stagione sciistica 2013

Stagione sciistica 2012/2013

 

Come succede di solito la mia stagione sugli sci da fondo inizia sulle nevi della Val di Fiemme, a Passo Lavazè, durante il week end dell’Immacolata. Non c’è molta neve ed infatti alterno le sciate al passo con due uscite a Passo San Pellegrino, dove nonostante la neve non sia troppo più abbondante è battuto un anello di 10 km che rende l’allenamento meno monotono: l’ultimo giorno scio sulle piste della Val di Gares, che si raggiunge attraversando il paese di Papa Albino Lucani, Canale d’Agordo.

 

Successivamente riesco a fare due uscite ad Obertilliach, in Austria, dove riesco a percorrere una trentina di km per volta senza mai passare per lo stesso punto, con condizioni di neve ideali. Non così purtroppo nell’ultimo week-end prima delle prime gare: durante la prima settimana dell’anno si sono disputate alcune gare di Coppa del Mondo in Italia, tra le quali la gara maschile tra Cortina e Dobbiaco sul percorso che ricalca la gara del primo week-end di febbraio. In tv le piste erano apparse in ottime condizioni, ma raggiunta Cortina dopo un paio di giorni di temperature alte e vento forte trovo la pista in condizioni pessime, ghiacciata e piena di sporco (rami di pino e pigne). Decido di provare ad andare a Dobbiaco dove trovo una condizione ottimale sulle piste agonistiche, ma resto perplesso per le scarse condizioni di innevamento in vista della prima gara, la Pustertaler ski-marathon del week-end successivo.

Ad aggravare la situazione un incidente occorsomi la domenica dell’Epifania quando durante un escursione in montagna scivolo su una lastra di ghiaccio finendo letteralmente a gambe all’aria cadendo con il petto sul manico della racchetta che tengo in mano: il dolore è forte e nei giorni successivi ogni starnuto mi provoca fitte lancinanti, ma non rinuncio a partire per la prima gara.

 

PUSTERTALER SKI-MARATHON 12-13 GENNAIO 2013

 

Come era ampiamente prevedibile, la scarsità di neve non permette agli organizzatori di rispettare il programma delle gare che prevedevano una gara in skating il sabato da Dobbiaco a Braies per ca. 30 km e una in tecnica classica di 42 km da Dobbiaco a Sesto in Pusteria la domenica. Il problema principale è che non è battuto il giro alla sinistra del Lago di Dobbiaco, per cui non è possibile utilizzare la pur ben battuta pista che dallo stadio del fondo di Dobbiaco va verso Cortina. I percorsi perciò saranno uguali, partenza dallo stadio del fondo di Dobbiaco, un giro sulle piste agonistiche e poi conclusione a Sesto in Pusteria dopo circa 19 km.

Approfittando del fatto che la gara parte alle 10, mi reco presto alla farmacia di Dobbiaco dove acquisto una pomata di loro produzione a base di arnica che spero mi possa lenire il dolore al petto.

Dopo l’applicazione della pomata e l’assunzione di un antidolorifico indosso il pettorale e mi appresto a raggiungere la partenza inforcando gli sci a 50 m dall’albergo e utilizzando la pista che in gara si percorrerà in senso inverso.

Parto naturalmente nel terzo gruppo e dopo qualche difficoltà dovuta al traffico, le piste agonistiche fanno subito la selezione e le distanze tra i concorrenti si dilatano, cosa positiva in considerazione delle difficili discese che dobbiamo affrontare. Termino il giro “agonistico” di circa 5 km in poco più di 25 minuti e dopo avere affrontato la salita ricavata sul tetto del fabbricato sede dei servizi dello stadio del fondo mi avvio verso il centro di Dobbiaco per poi affrontare il tratto di pista che porta a San Candido dove passo il cartello dei 10 km dalla partenza raggiunti dopo 45 minuti. Dopo l’attraversamento delle piste di discesa e la successiva salita si affronta il tratto più impegnativo, una ripida discesa che permette di attraversare la statale del passo di M.Croce Comelico. Da lì in poi la pista è prevalentemente in salita e a me non dispiace. Non sento dolori particolari al petto se non quando resto un po’ indietro con il bastoncino che si impunta sulla neve. L’ultimo tratto di circa 2 km presenta la salita più lunga del percorso seguita da un tratto non facile da percorrere perché in contro-pendenza. La gara si conclude dopo 18.7 km che percorro in un’ora e 27 minuti.

