ciclo tour 2011

Ciclotour 2011

 

Scrivere di un’esperienza vissuta alcuni mesi prima non è facile: ci provo solo ora perché non sono rimasto molto soddisfatto del mio solito giro annuale per raggiungere le Dolomiti  a causa delle difficoltà incontrate e delle deviazioni che sono stato costretto a fare forse anche a causa di calcoli sbagliati.

E dire che l’inizio dell’anno 2011 aveva rappresentato per me una novità, perché il fatto di non essere più impegnato nelle attività della Associazione Culturale del mio paese mi aveva lasciato tanto tempo a disposizione per la preparazione: tanti giri serali in mountain bike e scalate impegnative nelle settimane immediatamente precedenti: il Monte Crostis, Piancavallo. Matajur, Cuel di Forchia, il giro Sella Chianzutan Passo Rest avevano rappresentato l’allenamento ideale. Avevo però previsto la partenza il giorno immediatamente successivo al ritorno da una impegnativa gita nelle Marche con il coro: avrei forse dovuto attendere un giorno per riposare e poi partire.

 

Prima Tappa 20 giugno 2011 Gradisca- Caprile 126 km.

 

Sono le 7 e 25 circa quando parto da casa con la bici che avevo preparato da quasi una settimana e mi dirigo verso la Valcellina per la strada più diretta che ci sia, cioè attraverso Spilimbergo, Maniago e Montereale Valcellina. La strada mi costringe a percorrere il lungo “Stradone” di Sequals, un rettilineo di quattro km in leggera ma inesorabile salita. L’andatura perciò ne risente (a stento supero i 12 km all’ora). Raggiungo comunque Colle di Arba dopo circa un’ora e dopo avere percorso circa 16 km. La strada non offre granchè dal punto di vista turistico così per cambiare qualcosa quando ho appena superato l’incrocio che permette di “aggirare” l’abitato di Maniago (dove il luned’ c’è una gran confusione per il mercato) imbocco una nuova pista ciclabile che costeggia la provinciale ma che ancora non è finita e che comunque si ricollega alla strada principale poche centinaia di metri più su. Raggiungo il centro di Montereale Valcellina dopo 30 km in circa un’ora e 50 minuti e mi accingo ad affrontare la prima breve galleria dopo una breve ma ripida salita in uscita dal paese. Allo sbocco sono entrato geograficamente in Valcellina e subito posso notare alla mia destra il lago creato dallo sbarramento di Ravedis che costeggia la strada fino alla prima, lunghissima galleria. Mi preparo ad affrontarla con fanali accesi e giubbino fosforescente. All’interno la temperatura è piuttosto rigida ma la percorrenza non è difficoltosa e riesco a mantenere una buona media uscendo dai 4 km del tunnel in poco più di un quarto d’ora: un altro tunnel più breve precede l’ingresso a Barcis con una salita molto piacevole e rilassante.

Percorro la strada che dal paese costeggia il lago di Barcis e mi addentro nella successiva vallata tagliando il traguardo dei primi 50 km in poco più di tre ore. Quando dopo avere passato le località sparse lungo la strada (Arcola, Cellino, Contron) quando sto per affrontare il nuovo ponte che permette l’ingresso nel territorio di Claut decido di proseguire diritto per una bella pista ciclabile (non tenuta perfettamente ma sgombra di traffico) che pur con un inizio in impegnativa salita di permette di tagliare fuori il lunghissimo rettilineo della zona artigianale correndo in mezzo a prati e boschi. Cerco di immaginare dove uscirà la strada che termina come mi auguravo all’inizio della salita del Passo di sant’Osvaldo, lunga circa 2,5 km e piuttosto tranquilla e priva di particolari difficoltà a parte i primi due tornanti.

Raggiungo il passo alle 11.40 dopo circa 60 km. Scendo verso Erto e Casso e ho la fortuna di trovare il verde al semaforo che regola il transito nelle gallerie nei pressi della diga del Vajont. La veloce discesa che segue mi permette di arrivare a Longarone alle 12.20, giusto in tempo per fermarmi in un supermercato per comprare qualcosa (panini) per il pranzo.

Il primo tratto della strada che attraverso la val Zoldana mi porterà per la forcella Staulanza fino all’obiettivo di tappa è piuttosto impegnativo anche se poi è inframezzato da piacevoli discese: avrei intenzione di fermarmi per consumare quanto ho appena acquistato ma tutte le aree di sosta che mi ricordavo sono oggetto di manutenzione per cui decido di fermarmi subito dopo il bivio per Forcella Cibiana, in tempo per digerire un po’ prima di affrontare le prime difficile rampe nei pressi di Dont dopo avere percorso 93,7 km: sono quasi le 14.

