ciclo tour 2015

Ciclo tour 2015.

 

22 giugno 2015 – Prima tappa, Gradisca – Dobbiaco,  150 km

 

La partenza da casa, dopo una colazione più abbondante del solito, avviene alle 6.35: devo affrontare il ponte di Dignano sul Tagliamento e spero che a quell’ora non sia tanto trafficato. Purtroppo invece non è così, e, come previsto, per i primi dieci km il traffico è quasi insopportabile, tanti camion soprattutto. Per fortuna arrivo a Villanova di San Daniele dove all’altezza del cimitero prendo la deviazione per Aonedis, da dove per una strada sempre in costante ascesa ma con traffico quasi inesistente arrivo a Ragogna: il primo test con una salita piuttosto impegnativa anche se non lunghissima lo faccio per raggiungere la strada che da Ragogna porta a San Daniele, le borse non sembrano darmi particolare fastidio. Sto usando una bici nuova, che mi da garanzie soprattutto per quanto riguarda la frenata con i freni a disco e che mi dovrebbe facilitare anche la percorrenza in salita visto che è un po’ più leggera della precedente, con la quale avevo percorso nel 2002 la stessa tappa che intendo percorrere oggi. Allora i guai di gioventù mi costrinsero a fermarmi a Dobbiaco in cerca di un meccanico, questa volta l’ho fatta controllare prima dopo circa 700 km di rodaggio. Il cambio, soprattutto nello scalare in rapporti più impegnativi, non è proprio perfetto, ma cerco di ovviare con un po’ di esperienza.

Passo per Muris di Ragogna e come già avvenuto altre volte in occasione di questi miei giri in bici incontro il collega Claudio che sta andando al lavoro, proseguo per Cimano dove ri-attraverso il Tagliamento per raggiungere attraverso Cornino la strada panoramica che costeggia lo stesso fiume dove, poco prima di Peonis, mi fermo per le prime foto del viaggio al monumento dedicato ad Ottavio Bottecchia. Ho percorso circa 30 km in due ore, la media mi soddisfa pienamente. Dopo avere attraversato Avasinis ed Alesso ed avere costeggiato il lago di Cavazzo dove una breve salita non mi crea problemi, arrivo a Somplago dove comincia la prima salita veramente impegnativa con pendenze attorno al 10% (cartello stradale): la salita continua per circa due km, e dopo il primo “scollinamento” inizia una piacevole serie di saliscendi non troppo impegnativi che mi permettono di arrivare a Tolmezzo dove dopo 50 km e tre ore e un quarto, attraverso per la terza ed ultima volta il Tagliamento per immettermi sulla statale che porta a Villa Santina. Avevo pensato anche di utilizzare una viabilità alternativa ma le incognite sul meteo mi consigliano di prendere la strada più corta anche se un po’ più trafficata. Il tempo si è mantenuto sul variabile finora, con qualche squarcio di sole, ma nella direzione verso cui sono diretto le nubi sono piuttosto minacciose.

A Villa Santina, nei pressi del bivio per Enemonzo e Forni di Sopra mi fermo per fare alcuni acquisti per il pranzo: pane ed affettati preconfezionati, che si riveleranno utili nei giorni successivi. Non trovo da bere, e mi fermo in un bar per prendermi una lattina di coca cola. Attraverso Ovaro e Comeglians, dove comincia la salita per Rigolato che ricordavo meno impegnativa ma che comunque non mi mette in difficoltà. Quando arrivo nei pressi della località di Valpicetto trovo una fermata dell’autobus in muratura e coperta e ne approfitto per consumare quanto acquistato e per fare il pieno di energia. Chiamo a casa per rassicurare sul buon andamento della giornata: sono a metà strada e sono in viaggio da poco più di cinque ore, sono soddisfatto anche se la parte più difficile deve ancora venire.