Dopo il pranzo, rientrato a Dobbiaco in autobus, invece di dirigermi verso l’albergo ri-inforco gli sci e mi faccio un’altra ora abbondante percorrendo la pista verso il lago di Landro. Un bel defaticamene in vista della gara della domenica. Prima di rientrare in camera approfitto della bella giornata di sole per rifinire la preparazione degli sci da tecnica classica applicando una sciolina di tenuta liquida che ripasso con un ferro da stiro portatile molto utile che mi sono portato dietro.

 

Dopo un piacevole fuori programma il sabato sera quando esco con un amico di Spilimbergo ed alcuni suoi colleghi che hanno passato il week-end in un hotel vicino, la domenica mattina mi alzo fiducioso in un’altra buona giornata ma appena indossato il pettorale proprio quando sto per prendere lo zaino e scendere dalla mia stanza per andare alla partenza mi parte un violentissimo starnuto che mi fa crollare a terra dal dolore al torace. Resto un attimo disteso per terra senza sapere cosa fare, poi mi faccio coraggio e scendo nonostante il dolore persistente che continua anche solo indossando lo zaino per percorrere con gli sci le poche centinaia di metri che mi separano dalla partenza. Arrivo all’ultimo momento, riesco a dare al volo il sacco con il ricambio del vestiario all’addetto e parto. Non sono nelle migliori condizioni ma piano piano forse perché mi sto riscaldando sento meno dolore, anche se non è scomparso del tutto. Percorro comunque con relativa tranquillità i 5 km delle piste agonistiche riuscendo anche a recuperare qualche posizione in salita. Rientrato al centro di Dobbiaco cerco di vedere se nel gruppo di tifosi che attende la riapertura della strada dopo il passaggio dei concorrenti ci sia anche il mio amico della sera prima ma non lo vedo. Continuo facendo un tira e molla con alcuni concorrenti che raggiungo e che mi ri-superano nel giro di qualche centinaia di metri e in un tratto di discesa che conosco molto bene in prossimità di una curva esco dai binari per potere frenare meglio: un concorrente davanti a me si accorge all’ultimo momento della curva, cerca di uscire dai binari ma è troppo veloce, si sbilancia e cade proprio davanti a me. In velocità riesco ad evitarlo ma non evito il suo bastoncino che si deve essere incastrato sulla neve perché gli do un colpo violentissimo con lo stinco sinistro volando a terra. Per fortuna attutisco la caduta con le braccia per cui non sento altre conseguenze al torace. A questo punto cerco solo di arrivare in fondo con tranquillità, senza esagerare, anche se vedo che in salita vado abbastanza bene. Cado ancora una volta nei pressi della discesa che attraversa la statale ma non importa. A circa un kilometro dall’arrivo raggiungo Chiara Di Lenardo, friulana come me, con la quale ho scambiato qualche messaggio nei mesi precedenti dopo che ha scoperto nel mio “blog” che è la mia avversaria “segreta”. Praticamente è una presentazione sulla neve ed in gara (abbiamo il nome stampato sul pettorale) e arriviamo praticamente insieme sul traguardo tagliato il quale (dopo un’ora e 47  minuti) e scambiamo qualche opinione. La botta allo stinco mi fa male e vedo una macchiolina di sangue sui pantaloni: tiro giù il calzettone ma la ferita sembra una cosa da niente e vado a mangiare tranquillo. Al rientro in albergo quando tolgo del tutto il calzettone (è uno di quelli a compressione) e mi stendo un attimo prima della doccia “esce” la botta e si forma un grosso bitorzolo ed esce sangue a grumi. I calzettoni evidentemente funzionano ma la botta è veramente forte.

 

Quando mi sveglio il lunedì mattina nevica e c’è un vento fortissimo. Anche a causa del dolore al torace decido che non è il caso di approfittare della giornata di ferie per un’altra sciata e mi dirigo verso casa anche per continuare le cure per i dolori in vista della Dolomitenlauf del sabato successivo. Alla sera, ormai a casa, riceverò la telefonata di Mario di Domenicantonio, un amico che ho conosciuto tramite il forum Internet Ski Nordic, assiduo frequentatore delle gare pusteresi ma che non avevo visto alla partenza: mi racconterà che in allenamento la moglie ha subito un grave infortunio (frattura – per fortuna non scomposta – dell’osso pelvico) e che quindi per starle vicino aveva dovuto rinunciare alle gare.