Dopo avere affrontato le aspre pendenze che seguono il bivio per il Passo Duran la strada continua in costante salita e dopo una decina di km decido di fermarmi per riposare un po’ e bere qualcosa: sono a Zoldo Alto e mancano otto km e 600 m di dislivello per arrivare al passo Staulanza. C’è però un traguardo intermedio che è rappresentato dal piano di Palafavera, dove partono piste sia da sci di discesa che di fondo con un tratto in falsopiano che permette di recuperare qualche energia, intanto sono le 16.30 e sono in viaggio da nove ore. Raggiungo il passo Staulanza alle 17.20 e scatto una foto con il Monte Pelmo che si intravede dietro il cartello del passo. Dopo essermi ben coperto affronto la discesa che mi porterà a Caprile, una località ben nota agli amanti della bici perché punto di partenza per le più famose salite dolomitiche (Falzarego, Fedaia e Pordoi) Arrivo all’Hotel Venezia alle 17.55 dopo 126 km in circa 10 ore e 30 al lordo delle soste e prendo subito possesso della mia stanza. Per la cena dovrò uscire e approfittare di uno dei pochi ristoranti aperti ma mangio decentemente e vado subito a riposare in attesa della tappa che ho programmato per il giorno dopo che sulla carta è molto impegnativa.

 

SECONDA TAPPA – CAPRILE-STAVA (TESERO)  78,5 KM

 

Il programma originale della seconda tappa era in effetti molto pretenzioso: fidandomi di quella che doveva essere la mia forma e tenuto conto che non avrei potuto alloggiare come al solito all’Albergo al Cervo di Tesero in quanto erano in corso lavori di ristrutturazione e che quindi avevo prenotato a Stava all’Hotel Erica (le gestrici dei due alberghi, Lorenza e Anna sono sorelle) avevo scelto di arrivare a Stava dalla parte più impegnativa, dopo avere scalato cioè il Passo di Lavazè da nord dopo avere scalato prima il passo Pordoi da Arabba e il passo di Costalunga dalla val di Fassa.

La partenza avviene poco dopo le otto, dopo avere salutato i simpatici anziani titolari dell’albergo: Appena uscito da Saviner di Laste, frazione di Rocca Pietore, seguo le indicazioni per Passo Falzarego-Passo Pordoi: la prima salita che affronto mette in collegamento con la strada che scende dal passo Pordoi appunto verso il Falzarego attraverso una salita che passando da un paese che si chiama Digonera ne prende il nome: sono trecento metri di dislivello da superare in circa 9 km passando anche alcune gallerie, per fortuna non molto lunghe. Dopo i primi tornanti c’è un tratto quasi in piano (Pian di Salezei) dove è stato costruito un mausoleo dedicato ai caduti della grande guerra che risalta sempre più mentre si guadagna quota. Dopo quasi dieci km si arriva al bivio di Andraz e svolto a sinistra in direzione di Arabba e del passo Pordoi. Il primo tratto è molto piacevole e si gode anche una magnifica vista sulla Marmolada. Le prime rampe pochi km prima di Arabba in altre occasioni mi avevano messo in difficoltà, ma oggi sono molto più fresco e mi sembra di fare meno fatica: dopo una sosta ad una fontana all’ingresso del paese comincio la salita che in nove km mi porterà ai 2239 metri del passo Pordoi. La media oraria fino al questo momento è molto bassa: ho percorso 18 km in poco più di due ore. La salita al Passo Pordoi è sempre affascinante anche perché quasi tutta a vista, soprattutto dopo i primi dei 33 tornanti totali: la giornata è bellissima e fa caldo quando comincio a salire e il traffico è come sempre intenso. Cerco di salire con regolarità e la velocità non supera i sei km orari: per fortuna i molti tornanti mitigano la fatica e mi fermo solo al 33° cercando di scattarmi una foto con l’autoscatto che come al solito non viene bene. Viene meglio quella che mi scatto mentre sto passando il cartello che segna il passo quando è da poco passato mezzogiorno. Alla fine della discesa a Canazei mi fermo al solito posto ben riparato vicino ad una fontana per mangiare qualcosa e fare rifornimento d’acqua. Riparto dopo mezzora e comincio a pensare al tratto di strada che devo ancora compiere: non mi preoccupa tanto il passo Costalunga che dal versante che devo affrontare non è difficilissimo, quanto il passo Lavazè che presenta una salita lunga, costante, senza tornanti e con pendenze molto accentuate. Il caldo si fa sentire e mi fermo all’inizio della prima salita a Vigo di Fassa cercando di riposare e riflettere: quando il tarlo della rinuncia comincia ad entrarti in testa non c’è verso di cambiare idea. Non pensando di farcela ad affrontare ancora due salite decido di seguire il programma alternativo raggiungendo Stava attraverso la strada più diretta, anche se so che da Tesero i tre km di salita saranno durissimi.