Riparto dopo circa venti minuti, attraverso Rigolato e dopo avere evitato la nuova galleria seguendo la vecchia viabilità verso Tors e Givigliana, dopo circa 45 minuti arrivo a Forni Avoltri, dove comincia la prima salita veramente impegnativa che mi porterà a raggiungere Sappada. Attraverso la località di Piani di Luzza dove da bambino ho trascorso diversi periodi in “colonia” e subito dopo lo stadio del Biathlon che lascio sulla mia sinistra inizia la parte più difficile della tappa, 200 metri di strappo al 15% seguiti da circa tre km di salita meno dura ma comunque impegnativa: in questi tre km si supera infatti un dislivello di circa 250 m. Sono ripagato dai successivi 15 km in prevalente discesa, durante i quali attraverso i paesi di San Pietro e Campolongo di Cadore e arrivo a Santo Stefano di Cadore dopo otto ore di viaggio avendo percorso 110 km.

Per mia fortuna il meteo mi è favorevole, girano grossi nuvoloni neri ma non piove e così posso iniziare l’ultima parte del percorso, la lunga salita che porta al Passo di Monte Croce Comelico e la successiva discesa sulla Val Pusteria. La salità è lunga (quasi 22 km) ma presenta una pendenza media del 3,5 % in quanto è divisa in tre parti di lunghezza quasi uguale: dopo circa sette km di salita comincia un tratto in falsopiano di altri 7 km dopo il quale inizia il tratto di salita più impegnativo nel quale si superano 400 mt di dislivello. Attraverso località che conosco bene in quanto quella che sto percorrendo è una delle strade che uso per raggiungere Dobbiaco anche d’inverno. Caratteristici i paesi posti sul fianco della montagna e altrettanto caratteristico un tornante posto a Sega Digon dal quale partirebbe una strada che mi permetterebbe di raggiungere il passo ma solo in mountain bike. Superata Padola di Comelico, località nella quale si svolge una gara di sci di fondo (la Comelgo Loppet) cominciano i km più faticosi, anche perché le ore di sella si fanno sentire. Tornanti che conosco bene ed una cascata sarebbero anche obiettivi per delle foto ma preferisco salire con regolarità e non perdere ulteriore tempo, anche se sto pienamente rispettando la tabella di marcia. Dopo una curva appaiono in lontananza gi alberghi posti sul passo, che raggiungo dopo un faticoso tratto quasi rettilineo dopo 10 ore e 45 dalla partenza da casa (dieci ore effettive di pedalate e 131 km). La foto che scatto a ricordo consuma le ultime energie del telefonino sul quale ho installato un applicazione che registra l’intero viaggio. Così non mi registra gli ultimi 19 km in prevalente discesa che attraverso Moso, Sesto in Pusteria e San Candido mi permettono di raggiungere Dobbiaco utilizzando, nell’ultimo tratto, la pista ciclabile che però presenta delle interruzioni che mi fanno perdere un po’ di tempo. Sono comunque passate da poco le 18 quando arrivo davanti all’albergo Nocker di Dobbiaco dove mi godo il meritato riposo ed una abbondante cena.

I nuvoloni che mi giravano attorno si sono decisi a scaricarsi durante la note e nella mattinata e così, ottenuta la disponibilità della titolare a fermarmi per un’altra notte, causa maltempo sono costretto a rinviare la seconda tappa al giorno successivo, confortato dalla previsioni che mettono tempo ottimo, fresco ma bello. A Dobbiaco smette di piovere nella mattinata ed esce anche il sole, ne approfitto per una visita a San Candido (che raggiungo in treno) ed una passeggiata nei dintorni. Quando chiamo a casa nel pomeriggio mi dicono che è in corso un vero e proprio nubifragio e lo stesso sta accadendo in Val di Fiemme, mia meta della seconda tappa: mai decisione di rinviare la partenza è stata più saggia.

