguale mi affianca e la ragazza mi grida “bravissimo”. È una piccola soddisfazione che mi aiuta a superare l’ultimo km. Dopo due ore esatte raggiungo la ’vetta’, mi concedo una foto davanti al cartello  del passo con  la scritta quasi illeggibile da quanti adesivi ci hanno attaccato i gruppi di motociclisti che invadono di solito queste strade. La soddisfazione per essere arrivato ai 2245 metri del Passo è sempre tanta, come tanta è anche la gente che affolla il passo raggiunto nei modi più diversi.

Il tempo di indossare il giubbotto e riparto subito affrontando la discesa verso Canazei dove sono sicuro di trovare un’area attrezzata per consumare quello che mi era rimasto dalla spesa di ieri, un panino e una pesca. Trovo puntualmente il posto di fermarmi e così mi riposo un po’: il resto della discesa e i km che dividono Canazei dall’inizio della prossima salita mi permetteranno di digerire bene quanto mangiato. Quando sto per finire il mio “pranzo” una coppia di tedeschi ferma l’auto e condivide il tavolo con me. Per me non è un problema, mi prendo anche una busta di Sali minerali e riparto. Conosco bene il resto della discesa e l’inizio della strada della Valle di Fassa che devo percorrere fino a Vigo per iniziare la seconda salita di giornata, quella che porta a Passo Costalunga. Fa caldo e pur in prevalente discesa faccio fatica perché trovo un fastidioso vento contrario e mi passa per la testa l’idea di proseguire diritto per raggiungere il mio obiettivo di oggi, l’hotel Erica di Stava, sopra Tesero in Val di Fiemme per una strada sicuramente più comoda fino a 3 km dall’albergo che dovrei raggiungere però dopo una durissima salita. Era una scelta che avevo già fatto un paio di volte in precedenza ma stavolta il mio orgoglio prevale e comincio subito a salire verso il centro di Vigo prendendo una strada che allunga un  po’ il percorso. Sono passate sei ore dalla partenza ed ho percorso 57 km. L’attraversamento del paese ed i primi km sono i più impegnativi della salita che resta tale fino ben oltre l’ultimo centro abitato, Vallonga,  per fortuna gli ultimi 4 km spianano improvvisamente permettendomi di recuperare un po’ di velocità e di raggiungere, dopo 10 km complessivi, il culmine dove scatto la solita foto tra il gruppo del Latemar ala mia sinistra e la Roda di Vael del gruppo del Catinaccio alla mia destra. Mi fermo in un locale dove bevo un  caffè ed ordino una coca che ripongo nelle borse in attesa di tempi più difficili. Nella successiva lunga discesa in direzione di Bolzano perdo molti più metri di dislivello di quanti ne abbia guadagnati salendo e attraverso la zona del Lago di Carezza, sempre affollato di turisti ed arrivo dopo 14 km al bivio di Ponte Nova dove parte la deviazione per il Passo di Lavazè, ultima fatica della giornata. Ero convinto che i km di salita fossero 9 e quando leggo invece sul cartello che sono 13 mi prende un po’ di scoramento ma sono le 16.40 e considerato che devo arrivare in albergo per ora di cena mi convinco che posso farcela, anche perché non ho alternative. Mi fermo e bevo la lattina di coca con calma e riparto e mi sembra di andare meglio, anche se forse solo a causa delle pendenze che sono ancora ora abbordabili. Dopo cinque kilometri,  all’altezza del bivio per Monte san Pietro e Aldino, comincia la parte più dura, un lungo tratto con curve solo accennate, praticamente un lungo rettilineo con pendenze medie tra l’ 8 e il 9 per cento con tratti di pendenza anche superiore. Mi fermo un paio di volte per rifocillarmi e prendere fiato e finalmente, dopo 8 km trovo il primo tornante che mi   permette di rilanciare la velocità fino a quel momento quasi pedonale. Raggiungo così la tanto agognata vetta dopo due ore e 40 minuti di salita e mi godo il panorama del luogo che ospita le migliori piste di sci di fondo che conosco e che ho più frequentato. Un paio di foto ed affronto la discesa verso Stava prestando molta attenzione viste le pendenze quasi costantemente vicine al 15%. Dopo avere abbandonato la strada che mi porterebbe a Cavalese, attraverso il bivio per l’Alpe Di Pampeago e il passo di Pramadiccio che supero di slancio arrivo davanti all’hotel dove trovo la titolare Anna ad aspettarmi. Sono le 19.40, ho percorso poco più di 100 km ma  con tre salite impegnative, ho sfatato il tabù dell’accoppiata Costalunga-Lavaze’ che avevo evitato in altre occasioni e posso dirmi veramente soddisfatto. Ora posso prendermi due giorni di riposo e pensare alle due tappe del ritorno.