 

DOLOMITENLAUF 19 GENNAIO 2013

 

La località austriaca di Obertilliach dove si svolge la gara non ha mai patito problemi di neve in questa stagione, comunque ha nevicato ancora tutta la settimana quindi le condizioni della pista per la gara di sabato 19 gennaio sono ideali, anche se avrei preferito un po’ di freddo in più. Per provare ad ovviare all’inconveniente occorsomi al torace ho provato ad indossare una fascia apposita che posso regolare in modo da stringere a mio gradimento. Parto molto presto da casa e preoccupato in po’ dello stato della strada, molto stretta e pena di curve, che parte da Mauthen appena passato il confine e memore dell’incidente occorsomi l’anno scorso, decido di seguire le indicazioni di un amico del forum internet Ski-nordik che mi consiglia di raggiungere la partenza attraverso la statale che passa per la cittadina di Lienz. Ci metto un po’ più del previsto ed anche i kilometri sono molti di più, ma sono in anticipo e quindi non mi preoccupo.

Dalle mappe che sono state pubblicate sul sito internet della gara il percorso sembra ancora modificato rispetto alle passate edizioni, con l’inserimento di molta più salita.

 

La partenza alle 10 è come sempre un po’ caotica ma riesco subito a recuperare qualche posizione: il nuovo percorso presenta ancora un paio dei caratteristici tornanti che avevano allungato le edizioni precedenti, ma da 14 ora sono ridotti a 4 e quando comincio la lunga discesa verso Untertilliach ho percorso 6,5 km in circa 35 minuti. Dopo circa 11,5 km dalla partenza raggiungo quello che di solito era il giro di boa con l’inversione di marcia verso lo stadio del biathlon e la zona di partenza-arrivo, ma come sapevo la pista continua e sono curioso di verificare la parte di percorso che mi è completamente nuova. Dopo un primo ristoro e una ripida discesa comincia una impegnativa parte nel bosco con una salita di circa 1 km seguita da una discesa che riporta al punto del vecchio giro di boa: il percorso risulta così allungato da questa parte di circa 5 km. La parte che segue è la mia preferita, la salita è dolce e costante e mi permette di arrivare all’altezza della zona di partenza dopo circa 21 km e due ore di gara. I successivi sei km sono i più duri in assoluto, si devono superare oltre 200 m di dislivello in salita e constato che ci fanno percorrere anche la parte di salita più ripida che si raggiunge dopo una deviazione che non avevo mai fatto.. Faccio fatica ad andare avanti, la fascia mi stringe un po’ e sento che non digerisco gi integratori come vorrei. Quando dopo 27 km dalla partenza raggiungo il culmine della salita sono stanchissimo e sono passate due ore e 50 minuti. Affronto la discesa con molta prudenza, e devo buttarmi a terra un paio di volte per evitare concorrenti che cadono davanti a me e raggiungo finalmente dopo un altro tratto in salita che mi mette veramente in crisi il giro di boa superiore, quello verso la località di Kartitsch: da qui in poi teoricamente dovrebbe essere tutta discesa e la pista la dovrei conoscere bene ma mi faccio imbrogliare da alcuni saliscendi che mi fanno un po’ penare. L’ultima sorpresa, dopo il transito per lo stadio del biathlon (37.mo kilometro) dove è ricavato l’arrivo, è un lungo tratto di ulteriore salita che ricalca nella prima parte il primo tratto di gara dal quale poi si stacca per raggiungere le prime case del paese. L’ultimo tratto lo percorro con estrema calma, sono stanco e la neve, che è stata lenta per tutto il percorso non permette di prendere velocità nemmeno in discesa. Quando taglio il traguardo dopo 43 km (invece dei 42 dichiarati) e 4 ore e 27 di gara sono stanchissimo ma molto soddisfatto per il proficuo allenamento in vista della marcialonga della domenica successiva. Una calda goulaschsuppe e una bella birra sono il meritato premio per la fatica. Mentre me torno alla macchina incontro Laura, la moglie di Maurizio Franzolin, un appassionato milanese che avevo conosciuto nel 2011 alla Birkebeineren rennet in Norvegia. Sta aspettando che arrivi, evidentemente anche lui ha fatto tanta fatica.

 

MARCIALONGA DI FIEMME E FASSA – DOMENICA 27 GENNAIO 2013

 

E finalmente arriva il week end che aspetto da un anno, quello della Marcialonga. Le previsioni del tempo sono buone per  la gara della domenica e quindi anche la preparazione degli sci risulta facilitata. Arrivo in val di Fiemme il venerdì nel tardo pomeriggio e mi reco subito a ritirare il pettorale (pratica che disbrigo in pochi minuti) e poi mi dirigo verso il negozio di Franco Nones (campione olimpico nella 30 km alle olimpiadi di Grenoble del 1968): devo vedere se trovo dei nuovi laccioli per i miei bastoncini ma soprattutto devo accontentare il desiderio di mio fratello che mi chiede l’autografo del campione su una “scheda” a lui dedicata che fa parte di una enciclopedia sportiva degli anni ’70. Con grande disponibilità Nones mi firma la scheda e mi ricorda anche la gara durante la quale era stata scattata la foto che sta firmando, che lo ritrae davanti a quello che sarebbe diventato il suo albergo durante una “settimana internazionale del fondo” organizzata a Castello di Fiemme.