 

24 giugno 2015 – Dobbiaco Tesero, 131 km

 

Nelle previsioni della vigilia, questa avrebbe dovuto essere la tappa più impegnativa del viaggio ed infatti si rivelerà tale.

Parto verso le otto dopo la solita abbondante colazione e mi devo coprire un po’ perche le previsioni sull’abbassamento delle temperature si rivelano azzeccate, ci sono infatti 8 gradi alla partenza da Dobbiaco. Decido di seguire, per il primo tratto, la pista ciclabile, e la scelta si rivela essere felice: il tempo è splendido, con il contrasto tra il verde dei prati ed il cielo azzurro intenso del cielo. L’unico dubbio mi prende all’altezza di Monguelfo, dove le mie speranze per una asfaltatura del tratto che porta a Valdaora si rivelano vane. Ci metto tutta l’attenzione possibile per percorrere circa 5 km di sterrato che mi permettono di raggiungere Valdaora costeggiando l’omonimo lago artificiale: tra l’altro, a brevi strappi in salita si alternano altrettanti ripide discese che percorro frenando il più possibile: il peso delle borse non mi consiglia di rischiare danni ai cerchi delle ruote. Ricominciato l’asfalto alla fine della pista ciclabile un ulteriore, più lungo strappo mi fa arrivare al centro di Valdaora dove ad una fontana faccio rifornimento d’acqua e mi tolgo il gubbotto: fra poco comincia la salita al Passo Furcia ed è quindi prevedibile che cominci a sudare. La prima parte della salita è molto scorrevole ed il solo fastidio è dato dal traffico, soprattutto di moto. Questa parte termina dopo circa 4 km in località Gassl e le pendenze cominciano a farsi più impegnative per circa due km con una pendenza media del 9,5%. La fatica è mitigata da splendide vedute aeree sulla Val Pusteria e sulla Valle di Anterselva della quale si scorgono i primi prati.