Avevo pensato di limitare ad un solo giorno il riposo in Val di Fiemme ma le difficoltà delle prime due tappe ed il mal di gambe mi consigliano di rispettare il programma originario così il primo giorno scendo da Stava e dopo una camminata piuttosto lunga arrivo a Tesero dove dopo pranzo riesco a trovare gli amici dell’Albergo al Cervo, mia meta abituale in questi giri in bici, che mi fanno vedere lo stato dei lavori di ristrutturazione dall’albergo che riaprirà di lì a dieci giorni, quando le mie ferie saranno abbondantemente finite. Il secondo giorno gli amici dell’hotel Erica mi prestano una macchina e approfitto per raggiungere ancora l’altipiano di Lavaze’ per una tranquilla passeggiata lungo le piste da fondo.

Terza tappa, Stava-Feltre  148 km.

Nel progettare questa terza tappa avevo pensato di ripercorrere in senso contrario la tappa che mi aveva portato in Val di Fiemme nel 2014 riservandomi di modificare la parte finale, riservandomi due opzioni per gli ultimi kilometri prima di arrivare a Feltre.

Dopo la solita abbondante colazione dell’hotel Erica e un caffè in compagnia dei titolari Anna e Walter, alle 8.20 dopo avere indossato due giubbotti parto per la terza tappa è subito affronto i primi tre km in discesa: la sera prima ha piovuto, la strada è bagnata e le pendenze importanti, per cui proseguo con grande cautela. La prima parte scorre via veloce, attraverso Cavalese e il  traffico mi infastidisce un po’, non colgo l’occasione per prendere un po’ di frutta in un negozio appena fuori paese e all’altezza di Castello di Fiemme prendo la strada che attraverso Molina e la riva sinistra del lago artificiale di Stramentizzo mi permetterà di lasciare la Val di Fiemme per dirigermi verso la Val di Cembra. All’altezza del lago lo stop per un cantiere per la costruzione di un nuovo ponte mi infastidisce un  poco anche perché perdo l’abbrivio della discesa che in tappe così lunghe è sempre benvenuta.

Dopo un’ora e mezzo e 27 km arrivo così nei pressi di Sover dove una deviazione sulla sinistra mi porterà verso l’altipiano di Pine’. Il primo tratto è subito durissimo ma riesco a salire abbastanza bene e quando vedo la fine della prima rampa suona il telefono e perdo qualche minuto nel rispondere.  Sono sorpreso di vedere la strada salire ancora per quasi tre km con pendenze impegnative che terminano nei pressi del bivio per Montesover. Riconosco i posti che avevo attraversato e di seguito in un  tratto che non mi crea particolari difficoltà lascio alla mia sinistra il  bivio per il passo Redebus e proseguo per Baselga di Pine’ che raggiungo dopo avere superato i laghi delle Piazze e di Serraia, della cui vista oggi riesco a godere rispetto a due anni fa quando la fatica mi faceva guardare solo la strada davanti a me.