Proseguo senza forzare per strade che conosco molto bene, e mi fermo a Panchià per un rifornimento d’acqua che si rivelerà utilissimo: il tratto che porta a Tesero, in leggerissima salita, mi mette sempre un po’ in difficoltà, e decido di complicarmi un po’ la vita entrando nell’abitato di Tesero per vedere se riesco a trovare qualcuno appena fuori l’Albergo al Cervo che è in pieno centro. Preferisco comunque non fermarmi per proseguire in ripida salita su fondo in pavè, per uscire poi sulla strada principale che subito presenta il conto con la pendenza. Non ho mai fatto tanta fatica a percorrere questo tratto, devo fermarmi un paio di volte all’ombra  per prendere fiato e arrivo davanti all’Hotel Erica dopo quaranta minuti di “agonia”. E’ la tappa più breve che ho mai percorso in uno dei miei giri annuali, nemmeno ottanta kilometri ma sono stanchissimo. Cercherò di recuperare nei due giorni seguenti.

 

Terza tappa Stava (Tesero)- Arsiè (BL) 130 km

 

Nel programmare quest’anno la prima tappa di ritorno ho cercato di includere delle salite che non avevo mai percorso, la prima delle quali fino a pochi mesi fa non sapevo nemmeno esistesse: solo dopo avere letto un libro con la descrizione di decine di salite in Trentino avevo scoperto l’esistenza del Passo Redebus, che mette in collegamento la Val di Cembra con la Valsugana.

Dopo la solita abbondante colazione alle 8.20 circa affronto la discesa che da Stava mi riporterà a Tesero dove girerò a destra per raggiungere Cavalese, Molina e la strada che percorre la sinistra del torrente Avisio che forma il lago di Stramentizzo. La prima ora e mezza di percorso scorre via piuttosto velocemente, la strada è piacevole e non faccio fatica, verificando di tanto in tanto le indicazioni stradali per non mancare la deviazione che mi porterà ad affrontare le prime rampe della prima salita odierna. Trovo il bivio nei pressi del paese di Sover dopo 26 km e un’ora e mezza di viaggio e la strada si impenna subito raggiungendo pendenze anche superiori al 10%: per fortuna dopo 4 km in cui supero 300 m di dislivello trovo una leggera discesa che mi permette di recuperare le forze.  Al 36.mo km trovo il bivio con le indicazioni per il Passo Redebus che raggiungo dopo altri 4 km quando sono le 11.30. Il passo non è segnalato da alcun cartello (solo una indicazione escursionistica) e perdo un po’ di tempo a cercare di scattare una foto decente.

Affronto la discesa sulla strada detta della “Destra Fersina” (ce n’è una altra naturalmente a sinistra) per arrivare a Pergine Valsugana dopo una sosta per acquistare qualcosa da mangiare in un supermercato. Vorrei evitare di percorrere la statale della Valsugana ma ad un bivio sbaglio strada: per fortuna dopo poche centinaia di metri percorsi sulla trafficatissima statale trovo una deviazione a sinistra che mi permette di percorrere una strada panoramica sopra il lago di Caldonazzo che percorro nel suo versante sinistro, mentre se avessi scelto la strada giusta avrei percorso il lato destro di un altro lago, quello di Levico. Dopo una sosta di venti minuti per consumare ciò che avevo appena acquistato riprendo la strada e arrivo comunque a Levico Terme ed a una rotonda mi faccio prendere dai dubbi sulla strada da seguire per non sbagliare ancora e chiedo indicazioni ad un passante. Le indicazioni per fortuna sono precise e mi trovo così a percorrere, come avevo previsto, le strade secondarie che corrono praticamente parallele alla statale. Arrivo così al bivio per la località di Roncegno e comincio la salita che in circa 8 km mi deve portare a Torcegno. A circa metà, nei pressi di Ronchi Valsugana, interpreto male una indicazione e percorro 1,5 km in discesa prima di accorgermi che ho sbagliato strada: devo tornare indietro e perdo quasi mezz’ora. Raggiungo il culmine della salita quando sono circa le 15.30 e inizio una bella discesa che mi porta prima a Telve, da dove parte la lunghissima salita al Passo Manghen (23 km e 1600 m di dislivello) poi per strade che comincio un po’ a riconoscere fino al bivio per la località di Strigno da dove comincerebbe la salita che attraverso Castello Tesino dovrebbe portarmi all’obbiettivo della giornata, la salita fino a Cima da Campo, al confine tra Trentino e Veneto. Cerco di fare un po’ di calcoli tra la distanza che dovrei fare in salita e le mie condizioni fisiche e decido di rinunciare al programma originario e di arrivare all’obiettivo di Tappa, il paese di Arsiè, per la via più comoda, attraverso strade che ho percorso in senso inverso alcuni anni fa in occasione del mio arrivo in Val di Fiemme attraverso il già citato Passo Manghen. Poco dopo il paese di Ospedaletto, dove si verifica il fatto più divertente e spiacevole al contempo del viaggio (vedo un bambino in difficoltà nel gettare un sacco nel bidone dei rifiuti che è più grande di lui e gli do una mano facendo però cadere la bici provocandomi una ferita allo stinco con il pedale)  la strada si interrompe e devo forzatamente percorrere quattro km ancora sulla statale della Valsugana: esco in prossimità del paese di Grigno (da dove parte un’altra salita che porta a Castello Tesino) e dopo altri dieci km di saliscendi arrivo all’attacco della salita delle scalette di Primolano, ultimo ostacolo della giornata, impegnativa solo nella fase iniziale con un paio di tornanti. La discesa verso Arsiè è molto dolce e comincio a guardarmi intorno per trovare le indicazioni per l’albergo che si trova in riva ad un lago artificiale appena fuori l’abitato. Mi fermo comunque all’inizio del paese per scattare una foto esattamente nello stesso posto dove l’avevo scattata nel 2002 quando avevo percorso lo stesso tratto in una tappa che prevedeva l’arrivo a Feltre.