Dopo un breve tratto in falsopiano, dopo una galleria comincia un durissimo tratto di circa 1.5 km con una pendenza media del 12,5 e tratti fino al 15%. L’ultima parte della salita, durante la quale incontro gli immancabili cantieri con traffico di autobetoniere presenta pendenze minori ma ancora superiori in certi tratti al 10%.  Mi arriva un sms di un collega sulla situazione del mio posto di lavoro, sorrido ma devo pensare agli ultimi metri di salita. Raggiungo  i 1789 m del Passo Furcia (12 km, 800 m di dislivello) dopo circa tre ore e dopo avere percorso circa 30 km. Anche al passo sono in corso lavori soprattutto nella zona del bacino che serve all’innevamento artificiale (siamo nella zona del Plan de Corones) quindi devo fare attenzione alle buche quando comincio la discesa verso San Vigilio di Marebbe che presenta dei tratti impegnativi, con strada stretta e pendenze elevate. Poco prima dell’ingresso in paese mi fermo per mandare una foto ad un collega che frequenta di solito San Vigilio per le sue ferie in montagna, attraverso il paese ed arrivo al bivio di Longega. Dal tempo che ci metto ad attraversare l’incrocio capisco che i km successivi saranno una sofferenza, ma la realtà supererà l’immaginazione. Riesco a pedalare bene ed a mantenere una media discreta ma il traffico si rivela essere particolarmente intenso: in più, dopo una lunga galleria e tre impegnativi tornanti che precedono Pedraces, trovo una lunga serie di tratti di asfalto “grattato” dalle apposite macchine che livellano il terreno prima di una nuova asfaltatura. Polvere, traffico e sede stradale sconnessa mi innervosiscono, tanto più che hanno provveduto a trattare la statale così fino praticamente a La Villa, quindi per una decina di km. Mi fermo solo per fare rifornimento d’acqua e passo il bivio per la strada che attraverso San Cassiano porta al passo Valparola e passo davanti alla “Gran Risa”, famosa pista di slalom gigante che ospita ogni anno una prova di coppa del mondo di sci. Con meno fatica del previsto arrivo a Corvara dove decido di fermarmi e consumare quello che mi era rimasto dal pranzo del lunedì. La sosta dura circa venti minuti, il tempo è bello ma tira un fresco venticello che mi consiglia di coprirmi mentre sto fermo. Comincio a notare sulla strada un gran numero di ciclisti, molti sono in mountain bike per la “Sella Ronda Heroes” della domenica successiva, molti altri per la “Maratona dles Dolomites” del 3 luglio (gara con 9.000 partecipanti ma con richieste di iscrizione intorno alle 20.000). Sono quasi le 14 quando inizio la parte più impegnativa della salita al Passo Campolongo, della quale ho già percorso circa 14 km superando 400 m di dislivello: mi mancano gli ultimi sei km che presentano un dislivello di 350 m. Il primo tratto è molto impegnativo, ma è mitigato da numerosi tornanti e dalla vista su Corvara che si allontana sempre di più: superato l’ultimo tornante all’altezza di un campo da golf la strada punta dritta verso il passo che raggiungo dopo circa un’ora di percorrenza. Decido di fermarmi e di rinfrescarmi con una Coca Cola e prendo la breve discesa (4 km circa) che mi porteranno ad Arabba dove comincia l’ultima salita della giornata, il Passo Pordoi, cima Coppi del giro con i suo 2239 m. Prima di partire faccio il pieno d’acqua, mi aspettano nove km di salita e oltre 600 m di dislivello. Il Pordoi è una salita affascinante, i suoi 33 tornanti sono quasi tutti a vista e la strada è aperta davanti a te come un libro. Invece di scoraggiarmi visto che l’obiettivo si vede benissimo in alto mi faccio coraggio, conosco bene la strada e so che lo sforzo è regolare: la giornata continua ad essere bellissima ma la temperatura si aggira sui venti gradi e quindi ideale per lo sforzo. Mi sorpassano tanti ciclisti con fisici da atleti ed anche uno che atleta tanto non sembrerebbe ma guardandolo bene mi accorgo che ha una bici a pedalata assistita, quindi mi rincuoro. Arrivo al passo dopo circa un’ora e 45 minuti (qualcosina in più del previsto ma non avevo calcolato il peso delle borse che un po’ fanno da freno) e approfitto del primo locale che trovo per bere un cappuccino prima di iniziare i 12 km di discesa che mi porteranno a Canazei in circa 25 minuti. Passo la località più settentrionale della Val di Fassa sorpreso dalla scarsa presenza di turisti, cosa che noterò anche nella successiva Val di Fiemme, mia meta odierna. Conosco molto bene la strada, prevalentemente in discesa e percorrendo la quale noto ai lati diversi tratti della pista della Marcialonga di sci di fondo cui partecipo dal 1999.  So che dalla cima del Pordoi fino a Tesero i km sono circa 45 e quindi comincio a fare un po’ di conti sull’orario di arrivo: non sbaglio di molto e dopo avere sofferto un po’ come al solito nel tratto tra Ziano di Fiemme e Tesero, raggiungo il centro di quest’ultima località dove è situato l’albergo Al Cervo, mia meta odierna, che raggiungo poco prima delle 19, dopo 131 km e undici ore dalla partenza da Dobbiaco, con dieci ore di pedalate effettive: ho mantenuto la stessa media del primo giorno anche se il dislivello complessivo in salita è stato molto maggiore. Sono molto contento della mia impresa, posso pensare con tranquillità al giorno di riposo e godermi la magnifica cena che mi hanno preparato gli amici dell’albergo.

 

Terza tappa, 26 giugno 2015, Tesero-Feltre, 145 km.