Superata Baselga riesco a non sbagliare strada ad una rotonda e comincio la strada verso Pergine Valsugana in leggera salita. Dopo Montagnaga comincia la vera discesa ed arrivo a Pergine dopo tre ore e un quarto e 54 km percorsi. Attraverso il centro e rischio di sbagliare strada attraversando una zona commerciale dove seguo quella che pare una pista ciclabile. Purtroppo non è così e appena imbocco una strada sterrata da un auto che sta sopraggiungendo un anziano signore mi consiglia di seguire il guardrail per qualche centinaio di metri fino a trovare un incrocio. Lo ringrazio ed i  effetti dopo poco riesco ad immettermi sulla statale per Levico Terme costeggiando il lago di Caldonazzo (il vicino lago di Levico si trova dall’altra parte di una piccola altura). Il traffico è intenso ma la corsia laterale per le bici è molto comoda e riesco a percorrere questo tratto ad una velocità abbastanza alta per le previsioni. Dopo 1,5 km dalla fine del lago abbandono la statale per immettermi nella ciclabile della Valsugana, che corre in mezzo ai campi dove prevale la coltivazione  delle mele. È ormai ora di pranzo e dopo avere cercato di contattare l’albergo in cui avevo prenotato per confermare l’arrivo (senza per altro ottenere risposta) mi fermo in un “bicigrill” dove mangio un hotdog e bevo una birra . Riparto dopo venti minuti e ancora seguendo la ciclabile raggiungo Borgo Valsugana, dove faccio confusione seguendo le indicazioni della stessa facendo un giro circolare per ritrovarmi allo stesso posto dove ero già passato e perdo circa dieci minuti. Arrivo per fortuna  ad un incrocio dove ci sono le prime indicazioni per Strigno , paese dove inizia la seconda salita della giornata. Dopo avere incrociato molti ciclisti che stanno partecipando ad una gran fondo amatoriale (credo a tappe) dopo 85 km percorsi in cinque ore e mezza prendo la strada per Strigno che comincia subito a salire con pendenze impegnative anche se quelle più dure le incontrerò appena passato il paese in direzione di Bieno dove il caldo amplifica la fatica. Arrivo a Bieno dopo otto  km di salita superando 500 metri di dislivello. A Bieno mi ricordo di una fontana e ne approfitto per rinfrescarmi e fare scorta d’acqua prima di affrontare gli ultimi km di salita che mi porteranno al Passo Forcella a quota 925 dopo poco più di sette ore dalla partenza. La discesa verso Pieve Tesino è breve e subito affronto i due km in salita  che mi portano in centro a Castello Tesino, che raggiungo dopo avere risposto ad una telefonata del maestro del mio coro che mi fa perdere qualche minuto.  In centro a Castello Tesino seguo le indicazioni per il Passo Brocon e passo accanto ad un locale nel quale potrei fermarmi per una bibita ma preferisco andare oltre. Arrivo così al bivio per la località di Roa dove la strada prosegue per un tratto impegnativo in salita e poi per un po’ in discesa. Passato un tornante trovo un cartello che indica la chiusura per lavori della strada che dovrei percorrere. Mi fermo un attimo ma preferisco rischiare di proseguire confortato dall’incrocio con alcune auto che provengono in direzione contraria. Per fortuna la strada è regolarmente aperta e proseguo così in discesa e poi, superata Roa ed il bivio per il Passo Cima da Campo e Arina, e proseguo in direzione di Lamon per una tratto di alcuni km di saliscendi anche impegnativi. Lascio Lamon alla mia sinistra e proseguo in discesa verso la statale del Passo Rolle che raggiungo presso Ponte Serra non prima di essermi fermato in un vecchio bar per un caffè e per prendere due lattine di cOca. Comincio così l’ultima salita della giornata, che avrei potuto evitare proseguendo diritto in direzione di Feltre ma preferisco seguire il programma originale. Ho percorso 119 km in 8 ore e 45 minuti.La salita porta al Passo Croce d’Aune che io affronto da un versante non troppo frequentato che prevede una deviazione dalla strada che porta a Col Falcon e al Monte Avena. La strada non è trafficata, le pendenze sono costanti ed il centro più grosso che attraverso si chiama Faller a circa metà salita, l’ultima parte della quale, che affronto dopo una decisa deviazione a destra,  si rivela essere piuttosto impegnativa e con strada piuttosto dissestata. Sto controllando l’altimetria col mio satellitare e mi rendo conto di avere raggiunto una quota ben superiore a quella indicata dal passo che infatti raggiungo dopo 2 km di discesa incerto poi sulla strada da prendere non trovando indicazioni. Ho percorso la salita di 12 km di distanza con un dislivello di oltre 700 metri in circa due ore. Mi fido dell’istinto e del mio senso di orientamento e parto per la discesa finale senza intravedere alcun cartello che segni il passo. Lo vedo quando ho superato il primo tornante, faccio dietrofront per alcune decine di metri per scattare la foto di rito e proseguo per una veloce discesa che mi porterà a Pedavena dove raggiungo la locale birreria per la cena, la qualità della quale mi delude un po’. Di solito mi bevevo due birre ma mi avendo già bevuto le due coca cola in salita il senso di sete era più attenuato del solito. Ho percorso a quel punto 144 km in 11 ore e 15 minuti.