Dopo la tradizionale consegna del miele all’amico Mario Trettel e quest’anno anche agli amici Clerio e Dori Bertoluzza, prendo possesso della mia stanza all’Albergo al Cervo accolto con la solita cordialità da Francesca, la figlia della titolare Lorenza.

Il sabato mattina è come al solito dedicato ad una ricognizione della pista, che raggiungo un po’ più presto del previsto per evitare di incrociare i concorrenti della “Marcialonga Story”, una gara commemorativa della 40.ma edizione della gara trentina i partecipanti alla quale devono utilizzare abbigliamento e attrezzatura appunto degli anni ’70. Avevo avuto una mezza intenzione di partecipare utilizzando gli sci e le scarpe che mi sarebbero state messe a disposizione dagli amici dell’Hotel Erica di Stava, ma avevo preferito rinunciare per le troppe incognite sui problemi che le scarpe mi avrebbero potuto causare in vista della gara della domenica. Il mio sopralluogo parte da Ziano di Fiemme, raggiungo Predazzo e poi faccio marcia indietro: proprio a Ziano, al ritorno, incontro i primi concorrenti tra i quali c’è proprio Franco Nones che sta utilizzando gli stessi sci con i quali vinse la gara olimpica. I concorrenti sono circa 300 e verso la fine riconosco Gloria, la figlia di Mario, che è direttore generale della gara. Proseguo verso lo stadio del fondo di Lago di Tesero che in febbraio ospiterà i Campionati del Mondo di sci nordico e incontro Chiara Di Lenardo sul cavalcavia di Panchià: raggiungo lo stadio ma la confusione è troppa e preferisco tornare alla macchina per tornare in albergo per una doccia prima di pranzo. Nel pomeriggio assisto come al solito allo spettacolo dei 500 piccoli atleti che partecipano alla Mini-Marcialonga e dopo una breve visita agli amici di Stava raggiungo Moena per il tradizionale brindisi con gli amici del forum Ski-Nordik che sta diventando una piacevole tradizione. A cena scambio il saluti con lo sparuto (rispetto al solito) gruppo di norvegesi capitanati da Steinar Fiskvik: sono solo in sei perché gli altri hanno preferito rinunciare per raggiungere la Val di Fiemme per i campionati del mondo (saranno più di 40).

Ormai mi sto abituando all’emozione pre-gara e riesco a dormire con una certa tranquillità e sono ben sveglio quando alle 5.45 suona la sveglia. Dopo la solita abbondantissima colazione alle sette dalla piazza di Tesero parte l’autobus che mi porterà alla partenza di Moena.

L’attesa per la partenza (la mia è prevista alle 8.45) scorre nel capannone riscaldato dove riesco a trovare posto a sedere: Quando i migliori partono, alle 8.15, comincio ad indossare le scarpe ed a preparare il sacco degli indumenti che ritroverò all’arrivo di Cavalese. La partenza è puntuale e appunto alle 8.45 mi ritrovo per la quindicesima volta sulla piana di Moena a cominciare una nuova avventura.

Le partenze scaglionate contribuiscono a gestire la confusione della partenza, ma sulla prima salita e poco prima dell’ingresso dell’abitato di Moena c’è gia qualche piccolo ingorgo: tutto sommato però il tutto è piuttosto scorrevole e attraversato il paese si affronta una prima impegnativa salita che mi permette di apprezzare la buona tenuta dei miei sci. Supero con tranquillità cercando di non esagerare con la velocità la discesa verso Soraga (primo spauracchio della gara): percorro i primi 5 km in circa 33 minuti : Sulle prime rampe in salita c’è un po’ più disciplina del solito anche se non manca chi vuol passare dove non c’è posto. Percorro i primi 10 km in un’ora e 06, pienamente in linea con la “tabella di marcia”. A Campitello c’è un insolito attraversamento del torrente Avisio che di solito si costeggia sulla riva destra fino a Canazei, dove c’è il giro di boa e dove comincia la ri-discesa della valle di Fassa. Il percorso è stato modificato proprio a Canazei ed è stato allungato di poco più di un kilometro: raggiungo comunque il controllo orario un po’ in ritardo rispetto al previsto: ho percorso i primi 18 km in poco più di due ore.