Dopo il giorno di riposo che mi permette di fare visita ai tanti amici che ho a Tesero e dintorni, grazie alla disponibilità di Lorenza, titolare dell’albergo del quale il venerdì mattina sono l’unico cliente, riesco a fare colazione con un certo anticipo e quindi riesco a partire verso le 7.30. L’aria è frizzante ma basta un leggero gilet per ripararmi per i primi km. Preferisco ripercorrere gli ultimi km della tappa precedente per raggiungere Predazzo piuttosto che seguire le stradine e la ciclabile di fondovalle, e comincio la salita verso la prima “asperità” della giornata poco fuori dalla località famosa anche per i suoi trampolini per il salto con gli sci che hanno ospitato diverse gare di coppa del mondo. Mi aspettano 21 km di salita e 950 m di dislivello, che sono distribuiti soprattutto nella prima e nella seconda parte della salita: il primo tratto impegnativo si conclude a Bellamonte, meta di tanti atleti che si allenano con gli ski-roll (e infatti ne trovo alcuni per strada): qui comincia un tratto in falsopiano che permette di guadagnare velocità: la località successiva è Paneveggio, famosa per la sua foresta di abeti “musicali” e per il parco che ospita numerosi cervi, che vedo passeggiare tranquillamente, cosa che non mi era successa tanto spesso. Poco sopra Paneveggio la strada costeggia un lago artificiale e la strada spiana ancora, prima di ricominciare a salire con decisione all’altezza del bivio con il passo Valles, che lascio alla mia sinistra. Le pendenze non sono mai eccessive, alcuni tornanti permettono di riprendere un po’ di velocità e la strada è quasi tutta nel bosco, quindi il sole non scalda troppo e mi permette di salire con meno fatica del previsto. Una curva a sinistra immette in un ampio spiazzo dominato dalle pale di San Martino alle quali scatto una foto appena passata malga Rolle, quando manca circa un km alla vetta, che raggiungo dopo circa 3 ore e un quarto e 30 km. La discesa verso San Martino di Castrozza e Fiera di Primiero è molto lunga e percorro i 30 km che mi separano dal mio prossimo obiettivo in un’ora e mezza. E’ ormai ora di pranzo e da programma avevo previsto di fermarmi in un locale sulla strada ma mi confondo e quando mi accorgo di averlo già passato preferisco continuare per cercarne un altro: uscito dalla statale all’altezza del paese di Imer poco prima di iniziare la seconda salita della giornata, il Passo Gobbera, trovo un ristorante nel quale mangio una buona pasta, una buona riserva di energia per il proseguo del viaggio. La salita comincia proprio di fronte al locale ed è caratterizzata da un lunghissimo rettilineo iniziale che devo percorrere controvento. Il traffico è molto scarso ed anche l’ombra si fa desiderare, ma so che la sofferenza è destinata a durare poco. La salita è lunga circa sei km e presenta un dislivello di 350 m. Dopo il lungo rettilineo comincia una serie di otto tornanti molto panoramici che permettono belle vedute sulla valle del Primiero. Un lungo tratto quasi rettilineo segna l’ingresso nel paese di Gobbera dove è posto lo scollinamento: il cartello stradale indica solo la località, mentre poco più a lato un cartello turustico da il benvenuto al Passo Gobbera, 984 mt sul livello del mare. Sono in sella da 5 ore e 45 minuti ed ho percorso circa 65 km. Dopo un rifornimento d’acqua inizio la discesa verso la Valle del Vanoi e il paese di Canal san Bovo che attraverso per poi attraversare il vistoso ponte sul torrente Vanoi che segna l’inizio della successiva salita, il Passo Broccon.