Mi restano pochi km in discesa per raggiungere Feltre ma una volta raggiunto l’albergo non vi trovo nessuno nonostante suoni più volte il campanello. Non mi perdo d’animo e percorro poche centinaia di metri per raggiungere un altro hotel nel quale avevo già pernottato nel 2015 e riesco a trovare una sistemazione. Ho aggiunto  così  altri 5 km alla distanza giornaliera e dopo circa dodici ore dalla partenza (soste comprese) posso riposare in vista della tappa del ritorno a casa.

Quarta tappa Feltre Gradisca 135 km

Dopo una notte un po’ agitata e dopo avere dormito poco la mattina approfitto dell’orario della colazione che è disponibile dalle 7 e alle 7 e 55, dopo il pieno d’acqua parto e cerco subito di raggiungere la strada principale che mi porterà in direzione Belluno seguendo la sponda sinistra del Piave. È un percorso che ormai conosco molto bene e non mi faccio sorprendere da alcuni saliscendi ed arrivo alla diga sul Piave che segna la deviazione tra le strade che costeggiano il fiume dopo poco più di mezz’ora. Supero Lentiai per la circonvallazione e poco prima di Mel mi fermo a prendermi qualcosa per il pranzo in un  supermercato.  Supero anche Trichiana e Limana e mi avvicino  a Ponte nelle Alpi dove so che troverò una bella fontana. La strada è stata modificata e attraverso due gallerie di nuova costruzione che non mi creano particolari problemi: all’uscita della seconda provo ad immettermi in una ciclabile ma vedo che altri ciclisti non la usano e anch’io torno sulla strada principale. Arrivo alla fontana dopo due ore e 45 minuti e 36 km percorsi. Un trafficatissimo bivio mi permette di entrare nella statale di Alemagna che mi sorprende un po’ perché speravo che i km che mi dividevano dal bivio per l’Alpago e il Cansiglio fosse prevalentemente in discesa. Arrivo comunque al bivio “la secca” dopo altri 8 km. Sono le 11 e un quarto e fa caldo anche se ci sono nubi minacciose qua e là. Ho deciso di seguire il percorso meno diretto per raggiungere il Cansiglio la salita al quale inizia dopo altri 4 km. Mi ricordavo pendenze più tranquille ma dopo Puos d’Alpago la salita si fa impegnativa e il caldo rende la fatica più intensa. Ho come riferimento kilometrico il paese di Tambre ma dopo 6 km nella località di Borsoi trovo una fermata di bus e decido di fermarmi a mangiare i due panini con la mortadella che mi ero comprato prima. (simpatica la vista su un muretto di alcune scritte inneggianti a ciclisti degli anni 60, segno del passaggio del Giro d’Italia da quelle parti). La salita a Borsoi e fino a Tambre è molto impegnativa e quando mancano un paio di km al centro più grosso della zona comincia a piovere. Mi riparo sotto un grande albero restando sulla strada e riparto   dopo 10 minuti.  Dopo Tambre ed un altro rifornimento d’acqua mi ri-immetto sulla strada che proviene da Valdenogher (quella più diretta ma ancora più impegnativa) e subito dopo Spert incontro una bella discesa dopo che ho percorso 63.5 km. Alla fine della discesa e dopo un tornante inizia il tratto finale di salita  che attraverso Campon e Pian d’Osteria mi permette di raggiungere l’altipiano del Cansiglio dopo 68 km percorsi in sei ore e 40 soste comprese. Per raggiungere il punto più alto della salita mancano però ancora 6 km e raggiungo “la crosetta” poco dopo le 15 e sette ore complessive dii viaggio. Scattata l’ultima foto mi avvio in discesa e dopo circa un km prendo di slancio la strada sulla sinistra che mi porterà a Caneva .