Alla fine del nuovo tratto di pista la discesa mi mette in difficoltà e cado (vedrò in seguito alla tv che anche alcuni campioni hanno trovato qualche problema in questo tratto) e mi ri-immetto nel percorso originale della gara che comincia ad essere prevalentemente in discesa. A Mazzin il tratto in ripida discesa che tante volte mi ha creato problemi è in ottime condizioni tanto che non c’è il solito personale a fare assistenza. Poco dopo, intorno al 26.mo km mi supera Laura, l’altra figlia di Lorenza, la titolare del mio albergo, che a vent’anni per la prima volta affronta la gara seguita come un’ombra dal padre. Sto cominciando ad avvertire i primi sintomi di una piccola crisi di fame ma so che ci stiamo per avvicinare al ristoro di Pozza, dove i concorrenti passano letteralmente attraverso un tendone. Mangio con gusto due mezzi panini al prosciutto e rinfrancato proseguo. Dopo avere superato i primi 30 km in 3 ore e 6 minuti affronto l’ostacolo successivo che è la discesa a Soraga, dall’altra parte del torrente Avisio rispetto a quella dei primi km. La discesa inizia dopo una lunga salita dove si procede a passo d’uomo: con qualche equilibrismo riesco a stare in piedi e affronto così il tratto di saliscendi che portano all’ingresso di Moena: poco prima dell’ultima, difficile discesa, un gruppo di spettatori offre del caffè, contribuendo anche a diluire la fila che giocoforza si crea all’inizio della discesa, dove i volontari cercando di dirigere il traffico. Il fondo comunque è ancora buono e riesco a frenare con sicurezza, anche se un concorrente dietro mi chiede di non tenere i bastoncini tanto larghi. All’ingresso della piazza di Moena incontro ancora Laura Franzolin che saluto al volo. Dopo un difficoltoso ristoro nel tratto di pista che si trova di fronte alla linea di partenza comincia un tratto dove sarebbe più conveniente spingere solo di braccia ma non sono così ben preparato fisicamente e devo così fare qualche passo di alternato. Sono preoccupato per le condizioni della neve nel tratto che precede l’ingresso a Predazzo ma la pista è in condizioni più che buone. I problemi nascono all’ingresso in paese dove la pista è stata allungata in modo che non tutti hanno apprezzato, non tanto per la distanza quanto per le pessime condizioni della neve, tutta riportata. In centro si trova il traguardo della gara “light” (45 km) e quando torniamo sulla pista originale verifico che la deviazione supplementare è stata di oltre un km: comincio a dubitare che i km finali non siano 70 ma un paio di più.

Sono abbastanza veloce (almeno per i miei parametri) e comincio a calcolare i tempi per arrivare allo Stadio del Fondo di Lago di Tesero dove come al solito mi aspetta l’amico Mario Trettel. Gli avevo detto che pensavo di arrivare tra le 13.45 e le 14: arrivo alle 14.03 e trovo subito Mario che è impegnato come volontario. L’incontro è sempre piacevole e mi rinfranca in vista degli ultimi 15 km che mi aspettano.

Poco dopo il ristoro di Masi vedo un fotografo impegnato: è Walter Sturz, il cuoco e titolare dell’Hotel Erica di Stava che mi sta riprendendo e mi chiama: lo saluto e ci diamo appuntamento all’inizio dell’ultima salita. Lo incontro di nuovo poco prima del cartello dei 10 km alla fine e gli regalo un bel sorriso nonostante la stanchezza per la ripresa che mi sta facendo. Dopo un’ora dal passaggio a Lago di Tesero raggiungo i 65 km (sei ore e 18 minuti complessivi) e mi avvicino al giro di boa di Molina, dove comincia il tratto di tre km  in leggera salita che porta ad affrontare l’ultima micidiale salita, la “salita della cascata” ai piedi della quale ri-incontro Laura Franzolin e Walter, al quale chiedo notizie sulla temperatura, in vista di una eventuale sciolinatura degli sci per non fare troppa fatica in salita. Lui verifica in macchina: la temperatura è leggermente superiore allo zero. Decido di provare a proseguire senza fermarmi, supero le code dei concorrenti che invece si sono fermati ai punti di sciolinatura predisposti dall’organizzazione ed ho la piacevole sorpresa di trovare alcuni tratti in cui i binari non sono stati distrutti dal passaggio dei concorrenti. Gli sci tengono bene, sono contento della mia scelta. La salita in alcuni tratti è ripidissima, non supero i 3-4 km all’ora. Solo nel tratto successivo al cartello dell’ultimo km riesco ad aumentare un po’ la velocità, anche se non di molto. La salita termina a circa 300 m dall’arrivo e il passaggio sotto un arco è il segnale che le sofferenze sono finite. Mi godo gli ultimi metri di gara senza più spingere per rivivere le stesse emozioni che puntualmente ogni anno provo nel percorrere questo splendido tratto di pista. Concludo il sette ore e 14 minuti quelli che alla fine saranno 71,5 km di gara: praticamente ripeto il tempo dello scorso anno considerando il tempo che ci ho messo a percorrere i tratti supplementari aggiunti quest’anno. Mentre mi sto cambiando nello spogliatoio accanto a me si siede proprio quel Maurizio Franzolin del quale avevo più volte incontrato la moglie e scambio alcune opinioni sulla gara e sui progetti futuri. Lui si ferma a mangiare al “pasta-party” mentre io raggiungo l’autobus che mi riporterà all’albergo: incontro gli amici Matteo Migliavacca ed Alessandro Perin, conosciuti attraverso il forun Ski-Nordik con i quali scambio gli immancabili commenti sulla solita meravigliosa esperienza della Marcialonga.