La salita è lunga circa 14 km e presenta un dislivello di quasi 900 metri, con pendenze molto regolari e traffico molto limitato, se si eccettuano le solite orde di tedeschi in moto che paiono conoscere queste strade molto bene. La maggior parte del percorso si snoda nel bosco, quindi l’ombra è garantita, e riesco a gestire la fatica piuttosto tranquillamente. L’unico “inconveniente” è rappresentato dalle difficoltà di collegamento telefonico con mio fratello che mi fanno perdere dieci minuti e mi innervosiscono un po’. Avevo calcolato un paio di km in più di salita in fase di studio del percorso, così sono piacevolmente sorpreso di raggiungere il cartello del Passo in leggero anticipo sul previsto. Anche qui sono in corso lavori sulla strada e tira un vento piuttosto fastidioso e mi vesto per prepararmi alla discesa. Avevo percorso ancora questa strada ma il tratto che segue mi sorprende un po’, infatti la strada continua in leggera salita per circa quattro km, che mi fanno faticare più del previsto e sudare un po’ visto che indosso un giubbotto più pesante in vista della prevista discesa. Cerco di non pensare alla fatica cercando di ricordarmi il nome della casa vacanze che dovrebbe segnare l’inizio effettivo della discesa: raggiungo casa “Saronnese” dopo circa un quarto d’ora di fatica non prevista e inizio la lunga discesa verso Castello Tesino. Dopo 10 km di discesa raggiungo il bivio per la località di Roa e per un attimo ho la tentazione di “accorciare” il percorso raggiungendo il mio obiettivo di oggi, Feltre, ri-immettendomi sulla statale del Passo Rolle all’altezza di Ponte Serra dopo avere passato Lamon, località famosa per i fagioli. Preferisco continuare per l’itinerario programmato e arrivato a Castello Tesino ho una certa difficoltà per trovare la strada giusta, ma poi riconosco la strada percorsa due anni fa per raggiungere il passo di Cima da Campo e mi tranquillizzo. Il bivio per la discesa verso Grigno è ben segnalato e comincio la discesa (che avevo percorso in senso contrario l’anno scorso) che percorro con molto attenzione, visto che ci sono molti tornanti in galleria. In venti minuti, dopo circa 10 km, arrivo a Grigno, in Valsugana, dove giro a sinistra e percorro altri 7/8 km in continuo saliscendi per raggiungere Primolano, da dove parte l’ultima salita effettiva della giornata, le Scale di Primolano, tre km con diversi tornanti che fiancheggiano diverse fortificazioni di origini storiche diverse, soprattutto risalenti alla 1.a guerra mondiale. Mentre sto per arrivare dopo un tratto di leggera discesa al paese di Arsiè, decido di telefonare all’albergo per chiedere conferma della presenza della cena nella mia prenotazione. Avendo avuto conferma che la cena non è prevista, e confermato che arriverò in albergo non prima delle venti, da Arsiè mi dirigo verso Arten e, per una strada secondaria che presenta alcune difficoltà altimetriche, verso Pedavena, dove alla locale birreria di rifocillo con due belle birre e un piatto di wurstel crauti e patatine. Qui fermo il mio contachilometri a 145 (percorsi in 10 ore e 27 min. complessivi al netto di circa un’ora di soste complessive)  anche se per raggiungere l’albergo dovrò percorrerne altri 5 trovando anche difficoltà nel trovare la strada giusta per alcune deviazioni e sensi unici che non ricordavo. Il fatto di avere raggiunto l’albergo dopo avere già cenato mi consente di farmi la doccia con calma e buttarmi subito a letto sprofondando subito in un sonno ristoratore, soddisfatto della nuova “impresa”.