Termino la mia fatica poco dopo le 18 dopo quasi 130 km e l’albergo è molto tranquillo e si mangia molto bene. Mi curo la ferita e vado a dormire presto per prepararmi al ritorno a casa nell’ultima tappa dell’indomani.

 

4,A TAPPA – Arsiè-Gradisca  127 km

 

Comincio la tappa del ritorno a casa quasi alle 8.30 ma non mi preoccupo tanto del ritardo in quanto le difficoltà nell’ultima giornata di viaggio non sono rilevanti, una sola salita e non difficilissima, il Passo San Boldo che da questo lato ho affrontato solo una volta in precedenza.

 

La prima preoccupazione è uscire dalla statale che incrocio subito all’uscita della frazione di Rocca dove si trova l’albergo: devo percorrerne un buon tratto prima di arrivare ad una rotonda che mi permette di entrare nel paese di Arten e prendere subito dopo, all’uscita verso Feltre, una pista ciclabile che mi permette di arrivare in centro con tranquillità.

Il traffico a Feltre è intenso, ma sono fresco e i tratti i discesa mi aiutano a superare i primi km ed avvicinarmi al Ponte diga sul Piave che segna la deviazione tra la strada per Belluno e quella che devo seguire io: poco dopo sento che la gomma posteriore sta cedendo un po’ (mi ero già fermato il giorno prima per gonfiarla) e mi ricordo di avere nelle borse una bomboletta spray per le riparazioni istantanee. Non ne avevo mai usate ma riesco a compiere l’operazione senza sporcarmi tanto e soprattutto con un ottimo risultato, tanto che per alcuni giorni dopo la conclusione del mio viaggio non dovrò più preoccuparmi.

A questo punto ho percorso 28 km in circa 1 ora e 40 minuti e dopo circa mezz’ora e altri nove km affronte le prime rampe della unica salita della giornata. Il Passo San Boldo da questo versante è molto divertente, le pendenza non sono mai proibitive e ci sono momenti in cui si può “riposare”.  Mi fermo nel paese di S,Antonio Tortal per fare acquisti al supermercato e subito dopo affronto un breve tratto in discesa e la successiva risalita che è l’unico tratto che mi fa penare un po’. Quando sono praticamente arrivato al Passo approfitto di un’area di sosta presso la sede del gruppo locale degli Alpini per consumare il mio pranzo: sono in viaggio da poco più di tre ore e ho percorso circa 47 km.

La discesa è impegnativa quanto basta (soprattutto nel primo km caratterizzato da otto strettissime gallerie) e mi permette di immettermi sulla statale che proviene da Valdobbiadene in direzione Vittorio Veneto in prossimità di Revine Lago. Dopo circa 10 km raggiungo Vittorio Veneto e trovo subito la deviazione per Cappella Maggiore che mi permette di evitare un tratto di strada particolarmente trafficato. Rientro in Friuli nei pressi di Caneva e seguo la strada che ho scoperto da pochi anni e che mi permette di arrivare con tranquillità a superare Vigonovo, Rovereto in Piano, San Quirino, lasciare in parte Vivaro percorrendo la nuova circonvallazione con le sue numerose rotonde e immettermi dopo Tauriano sulla strada che attraverso barbeano e Bussolino mi permette di arrivare a casa quando sono circa le 16.30 terminando così il mio giro annuale che non mi lascia particolarmente soddisfatto, ma mi devo accontentare.

 

 

 

 

 

ciclo tour 2011ultima modifica: 2012-04-23T20:54:07+02:00da maxpres8
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