Il lunedì è l’occasione di una sciata di defaticamento sulle piste di Passo Lavazè che trovo in splendide condizioni dopo le abbondanti nevicate di gennaio: percorro 19 km per raggiungere la malga Schmieder dove ho l’unica delusione del week-end, la mancanza dal menù delle fettuccine al pino mugo con sugo di selvaggina che erano il vero obiettivo di giornata. Mi accontento di un altro comunque gustoso piatto e faccio ritorno verso la macchina dopo avere percorso altri 15 km circa. Quando arrivo nei pressi della macchina trovo ancora una volta Walter Sturz con il quale faccio ancora un giro di 5 km su un anello non troppo impegnativo, il “Campiol” di Passo Lavazè. Alla fine i km di defaticamento saranno quasi 40 ma sto bene, avrò tempo di riposare in albergo.

Si conclude così un week-end splendido, dove oltre che raggiungere il mio obiettivo di finire la Marcialonga ho incontrato tanti amici, sono stato proprio bene.

 

DOBBIACO-CORTINA 2 E 3 febbraio 2013

 

Nemmeno il tempo per risposare dalle fatiche della Marcialonga che è già ora di Dobbiaco Cortina, la gara che da qualche anno si svolge in due giornate, il sabato in skating da Cortina (campo sportivo di Fiames) a Dobbiaco e la domenica sul percorso classico da Dobbiaco al centro di Cortina.

Le previsioni del tempo danno neve per la gara del sabato e se la cosa non mi preoccupa per la preparazione degli sci, mi preoccupa per le condizioni della pista considerato il passaggio di tanti concorrenti.

Al ritiro dei pettorali ho la prima sorpresa: per la gara di domenica, per motivi a me del tutto sconosciuti, sono stato inserito nel primo dei quattro gruppi di partenza, quindi partirò con i migliori. La cosa mi diverte (ho già vissuto esperienze del genere), mi preoccupa solo il fatto che potrei essere raggiunto presto da quelli del secondo gruppo, ma rinvio le preoccupazioni alla domenica.

Quando salgo sull’autobus che da Dobbiaco mi porterà alla partenza nevica leggermente, ma la nevicata andrà via via intensificandosi proprio all’arrivo in zona partenza. Mi rifugio nel tendone del ritiro pettorali e aspetto con calma il mio turno. Dopo la partenza del primo gruppo occupiamo la zona di partenza e dopo cinque minuti partiamo: nei primi metri le sensazioni sono positive, non essendoci tanto spazio per sciare a sci larghi, spingo solo con le braccia e noto che gli sci vanno particolarmente bene. Dopo poche centinaia di metri c’è già il primo piccolo ingorgo ma riesco a districarmi abbastanza tranquillamente affrontando la prima rampa che porta i concorrenti sulla pista della ferrovia sulla quale la gara prosegue. Poco prima della fine della salita un concorrente straniero, forse russo, mi pesta il bastoncino facendomi cadere: mi innervosisco e quando arrivo sulla pista che spiana un po’ comincio a capire che le cose da lì in poi saranno davvero complicate. Affondo letteralmente nella neve fresca (nonostante l’annuncio dello speaker sul fatto che poco prima della partenza c’era stata una battitura di emergenza) e non riesco a sciare come vorrei, non riesco a spingere, a scivolare, mi sbilancio continuamente soffrendo come non mai. Il tratto all’interno della prima delle due gallerie che si percorrono è una pena, sembra che non abbia mai messo su gli sci, non riesco ad avanzare e mi faccio prendere da un po’ di scoramento, tenuto conto che il tratto di salita fino allo scollinamento di Cimabanche è di poco più di 11 kilometri. Cerco di percorrere i tratti di pista più battuti e mi riprendo un po’ dopo Ospitale di Cadore ma arrivo a Cimabanche con circa venti minuti di ritardo rispetto alla gara dell’anno scorso sullo stesso tracciato. Il percorso prosegue in discesa verso Dobbiaco e le condizioni della neve migliorano un po’, ma non quanto vorrei: la neve fresca è lenta e mi consolo dalle imprecazioni che sento che anche altri concorrenti sono in difficoltà. Un breve tratto di salita a Carbonin (lo scorso anno il percorso fu leggermente differente) fa riemergere le difficoltà ma fortunatamente la discesa riprende e raggiungo il ristoro poco dopo il Lago di Landro e mi accorgo che il ritardo rispetto al tempo dell’anno precedente sta insesorabilmente lievitando. Entro infatti allo stadio del fondo di Dobbiaco con poco più di trenta minuti di ritardo che lieviterà fino a quasi quaranta dopo che avrò percorso il tratto finale sulle piste agonistiche. Termino in due ore e 56 minuti (contro le due ore e 17 dell’edizione 2012) in una delle mie peggiori gare in tecnica libera, prendo subito lo zaino e vado in albergo a cambiarmi e torno allo stadio per il pranzo. Spero di rifarmi all’indomani con la gara in tecnica classica, sperando anche che vengano confermate le previsioni di bel tempo e temperature più basse.