Quarta tappa, sabato 27 giugno 2015 Feltre-Gradisca 127 km

Anche l’albergo di Feltre mi permette di fare colazione molto presto e anche se la tappa del ritorno a casa non presenta particolari difficoltà, è con molto piacere che parto presto: mi perdo un po’ tra le stradine interne prima di trovare quella giusta che mi permette di arrivare alla provinciale in direzione di Belluno dove proseguo fino alla rotonda in prossimità di uno sbarramento sul Piave che ho già percorso molte volte sia prendendo la direzione della destra Piave ma soprattutto quella verso la sinistra Piave, che è quella che imbocco oggi. Contrariamente ad altre occasioni però, non proseguo in direzione Mel, Trichiana etc ma giro subito in direzione Treviso per raggiungere Il bivio per Valdobbiadene. Mi aspettavo una strada meno trafficata e più stretta, mi ritrovo invece a percorrere una strada larga di grande comunicazione, praticamente uguale a quella posta dall’altra parte del fiume che avendo già percorso in altre occasioni ho voluto evitare. Per fortuna la strada è in prevalente discesa così non ci metto moltissimo a percorrere i 28 km che mi separano dal bivio posto in prossimità di una grande ponte al quale arrivo dopo circa un’ora e mezza. Mi ricordavo diversa la prima parte della strada verso Valdobbiaddene e supero alcune gallerie senza difficoltà: la strada si alza un po’ nei pressi della cittadina ma non mi preoccupo. Rimango sorpreso invece di una rampa durissima proprio all’uscita del paese che spero finisca presto: non è così invece e la strada continua in salita in mezzo ai vigneti di Prosecco: comincio ad avere sete e mi decido ad usare la borraccia di emergenza che ho nelle borse. Un tratto di discesa di circa un km mi illude un po’ ma poi la salita riprende con continuità per terminare nei pressi di Combai dopo circa 12 km da Valdobbiadene. Appena iniziata la discesa scorgo un largo piazzale dove c’è una fontana e approfitto per un rifornimento d’acqua e per rinfrescarmi. Mi tolgo anche i guanti che dimentico di riprendere su, e mi accorgerò della dimenticanza solo dopo alcuni km di discesa e preferisco lasciarli lì. Superati Miane e Cison di Valmarino ed il bivio per il Passo San Boldo a Tovena, arrivato al paese di Lago mi fermo in un negozietto gestito ancora alla maniera delle botteghe di una volta per prendermi due panini e un etto di soppressa, che mangio di gusto fermandomi poco dopo in un giardinetto a Revine Lago. Manca poco a Vittorio Veneto che raggiungo dopo circa 60 km dalla partenza in poco più di quattro ore di viaggio. Attraversando Vittorio Veneto mi viene voglia di un po’ di frutta e mi fermo a prendere delle pesche noci, che consumerò strada facendo. Non sbaglio la direzione e evito la trafficatissima statale prendendo la direzione di Cappella Maggiore, da dove arrivo a Cordignano e rientro in Friuli nei pressi di Stevena di Caneva. Manca poco alla deviazione che da Fiaschetti mi permetterà di raggiungere Vigonovo e poi Roveredo in Piano per strade poco trafficate. Verso San Quirino cade qualche goccia di pioggia ma dura poco, la strada, sempre in leggera salita mi porta a superare la rotonda per san Foca e superare i ponti sul Cellina e sul Meduna per poi usare la nuova strada che mi permette di evitare gli abitati di Vivaro e Basaldella. Quando arrivo nei pressi del bivio per Tauriano noto un interruzione stradale: è in corso l’ “Italian baja” manifestazione internazione di fuoristrada. Chiedo agli addetti ed ai carabinieri di poter passare e senza dovere attendere troppo riesco a riprendere la strada verso Barbeano, dove giro per la frazione di Bussolino per poi arrivare a casa a Gradisca dopo 125 km percorsi in sette ore e 18 minuti al netto di 40 minuti di sosta.

Sono particolarmente soddisfatto: è stato il giro più lungo di quelli che ho percorso a partire dal 2001, (non avevo mai fatto 550 km) sicuramente uno dei più impegnativi soprattutto nella seconda e terza tappa, posso ritenermi più che soddisfatto. Sono tornato a casa sano e salvo, la bici non mi ha dato problemi, posso cominciare a studiare un nuovo percorso per il 2016.

 

 

 

ciclo tour 2015ultima modifica: 2015-08-16T18:41:58+02:00da maxpres8
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