Sento avvicinarsi un temporale ma provo a proseguire anche perché non troverei posto per ripararmi. Dopo avere superato in discesa un’auto che va a 20 all’ora, improvvisamente comincia a piovere con sempre maggiore intensità. Per fortuna fa caldo e nonostante un nubifragio incredibile che mi fa arrivare acqua da tutte le parti (compresa quella scaldata dall’asfalto che faccio schizzare con le ruote) con molta attenzione percorro il quasi 15 km di discesa senza che la pioggia accenni a diminuire. Sotto il diluvio a Sarone trovo una deviazione che mi permette di arrivare direttamente nei pressi di Fiaschetti dove trovo un semaforo a pochi metri dal quale c’e’ la deviazione per Vigonovo che devo prendere. La pioggia è decisamente calata e nonostante nuvoloni neri tutto attorno decido di proseguire. Quando sto per arrivare a Ranzano il vento aumenta sensibilmente e riesco a ripararmi in una fermata di autobus appena in  tempo per evitare un nuovo violentissimo acquazzone con fortissimi colpi di vento che mi fanno temere per la stabilità della struttura sotto la quale mi sono riparato. La sosta forzata dura 25 minuti durante i quali telefono a casa per confermare il mio arrivo nonostante la pioggia. Riparto quando sta ancora pioviggiando ma dopo un km mi devo fermare per un altro quarto d’ora. Sono ormai le 16.45 quando riparto definitivamente con il tempo che migliora progressivamente e mancano circa 40 km a casa. Raggiungo Roveredo in Piano   dopo 104 km complessivi, mi tolgo progressivamente i giubbotti impermeabili e sento che anche i pantaloni si stanno lentamente asciugando: non così le scarpe ma fa caldo e non è un problema. Arrivato alla rotonda nei pressi di Vivaro decido di proseguire per la nuova viabilità evitando di proseguire per Rauscedo e San Giorgio della Richinvelda a causa delle incognite sulle condizioni del guado sul fiume Meduna, ripercorro così in senso inverso rispetto all’andata il ponte verso Tauriano e proseguo per il nuovo ponte sul Cosa e attraverso Bussolino raggiungendo casa vrso le 19.15 dopo avere percorso 135 km in undici ore e dieci minuti complessivi soste comprese.

Ho superato l’obiettivo dei 500 km successivi grazie al kilometraggio delle ultime due tappe e sono molto soddisfatto. La pioggia ha bagnato tutto il contenuto delle borse ma sono arrivato a casa, contento della nuova ‘impresa”.

ciclo tour 2016ultima modifica: 2016-07-27T22:23:41+02:00da maxpres8
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