La domenica mattina la gara parte per fortuna dalla piana della aviosuperficie di Dobbiaco che è a un centinaio di metri dal mio albergo, e posso prendere le cose con più calma arrivando alla partenza proprio cinque minuti prima. Entro sorridendo nella mia zona di partenza mostrando il documento dell’organizzazione che certifica il mio diritto a partire nel primo gruppo e mi piazzo ben dietro, contento anche delle condizioni meteo ideali. Allo sparo dello starter naturalmente il gruppo schizza via e io resto ben dietro con una concorrente con la quale concordo di essere privilegiati a poter assistere da così vicino alla gara dei primi. Soffia un po’ di vento che in alcuni tratti è a favore mentre in un lungo tratto sulla piana da veramente fastidio: sento lo sparo che preannuncia la partenza del secondo gruppo e comincio a preoccuparmi di quanto mi resti prima di essere raggiunto. Sono soddisfatto di essere raggiunto dopo 3 kilometri all’altezza della centrale termica: i primi sono in fila indiana così non rappresento un ostacolo e mi possono sorpassare con tranquillità. Percorro i primi 5 km in 25 minuti e supero indenne la discesa che dallo stadio del fondo immette nella pista della ferrovia che seguiremo fino all’ottavo kilometro dove ci immettiamo nel tratto di pista che costeggia il torrente Rienza alla sua sinistra. Sono stati effettuati dei lavori durante l’estate così il percorso della gara non attraversa più la statale come negli anni scorsi e il tratto che stiamo percorrendo è più vario e impegnativo, presentando alcuni strappi in salita e veloci discese. Arrivo al ristoro con splendida vista sulle Tre Cime di Lavaredo dopo 14,5 km e un’ora e 25 minuti. Non ho problemi con le scioline e anche la lunga salita che inizia dopo l’attraversamento della statale per Misurina non mi crea problemi. Mi sto avvicinando al culmine della salita, Cimabanche, che raggiungo dopo 22,5 km percorsi in due ore e 18 minuti. Comincio il lungo tratto che mi porterà all’arrivo di Cortina sempre in costante discesa: riesco a spingere di sole braccia per lunghi tratti ma talvolta devo ricorrere anche al passo alternato: all’uscita delle gallerie quando si esce al di sopra della conca di Cortina cominciano alcune folate violente di vento che ha anche riempito i binari di neve: portandomi sul lato sinistro (più riparato) della pista riesco a proseguire relativamente veloce, aiutato dal fatto che la sciolina di tenuta sotto gli sci si è quasi completamente consumata. Questo non mi crea difficoltà nel tratto che segue il campo sportivo di Fiames (sede della partenza della gara del giorno precedente) dove affronto alcune rampe in salita che riportano i concorrenti sulla pista della Ferrovia lasciata poco prima  per una deviazione di circa 3 km. Ormai mancano solo tre kilometri poco impegnativi e provo a calcolare il tempo per vedere se riuscirò a restare sotto le tre ore e mezza: quando taglio il traguardo il mio cronometro segna 3 ore e 27 minuti: tutta un’altra gara rispetto  quella del giorno precedente, sono molto soddisfatto.

Con una sgambata di due ore e mezza in Val Casies il lunedì mattina termino questo week-end di gare, che nelle mie intenzioni dovrebbe essere il penultimo della stagione.

 

 

VAL CASIES

 

Nel week end successivo alla Dobbiaco Cortina approfitto della pausa dalle gare per andare a sciare, finalmente, in compagnia, assieme a due amici, marito e moglie,  di Travesio, un paese vicino Spilimbergo. Scegliamo di andare a Pradibosco, sopra Prato Carnico sulle piste di Pian di Casa. Le piste sono tenute in maniera magnifica, la giornata è bellissima anche se fa freddo e la neve è un po’ lenta, ma sciamo benissimo, scoprendo una nuova lunghissima salita che non avevo mai fatto e che dovrebbe essere stata tracciata solo di recente. Una bellissima domenica.

 

Il martedì comincio a sentire qualche brivido e alla sera la febbre mi sale a 38°. Resto a casa dal lavoro il mercoledì e la febbre mi scende, così giovedì torno al lavoro così come il venerdì mattina. Quando parto nel pomeriggio mi sento abbastanza bene ma quando arrivo al ritiro pettorali a San Martino di Casies comincio a tremare un po’. Incontro l’amico Matteo Migliavacca al quale esprimo le mie perplessità sulla partecipazione alla gara del sabato (in tecnica classica) riservandomi di riposare e verificare le mie condizioni per partecipare almeno alla gara in skating della domenica. Sceso a cena in albergo ho la piacevole sorpresa di trovare seduta al tavolo Rosa, un’amica conosciuta sempre tramite il forum Ski-Nordik: mi siedo con lei e mangio con appetito, e discutiamo, tra l’altro, della sua prossima partecipazione alla Birkebeiner rennet in Norvegia, la gara che ho corso due anni fa. Le do un po’ di consigli e ragguagli sulla pista che a gara conclusa risulteranno essere stati utili.

Passo la notte continuando ad avere dubbi sulla partecipazione alle gare, e alla fine decido, per non peggiorare le cose, di lasciare l’albergo e tornarmene a casa.

È la seconda volta che devo rinunciare alla Gran Fondo della Val Casies ma mi consolo col pensiero che se avessi dovuto rinunciare alla Marcialonga sarebbe stato peggio.

Tra l’altro, se avessi dovuto correre peggiorando le mie condizioni di salute avrei corso il rischio di perdere i Campionati del Mondo di Sci Nordico che nel 2013 si sarebbero dovuti svolgere proprio in Val di Fiemme: grazie infatti alla disponibilità  di Lorenza, la titolare dell’Albergo al Cervo di Tesero, avevo trovato una sistemazione ideale (la stessa della marcialonga) che consentiva a me e mio fratello di raggiungere le sedi delle gare usando esclusivamente i mezzi pubblici. Naturalmente otto giorni in val di Fiemme non potevano passare senza approfittare delle splendide condizioni delle piste di Passo Lavazè che mi hanno consentito di sciare in otto dei nove giorni passati in valle. Naturalmente mi sono goduto anche le gare ed il tifo caloroso, corretto e divertente di tanti tifosi provenienti da tutte le parti del mondo, con una notevole maggioranza di norvegesi e svedesi. Assieme a me ad alcune gare erano poi presenti i titolari degli alberghi che frequento in valle, gli amici Anna e Walter dell’Hotel Erica e Lorenza con la figlia Francesca dell’Albergo al Cervo, vestite con la divisa del gruppo norvegese presente in albergo: l’unico rammarico è stato di non avere potuto salutare gli amici norvegesi visto che sarebbero partiti la domenica mattina (prima della gara conclusiva) mentre io e mio fratello eravamo stati invitati a cena dagli amici Clerio e Dori proprio il sabato sera. La serata a casa degli amici è stata comunque splendida e molto divertente, grazie anche alle storie raccontate dall’amico Mario Trettel.

Viste le condizioni del tempo, splendide ma con temperature ben oltre la media del periodo, pensavo che l’ultima sciata della stagione sarebbe stata quella di sabato 2 marzo, invece, dopo un week end piovoso, sabato 16 sono riuscito ad andare ancora una volta ad Obertilliach, trovando condizioni prettamente invernali che mi hanno consentito di sciare in tecnica classica utilizzando scioline per nevi fredde (stick).

 

Prima di decidere se concludere o meno la stagione comunque accolgo l’invito dell’organizzazione e mi iscrivo alla Marcialonga 2014, mentre prendo contatti con l’amico Lorenzo Ravidà, trovato tra l’altro tra il pubblico dei mondiali per una eventuale partecipazione anche alla Vasaloppet 2014.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

stagione sciistica 2013ultima modifica: 2013-03-20T23:09:00+01:00da maxpres8
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